E così Donald Trump sembra voler mantenere le promesse fatte durante la campagna elettorale, a partire dalla costruzione (che in realtà consisterebbe in un allungamento e un rafforzamento) del muro al confine con il Messico e dalla stretta rispetto all’accoglienza dei rifugiati.
Per quanto riguarda il rafforzamento del muro, il progetto dovrebbe consistere nel prolungamento dei muri esistenti di mille miglia, nel renderli più profondi e più presidiati. Il costo stimato dall’amministrazione è di 10 miliardi di dollari, ma altre fonti indipendenti parlano di 25 miliardi. Un investimento ingente che Trump sostiene sarà finanziato dal Messico. Il governo messicano ha ovviamente smentito, attaccando duramente il presidente degli Stati Uniti, cancellando la visita programmata per settimana prossima durante la quale il presidente Pena Nieto avrebbe dovuto incontrare Trump e mettendo in dubbio anche la cooperazione commerciale tra i due paesi. «Respingo e condanno la decisione degli Stati uniti di continuare la costruzione del muro che da anni, invece di unirci, ci divide», ha dichiarato Pena Nieto in un video su Twitter. «Il Messico non crede ai muri. L’ho già detto più volte: il Messico non pagherà alcun muro», ha aggiunto, annunciando di aver chiesto a cinquanta personalità messicane presenti negli Stati Uniti di trasformarsi in «autentici difensori dei diritti dei migranti messicani». Trump, però, pare non scoraggiarsi, ipotizzando di poter operare prelievi forzosi sulle rimesse inviate in Messico dagli Stati Uniti.
Insomma, è guerra aperta, ed è una guerra folle. In primo luogo perché gli arresti di migranti messicani privi di documenti è ai minimi storici, così come è in diminuzione il numero di messicani residenti in maniera illegale negli Stati Uniti. Trump probabilmente è rimasto a una quindicina di anni fa.
Donald Trump is building a wall on the Mexico border as undocumented crossing reaches a 40-year low https://t.co/8bYVrDwHb8 pic.twitter.com/2o4lnbFU9V
— Quartz (@qz) January 26, 2017
In secondo luogo ci troviamo di fronte a una guerra folle perché la costruzione di muri non assicura la chiusura delle rotte migratorie. L’esperienza ci insegna, invece, che la costruzione di muri ha almeno due conseguenze negative. La prima la stiamo vedendo in questi giorni lungo la rotta balcanica, in Grecia e Serbia: al di là dei muri si ammassano le persone, spesso in condizioni assolutamente precarie, a volte gettando le basi a vere e proprie crisi umanitarie che esplodono nel momento in cui le condizioni peggiorano. La seconda è creare delle zone grigie, governate da associazioni criminali, che esercitano la violenza, che controllano il mercato di alcuni beni (pensate al mercato dei giubbini salvagente tra Turchia e Grecia), che assicurano il passaggio del confine dietro pagamento e spesso col tacito accordo delle autorità di polizia, che creano e gestiscono traffici di esseri umani.
La costruzione del recinto al confine dell’Ungheria e l’aumento dei controlli in Austria e Germania sta avendo «il risultato non voluto di consegnare questa industria nelle mani di gruppi che fanno attraversare di nascosto i confini», ha messo in guardia Wil van Gemert, vicedirettore operativo dell’Europol.
Il 17 gennaio 2016 […] l’Europol, la polizia continentale dell’UE, ha diffuso un dato: nel 2015 i trafficanti di esseri umani hanno intascato una cifra che oscilla tra i 3 e i 6 miliardi per far arrivare illegalmente oltre un milione di persone in Europa. Ogni migrante ha speso tra i 3 e i 6 mila dollari. La rete dei trafficanti è estesa dall’Africa subsahariana alla Scandinavia. (Massimo Franco, L’assedio, 2016)
In definitiva, innalzare muri non è solamente una risposta illusoria (spesso a problematiche anch’esse illusorie), ma genera dinamiche che sfuggono al controllo delle autorità statali. Una risposta che sembra tanto muscolare, ma che rischia di essere tanto stupida.