Costruire collettività con l’energia, facendo politica: una nuova politica #primadeldiluvio

Ciò che serve è una vera liberalizzazione dal basso, che consenta ai cittadini d'organizzarsi, sempre dal basso, e di produrre, gestire e consumare la propria energia. Oltretutto risparmiando. Manca poi una visione politica che partendo dall'energia passi, poi, alla mobilità, ai servizi, al welfare, al lavoro. Producendo valore dai cittadini, verso i cittadini e per i cittadini.

Pro­se­gue la nostra ras­se­gna #pri­ma­del­di­lu­vio, quel­lo vero. I pre­ce­den­ti con­tri­bu­ti sono dispo­ni­bi­li qui.

 

Comu­ni­tà. Una paro­la, o meglio un con­cet­to, attua­le, pro­iet­ta­to ver­so il futu­ro, ma oggi con­dan­na­to da una cer­ta poli­ti­ca, a esse­re “obso­le­to” nel­la sostan­za. Già per­ché anche in Ita­lia il sen­so di comu­ni­tà si è per­so, sot­to alla fal­ce acu­mi­na­ta del libe­ri­smo che pro­po­ne nei fat­ti, anche da par­te di cer­ta “sini­stra”, il trion­fo, e la soli­tu­di­ne, del­l’in­di­vi­duo. Così se non c’è lavo­ro, si sug­ge­ri­sce di met­ter­si in pro­prio, se non c’è abba­stan­za wel­fa­re biso­gna pen­sar­ci da soli con quel­lo inte­gra­ti­vo. E così via. E a poco a poco, si ten­de a tro­va­re solu­zio­ni indi­vi­dua­li, ed estre­ma­men­te par­zia­li, a pro­ble­mi che sono col­let­ti­vi. Con una cer­ta poli­ti­ca che sof­fia sul fuo­co del­l’in­di­vi­dua­li­smo, sia per cal­co­lo elet­to­ra­le, sia per inde­bo­li­re la rap­pre­sen­tan­za del­le per­so­ne, dei cittadini.

Eppu­re ripen­sar­si come col­let­ti­vi­tà sarà neces­sa­rio, anzi obbli­ga­to­rio. La cri­si del­le eco­no­mie, del lavo­ro, del­la pro­du­zio­ne e del­l’am­bien­te, obbli­ghe­ran­no a un ripen­sa­men­to in dire­zio­ne del con­cet­to di comu­ni­tà, se voglia­mo anda­re ver­so uno svi­lup­po uma­no e soste­ni­bi­le. C’è un pro­ble­ma, però. Quel­lo lega­to alle poli­ti­che e alle pra­ti­che col­let­ti­ve, del ripen­sa­re le meto­do­lo­gie, sia tec­ni­che, sia del­la poli­ti­ca dopo oltre tren­t’an­ni d’in­di­vi­dua­li­smo libe­ri­sta che ha di fat­to fran­tu­ma­to la socie­tà in una serie di indi­vi­dua­li­tà sconnesse.

L’e­ner­gia può esse­re il labo­ra­to­rio poli­ti­co, socia­le e ambien­ta­le nel qua­le rico­strui­re le col­let­ti­vi­tà. Le rin­no­va­bi­li con le tec­no­lo­gie del­l’in­for­ma­zio­ne, infat­ti, con­sen­to­no oggi di con­net­te­re pro­du­zio­ne e con­su­mi in manie­ra intel­li­gen­te ren­den­do pos­si­bi­le la con­di­vi­sio­ne del­l’e­ner­gia all’in­ter­no di comu­ni­tà che si pos­so­no costi­tui­re sul­le nuo­ve ener­gie, pri­ma, per poi pas­sa­re ad altre for­me di coo­pe­ra­zio­ne, come quel­la, per esem­pio, sui ser­vi­zi. E le comu­ni­tà ener­ge­ti­che son anche le più sem­pli­ci da rea­liz­za­re. Basta, per modo di dire, con­net­te­re pro­dut­to­ri e con­su­ma­to­ri, attra­ver­so una rete gesti­ta in manie­ra intel­li­gen­te ed ecco che le per­so­ne han­no a que­sto pun­to un inte­res­se comu­ne, l’e­ner­gia, al qua­le affian­ca­re un valo­re eti­co, come la dife­sa del cli­ma per le gene­ra­zio­ni future.

