Ieri sera è arrivata la notizia che auspicavamo di leggere: il cammino — che sembrava inesorabile — del costruendo Marine Park Village a Scifo si è fermato.
E’ andato a sbattere, un’altra volta, contro i sigilli apposti dalla Procura di Crotone con un decreto urgente di sequestro preventivo del cantiere. I lavori, nelle ultime settimane, complice anche il baccano mediatico e istituzionale (con un sopralluogo dello stesso Civati, preceduto da un’interrogazione parlamentare) che abbiamo fatto, avevano subito una quanto meno sospetta accelerazione. E invece è arrivato il “pit stop” che ci auguriamo sia un definitivo “game over”. Volevano fare presto, prestissimo. Così che, forse, si potesse dire “ormai, non si può far più nulla”.
![civati interrogazione scifo](https://www.possibile.com/wp-content/uploads/2021/07/Schermata-2017-02-15-alle-18.06.22.png)
Pare che mirasse a questo scopo anche lo stesso Sovrintendente, che in una recente informativa al Ministero dei Beni culturali scriveva (forse per sostenere l’inevitabilità dell’abuso) che “tutti i bungalow erano ormai stati realizzati”, quando invece soltanto uno di questi risultava parzialmente costruito, quale riparo per gli attrezzi del cantiere. Falso ideologico in atto pubblico. Lo inquadrano così i magistrati inquirenti ponendo il reato a carico del Sovrintendente di Crotone.
Nel provvedimento giudiziario, Marine Park Village non sarebbe altro che una lottizzazione abusiva in un’area sottoposta a triplice vincolo paesaggistico e archeologico, di cui è la stessa Procura della Repubblica a ricordare la “struggente bellezza rimasta fino ad oggi intatta e identica a quella che gli antichi greci scelsero come luogo di fondazione di Kroton”.
I reati ipotizzati non si limitano alla violazione di norme urbanistiche e paesaggistiche ma si estenderebbero a condotte di abuso d’ufficio dei pubblici amministratori che a vario titolo sono intervenuti, o non intervenuti, nella vicenda delle autorizzazioni rilasciate ai fratelli Scalise per la realizzazione di un agriturismo che di fatto è un vero e proprio villaggio turistico.
Differenza non di poco conto per valutare le circostanze di reato la fa la scelleratezza nel rilascio di concessioni e nulla osta e persino per quantificare i danni fin qui perpetrati.
![Civati a Capocolonna il 9 febbraio 2017](https://www.possibile.com/wp-content/uploads/2021/07/Schermata-2017-02-15-alle-18.09.43.png)
“Una rapina!”, l’ha definita così il dottore Capoccia, Procuratore della Repubblica a Crotone. Ed è esattamente così che l’abbiamo vissuta noi fino a ieri. Un tentativo, ancora lontano dal definirsi scongiurato del tutto, di depauperare non solo la storia e l’ambiente, ma anche la cultura e l’identità di un intero Paese. Il tutto, nel nome di un progetto “turistico” che non può certo considerarsi compatibile con una visione ragionevole e intelligente di quella che è la reale potenzialità dei luoghi, e che non tiene affatto conto (un po’ strano per degli imprenditori avveduti) dell’esistenza di infrastrutture non adeguate nemmeno per i residenti (figuriamoci per soddisfare i clienti dei resort di lusso). E che non tiene conto, ma per questo potremmo attribuire miopia alla politica che i processi li deve anticipare e favorire, del fatto che se c’è un settore del turismo che continua a crescere è esattamente quello di chi va alla ricerca di luoghi rari, di chi trova soddisfazione nella cultura e nella storia dei territori , nell’enogastronomia e nella bellezza, piuttosto che nel cemento di una piscina di 1000 mq e profonda 4 metri e mezzo. Neanche dovessero farci le olimpiadi!
Durante gli Stati Generali ho ricordato alcune parole di Giuseppe Civati e mi sento di ribadirle anche ora: bisogna insistere sempre su quello che si ritiene giusto.