Le larghe intese per la distruzione di ambiente, cultura e democrazia

Ha radici lontane l’attacco all’art. 9 della nostra Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” (tra cui va ricompreso l’ambiente) che i nostri costituenti inserirono con grande lungimiranza tra i primi in una Carta costituzionale.

Ha radi­ci lon­ta­ne l’attacco all’art. 9 del­la nostra Costi­tu­zio­ne: “La Repub­bli­ca pro­muo­ve lo svi­lup­po del­la cul­tu­ra e la ricer­ca scien­ti­fi­ca e tec­ni­ca. Tute­la il pae­sag­gio e il patri­mo­nio sto­ri­co e arti­sti­co del­la Nazio­ne.” (tra cui va ricom­pre­so l’ambiente) che i nostri costi­tuen­ti inse­ri­ro­no con gran­de lun­gi­mi­ran­za tra i pri­mi in una Car­ta costituzionale.

Pos­sia­mo par­ti­re dal­la famo­sa “Leg­ge obiet­ti­vo”: fu il cen­tro­de­stra a pro­por­re e far appro­va­re una nor­ma nel nome del “fare” che potes­se “eli­mi­na­re lac­ci e lac­ciuo­li ” e per­met­te­re a Ber­lu­sco­ni di por­ta­re velo­ce­men­te a com­pi­men­to il sogno che ave­va mostra­to nel­la “ter­za came­ra” di Vespa men­tre ave­va pastic­cia­to col pen­na­rel­lo la car­ta d’Italia. Quel­la vol­ta fu il cen­tro­si­ni­stra ad insor­ge­re in nome del­la pos­si­bi­li­tà di deci­de­re del­le comu­ni­tà loca­li se ave­re sul pro­prio ter­ri­to­rio o meno una del­le “gran­di ope­re” che tan­to inte­res­sa­va­no alla “gran­deur” dell’uomo al coman­do. La leg­ge che è anco­ra in vigo­re (sep­pu­re non più usa­ta), tut­ta­via rap­pre­sen­ta non più di un deci­mo del­lo sfa­ce­lo che sareb­be arri­va­to dopo, con i gover­ni di lar­ghe inte­se di centro-sinistra-destra.

All’inizio fu la rifor­ma “Deli­rio”, para­fra­si del mini­stro Gra­zia­no Del­rio che la scris­se: l’idea era quel­la di sot­to­fi­nan­zia­re, depo­ten­zia­re e poi eli­mi­na­re le Pro­vin­ce  (sal­vo far­le rina­sce­re come “aree vaste”), ovve­ro gli enti che si pre­oc­cu­pa­no di por­ta­re svi­lup­po, fon­di e pro­get­ti nei ter­ri­to­ri peri­fe­ri­ci del pae­se, aggiun­gen­do però un nuo­vo ente che andas­se ad ope­ra­re sul­le aree più urba­niz­za­te, ovve­ro le Cit­tà metro­po­li­ta­ne. Ad esse­re mali­zio­si si potreb­be pen­sa­re che una for­za poli­ti­ca, coscien­te di ave­re i voti soprat­tut­to nel­le aree urba­ne, abbia deci­so di abban­do­na­re tut­ti gli altri cit­ta­di­ni a loro stes­si. La deci­sio­ne di eli­mi­na­re gli orga­ni elet­ti a suf­fra­gio uni­ver­sa­le è con­tra­ria alla Car­ta euro­pea dell’autonomia loca­le oltre che al buon sen­so: toglie­re tra­spa­ren­za e respon­sa­bi­li­tà a degli enti loca­li che diven­ta­no come un opa­co uffi­cio tec­ni­co non ha sen­so. Lo si è visto nel caso del­le for­ti nevi­ca­te uni­te al ter­re­mo­to del cen­tro Ita­lia: quan­do non esi­ste più nes­su­no che fa pia­ni­fi­ca­zio­ne, gestio­ne e manu­ten­zio­ne del ter­ri­to­rio avven­go­no tra­ge­die. Natu­ral­men­te la rispo­sta del gover­no al disa­stro è sta­to un altro disa­stro, ovve­ro “dia­mo pote­ri straor­di­na­ri alla Pro­te­zio­ne civi­le”: l’ennesima idea cen­tra­li­sta che fa rie­cheg­gia­re lo scan­da­lo di Ber­lu­sco­ni e Ber­to­la­so che usa­va­no la strut­tu­ra come uffi­cio per­so­na­le per qual­sia­si eve­nien­za “straor­di­na­ria” tipo orga­niz­za­re i mon­dia­li di nuo­to e sap­pia­mo com’è anda­ta a finire.