Tec­no­lo­gie, eti­ca e poli­ti­che, tro­va­no così uno sno­do, un pun­to car­di­ne, in uno sce­na­rio col­let­ti­vo. Nel qua­le le per­so­ne pos­so­no rico­no­scer­si, rac­con­tar­si e agi­re assie­me. In pra­ti­ca fare poli­ti­ca. Assie­me. E non è un’u­to­pia. In Euro­pa le comu­ni­tà ener­ge­ti­che sono oltre 2.400 e coin­vol­go­no oltre 650mila cit­ta­di­ni che han­no inve­sti­to due miliar­di di euro in impian­ti a fon­ti rin­no­va­bi­li, per la capa­ci­tà di oltre 1 GW, pro­du­cen­do 1.100 posti di lavo­ro ver­di.

In Sco­zia ci sono oltre 200 comu­ni­tà ener­ge­ti­che per 30 MW men­tre l’o­biet­ti­vo al 2020 è di arri­va­re a 500MW. A Lon­dra una serie di coo­pe­ra­ti­ve no pro­fit, finan­zia­te dai cit­ta­di­ni, riu­ni­te nel­la Brix­ton Ener­gy, offro­no ai loro soci un ritor­no sul­l’in­ve­sti­men­to tra il 3 e il 5%. Stan­no instal­lan­do impian­ti foto­vol­tai­ci sui tet­ti in uno dei quar­tie­ri più pro­ble­ma­ti­ci del­la cit­tà, con una par­te dei pro­ven­ti che ven­go­no rein­ve­sti­ti in un fon­do per l’ef­fi­cien­za ener­ge­ti­ca che ristrut­tu­ra le case dei meno abbien­ti del quar­tie­re, com­bat­ten­do così la fuel pover­ty, offren­do for­ma­zio­ne e lavo­ro anche e spe­cial­men­te agli abi­tan­ti del quar­tie­re, il tut­to con una mone­ta com­ple­men­ta­re per far si che il valo­re riman­ga vici­no ai cittadini.

In Dani­mar­ca oltre 600 coo­pe­ra­ti­ve for­ni­sco­no calo­re con il tele­ri­scal­da­men­to ai cit­ta­di­ni e a Cope­n­ha­gen sor­ge l’im­pian­to eoli­co di Mid­del­grun­den com­po­sto da 20 tur­bi­ne d 2 MWe, per 40 MWe tota­li che è sta­to rea­liz­za­to nel 2000 gra­zie a 10.000 cit­ta­di­ni che han­no fat­to il 50% degli inve­sti­men­ti. Risul­ta­to: il 77% d’e­let­tri­ci­tà del­la capi­ta­le dane­se è rin­no­va­bi­le. E dal­la Dani­mar­ca arri­va l’e­sem­pio di ciò che pos­so­no fare i cit­ta­di­ni. Nel­la cit­ta­di­na dane­se di Ulfborg oltre 400 cit­ta­di­ni han­no lavo­ra­to per tre anni alla rea­liz­za­zio­ne di una tur­bi­na eoli­ca da 2 MW par­ten­do da zero. La tur­bi­na eoli­ca è sta­ta rea­liz­za­ta per ali­men­ta­re la vici­na scuo­la di Tvind, è alta 53 metri e ha tre pale da 27 metri. Pic­co­lo det­ta­glio. È entra­ta in fun­zio­ne il 29 Mag­gio 1975, per parec­chi anni è sta­ta la tur­bi­na eoli­ca più gran­de del mon­do e anco­ra oggi, dopo 41 anni fun­zio­na egre­gia­men­te, nono­stan­te abbia lavo­ra­to per 150.540 ore, con 116.000.000 rota­zio­ni del­le pale. pro­du­cen­do 20 milio­ni di kWh. Da non sot­to­va­lu­ta­re che era sta­ta rea­liz­za­ta all’e­po­ca per una que­stio­ne poli­ti­ca: pro­te­sta­re con­tro la scel­ta del nuclea­re del­la Danimarca.

