Il terremoto ha colpito ancora il Centro Italia, questa volta in drammatica concomitanza con il maltempo e in particolare con la neve, sommando altre tragedie ad una situazione che, anche solo in considerazione delle condizioni metereologiche, già era disastrosa.
Ora, sappiamo che questo non è il momento per fare polemica e strumentalizzare l’emergenza, sono prioritari i soccorsi e gli aiuti ai quali partecipiamo in prima persona.
Verrà il tempo, però, anche di accertare le responsabilità di una gestione fallimentare del post sisma e di denunciare situazioni che potevano essere evitate con una più adeguata pianificazione e strategia, come hanno dichiarato i nostri deputati.
Sempre nell’immediato proviamo ad affrontare anche un altro problema.
Il primo istinto per chi non può materialmente dare una mano è quello di contribuire economicamente, anche con una piccola donazione, quelle che si fanno con un sms o una telefonata “solidale” attraverso le compagnie telefoniche o le reti televisive nazionali.
Qualcuno si è chiesto a che punto fosse la distribuzione di quanto già raccolto con le stesse modalità e questo articolo de La Stampa rende conto del punto in cui siamo.
Oltre 28 milioni di euro raccolti ma inutilizzati.
Leggendo il protocollo d’intesa 27 giugno 2014, che regola questo tipo di raccolta, non emergono irregolarità o particolari ritardi di applicazione della procedura, che, come correttamente riferito nell’articolo, consiste nell’individuazione dei numeri solidali, di un inizio e di un termine della raccolta, del trasferimento dei fondi su conti correnti senza alcun guadagno o rimborso per gli operatori.
Ma per quanto riguarda l’utilizzabilità concreta, i fondi sono intoccabili fino alla fine della raccolta e possono essere destinati a progetti proposti dalle regioni colpite, progetti raccolti dalla Protezione Civile che sovraintende al processo e verificati, così come ogni fase della raccolta, da un Comitato di Garanti.
Il che è assolutamente corretto, a tutela di chi dona e di chi riceve, ma rende evidente una totale difformità fra l’intento del donante e l’uso dei fondi.
Come recita lo stesso protocollo, nelle sue premesse, “la tempestiva attivazione del numero solidale nella immediatezza dell’evento, ha comportato una maggior propensione alla donazione” e questo perché chi dona crede di dare un aiuto immediato a chi in quel momento è letteralmente in ginocchio.
E invece no.
Le somme rimangono ferme per mesi, e non hanno alcuna connessione con l’emergenza e la prima necessità, ma con eventuali progetti di più ampio respiro, al momento ignoti.
Gli eventi di queste ore dimostrano come questo modello sia garantista ma inefficace, ferma la priorità assoluta legata all’incolumità ed al ricovero immediato delle popolazioni coinvolte, che non compete alla raccolta solidale.
L’allevatore al quale sarebbero bastate poche migliaia di euro per proteggere i propri animali e trovarli vivi a primavera, non li ha più, perché muoiono di freddo, e le stalle diventano progetti inutili se realizzati fra sei mesi.
Dobbiamo allora chiederci se non esista un modo migliore, più celere ed altrettanto sicuro per far pervenire concretamente la nostra solidarietà di cittadini a quelli fra noi colpiti dalle calamità naturali.
In altre parole, come destinare con urgenza le somme che versiamo volentieri con altrettanta urgenza e con questo implicito vincolo di destinazione.
E’ una domanda che dovrebbero porsi tutte le forze politiche con senso di responsabilità istituzionale.
Sappiamo tutti, e l’abbiamo fatto, che una piccola raccolta fondi mirata si conclude in brevissimo tempo e, se viene individuato correttamente il soggetto beneficiario, porta l’aiuto quasi in tempo reale.
Questi progetti immediati, anche se applicati a calamità naturali definite come tali con la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del nostro Consiglio dei Ministri, come da protocollo, non possono e non devono, anche per banali ragioni di coordinamento, sostituire le grandi raccolte solidali di cui al protocollo stesso, ma casomai affiancarle.
E anche su questo siamo attivi, con l’impegno dei nostri comitati e in prima persona di Beatrice Brignone, già al lavoro nella prima fase emergenziale e che ora stanno nuovamente aiutando in modo concreto le persone colpite così duramente da questi eventi drammatici, con un progetto legato alla vera e propria “adozione” di una stalla.
Come far sì, allora, che le somme raccolte con gli sms solidali siano destinate all’urgenza?
E’ evidente come debba essere individuato un soggetto che abbia la facoltà, anche in corso di raccolta, assumendosene la responsabilità, e con rendiconto al centesimo, di destinare le somme, o una parte percentuale di esse, alle emergenze reali e immediate, quelle che non possono aspettare la burocrazia.
Potrebbe essere lo stesso consiglio dei Ministri ad agire con decreto, riconosciute le ragioni di urgenza, in accordo con le regioni interessate, la protezione civile ed il comitato dei garanti di cui al protocollo, con convocazione in tempi strettissimi.
Basterebbe aggiungere una postilla al protocollo per consentire questa procedura.
E’ letteralmente inconcepibile ed inaccettabile che 28 milioni di euro donati nell’immediatezza e con il cuore siano fermi su un conto corrente mentre l’inverno e altre scosse di terremoto distruggono materialmente, economicamente e moralmente un pezzo del nostro Paese.