Poi si è con­ti­nua­to con lo Sbloc­ca Ita­lia, scrit­to dal cemen­ti­fi­ca­to­re Mau­ri­zio Lupi e ribat­tez­za­to “Rot­ta­ma Ita­lia” da un libret­to di Altre­co­no­mia: una nor­ma mostruo­sa che pre­ve­de un’infinità di dero­ghe, silen­zi-assen­si e pote­ri sosti­tu­ti­vi di com­mis­sa­ri o del gover­no su una quan­ti­tà di pro­ce­du­re che sostan­zial­men­te ammaz­za­no la pia­ni­fi­ca­zio­ne urba­ni­sti­ca e il dirit­to cor­re­la­to del­le comu­ni­tà loca­li di deci­de­re insie­me alle isti­tu­zio­ni loca­li come gesti­re il ter­ri­to­rio. Si trat­ta di una “leg­ge ever­si­va” secon­do Toma­so Mon­ta­na­ri, “fuo­ri dal­la Costi­tu­zio­ne” secon­do Pao­lo Mad­da­le­na che infat­ti fu boc­cia­ta par­zial­men­te dal­la Cor­te costi­tu­zio­na­le pro­prio sul­la pos­si­bi­li­tà di sca­val­ca­re le regio­ni nell’istruttoria di pro­get­ti infra­strut­tu­ra­li. È pro­ba­bi­le che la leg­ge ven­ga ampu­ta­ta ulte­rior­men­te dal­la Con­sul­ta che ha più vol­te sen­ten­zia­to come il silenzio–assenso in mate­ria pae­sag­gi­sti­ca e ambien­ta­le sia incostituzionale.

Un tri­plo capi­to­lo riguar­da la “leg­ge Madia”, la “rivo­lu­zio­ne del­la pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne” (si fa per dire) che è ben pre­sto sta­ta boc­cia­ta dal­la Con­sul­ta sul­la nor­ma chia­ve che pre­ve­de­va di poter rifor­ma­re l’as­set­to pub­bli­co sen­za inte­se con le regio­ni in tema di diri­gen­za, par­te­ci­pa­te, ser­vi­zi pub­bli­ci loca­li e pub­bli­co impie­go. In sostan­za veni­va accan­to­na­to l’obbligo di “lea­le col­la­bo­ra­zio­ne tra sta­to e regio­ni” che è una pre­vi­sio­ne costi­tu­zio­na­le, in favo­re dei pote­ri con­cen­tra­ti nel gover­no, con­cet­to che ricor­re come un man­tra in tut­ta la vicenda.

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L’altra dele­ga riguar­da l’abolizione del Cor­po fore­sta­le del­lo sta­to, l’unica poli­zia ita­lia­na (anche giu­di­zia­ria) spe­cia­liz­za­ta in tute­la del ter­ri­to­rio e dell’ambiente con­tro inqui­na­men­ti, abu­si­vi­smo, in gra­do di fare pre­ven­zio­ne sui pro­ble­mi idro­geo­lo­gi­ci.  Se la ratio fos­se sta­ta quel­la del rispar­mio allo­ra si sareb­be dovu­to fon­de­re la Poli­zia con i Cara­bi­nie­ri visto che han­no lo stes­so ruo­lo di tute­la dell’ordine in sen­so gene­ri­co men­tre se si fos­se volu­to valo­riz­za­re la tute­la dell’ambiente si sareb­be potu­to raf­for­za­re il Cor­po per esem­pio con un accor­pa­men­to o un col­le­ga­men­to più stret­to con le poli­zie regio­na­li e pro­vin­cia­li che si occu­pa­no del tema (le poli­zie fore­sta­li del­le regio­ni a sta­tu­to spe­cia­le riman­go­no in vita e potreb­be­ro nascer­ne di nuo­ve nel­le altre regio­ni). Inve­ce si è scel­to il popu­li­smo che pre­ve­de di sacri­fi­ca­re il più debo­le sull’altare dei “costi del­la poli­ti­ca” per far vede­re di esse­re vir­tuo­si quan­do inve­ce l’assenza di una poli­ti­ca ambien­ta­le può far como­do. Quin­di assi­stia­mo ad uno smem­bra­men­to assur­do (92% del per­so­na­le ai Cara­bi­nie­ri, 5% ai Vigi­li del fuo­co, 2,5% alla Poli­zia, 0,5% alla Guar­dia di finan­za) men­tre sap­pia­mo che all’interno dei Cara­bi­nie­ri il per­so­na­le e i mez­zi dell’ex Cor­po potran­no esse­re spo­sta­ti a qual­sia­si mansione.