In Ita­lia si tro­va­no solo coo­pe­ra­ti­ve e comu­ni­tà ener­ge­ti­che e pro­dut­ti­ve, “dimen­ti­ca­te” dal mono­po­lio Enel, nel­le Alpi. Men­tre nel set­to­re del­la distri­bu­zio­ne è sta­ta avvia­ta la pri­ma coo­pe­ra­ti­va di distri­bu­zio­ne elet­tri­ca che si chia­ma “èno­stra”. A Pra­to allo Stel­vio, in pro­vin­cia di Bol­za­no, la coo­pe­ra­ti­va “E‑Werk Prad”, nata nel 1926, è pro­prie­ta­ria sia del­la rete ter­mi­ca sia di quel­la elet­tri­ca e gesti­sce 17 impian­ti, a fon­ti rin­no­va­bi­li, che copro­no tut­to il fab­bi­so­gno ener­ge­ti­co del comu­ne. In Val­le d’Ao­sta, inve­ce, tro­via­mo la coo­pe­ra­ti­va Elet­tri­ca Gignod, nata nel 1927, per for­ni­re una comu­ni­tà mon­ta­na “dimen­ti­ca­ta” all’e­po­ca dal­la rete elet­tri­ca con un impian­to idroe­let­tri­co da 110 kWe che sono diven­ta­ti, pri­ma 4,4 MWe nel 1980, e 6,7 MWe nel 2012, ser­ven­do 5.800 uten­ze, con 3.250 soci. A Dob­bia­co la coo­pe­ra­ti­va FTI, che ha 500 soci, for­ni­sce riscal­da­men­to dal 1995, gra­zie a un impian­to a bio­mas­se da 18 MWth e uno a bio­gas da 132 kWth, a oltre 1.300 uten­ze anche nel vici­no pae­se di San Can­di­do con il 30% di rispar­mio sul­la bol­let­ta tra­di­zio­na­le. Il tut­to in mon­ta­gna, a 1.256 m d’altezza.

Cosa man­ca all’I­ta­lia per dif­fon­de­re le comu­ni­tà ener­ge­ti­che? Pri­ma di tut­to la poli­ti­ca. Già per­ché al di fuo­ri degli esem­pi cita­ti pro­dur­re ener­gia in comu­ni­tà e distri­buir­la, anche solo ai pro­pri soci, è vie­ta­to. Ciò che ser­ve, quin­di, è una vera libe­ra­liz­za­zio­ne dal bas­so, che con­sen­ta ai cit­ta­di­ni d’or­ga­niz­zar­si, sem­pre dal bas­so, e di pro­dur­re, gesti­re e con­su­ma­re la pro­pria ener­gia. Oltre­tut­to rispar­mian­do. Man­ca poi una visio­ne poli­ti­ca. Una visio­ne che fac­cia da per­no a un cam­bia­men­to con­cre­to e comu­ni­ca­bi­le in manie­ra sem­pli­ce. Che par­ten­do dal­l’e­ner­gia pas­si, poi, alla mobi­li­tà, ai ser­vi­zi, al wel­fa­re, al lavo­ro. Pro­du­cen­do valo­re dai cit­ta­di­ni, ver­so i cit­ta­di­ni e per i cit­ta­di­ni. Cemen­tan­do il tut­to con l’i­den­ti­tà e l’ap­par­te­nen­za ver­so qual­co­sa che è pra­ti­ca comu­ne. Si può fare e si deve fare. E l’e­ner­gia può esse­re il pri­mo labo­ra­to­rio per testa­re una nuo­va politica.

Ser­gio Fer­ra­ris, gior­na­li­sta scien­ti­fi­co, diret­to­re QualEnergia

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