L’ultima que­stio­ne del­la “rifor­ma Madia” riguar­da il ruo­lo del­le Soprin­ten­den­ze che ven­go­no depo­ten­zia­te (ma l’obiettivo sot­to trac­cia anche qui è una loro abo­li­zio­ne) met­ten­do­le fun­zio­nal­men­te alle dipen­den­ze del Pre­fet­to su base loca­le. Que­sta scel­ta arri­va in com­bi­na­zio­ne alla rifor­ma del Mini­ste­ro dei beni cul­tu­ra­li volu­ta dal Mini­stro Dario Fran­ce­schi­ni che nell’ottica del­la valo­riz­za­zio­ne stac­ca­ta dal­la tute­la dise­gna 20 musei super­star che avran­no più risor­se e accor­pa le già debo­li soprin­ten­den­ze (archeo­lo­gia con bel­le arti con pae­sag­gio) depo­ten­zian­do­ne di fat­to l’autonomia cul­tu­ra­le e l’in­di­pen­den­za. Un soprin­ten­den­te tut­to­fa­re diven­ta un “sot­to­pre­fet­to” che può esse­re col­lo­ca­to più dol­ce­men­te sot­to le pre­fet­tu­re: una rifor­ma già ten­ta­ta nel 1923 e poi abban­do­na­ta dal­lo stes­so fasci­smo. Anche le con­fe­ren­ze dei ser­vi­zi, neces­sa­rie per istrui­re pro­get­ti com­ples­si, ven­go­no rifor­ma­te: ora le deci­sio­ni ven­go­no pre­se a mag­gio­ran­za. Il pare­re del­la Soprin­ten­den­za può quin­di esse­re bel­la­men­te igno­ra­to men­tre pri­ma oltre ad esse­re obbli­ga­to­rio pote­va anche bloc­ca­re un pro­ce­di­men­to. Con­tro la “disar­ti­co­la­zio­ne del­le isti­tu­zio­ni di tute­la”, come dice Ita­lia Nostra, si è bat­tu­to tut­to il mon­do del­la Cul­tu­ra nel­la mani­fe­sta­zio­ne del 7 mag­gio 2016 chia­ma­ta pro­prio “Emer­gen­za Cul­tu­ra”.

Infi­ne è arri­va­ta la modi­fi­ca costi­tu­zio­na­le col­le­ga­ta alla leg­ge elet­to­ra­le iper­mag­gio­ri­ta­ria. Anche qui si depo­ten­zia­no gli enti loca­li,  in par­ti­co­la­re le regio­ni, per affi­da­re più pote­ri a livel­lo cen­tra­le. Nel­la revi­sio­ne del tito­lo V si por­ta­va­no sot­to com­pe­ten­za esclu­si­va del­lo sta­to: “pro­du­zio­ne, tra­spor­to e distri­bu­zio­ne nazio­na­le di ener­gia” oltre a “infra­strut­tu­re stra­te­gi­che e gran­di reti di tra­spor­to e di navi­ga­zio­ne d’interesse nazio­na­le” che era­no inve­ce nel­le mate­rie con­cor­ren­ti. Il risul­ta­to dell’operazione sareb­be sta­ta l’impossibilità del­le regio­ni di espri­me­re pare­re su que­sta serie di infra­strut­tu­re che avreb­be­ro potu­to esse­re impo­ste dal­l’al­to sui ter­ri­to­ri. Per non par­la­re del­la “clau­so­la di supre­ma­zia” con la qua­le lo sta­to avreb­be potu­to “espro­pria­re” qual­sia­si mate­ria che la Costi­tu­zio­ne attri­bui­sce alle regio­ni: il tut­to in bar­ba alla sus­si­dia­rie­tà ver­ti­ca­le che è un valo­re costi­tu­zio­na­le dell’art. 118 e al rico­no­sci­men­to del­le auto­no­mie loca­li che è un prin­ci­pio fon­da­men­ta­le dell’art. 5.

Insom­ma tut­te que­ste ini­zia­ti­ve nor­ma­ti­ve han­no un filo ros­so che le acco­mu­na: l’attacco all’ambiente, alla cul­tu­ra e al pae­sag­gio, ovve­ro l’attacco all’arti­co­lo 9 del­la Costi­tu­zio­ne che li tute­la. Si trat­ta in defi­ni­ti­va di un attac­co alla demo­cra­zia, un attac­co alla cit­ta­di­nan­za e alla Costi­tu­zio­ne tut­ta, “per la qua­le il patri­mo­nio cul­tu­ra­le (e ambien­ta­le, ndr) ser­ve alla costru­zio­ne dell’uguaglianza sostan­zia­le e al pie­no svi­lup­po del­la per­so­na uma­na” (dal mani­fe­sto di Emer­gen­za Cul­tu­ra). Si capi­sce dun­que trop­po bene chi pos­sa ave­re van­tag­gi dal­lo svi­li­men­to del patri­mo­nio nazio­na­le che può esse­re così “valo­riz­za­to” (una paro­la meno vol­ga­re per dire “ven­du­to”).

Pos­si­bi­le vor­reb­be fare tut­to il con­tra­rio pro­prio: ecco per­ché abbia­mo lan­cia­to un appel­lo-mani­fe­sto dal nome #pri­ma­del­di­lu­vio.

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