Definire “clandestini” i richiedenti asilo è discriminatorio. Ora c’è anche una sentenza a sostenerlo, ed è la sentenza emessa da Martina Flamini, della prima sezione civile del tribunale ordinario di Milano, in risposta a un ricorso presentato da ASGI e NAGA contro dei manifesti affissi dalla Lega Nord a Saronno (Varese) durante la campagna elettorale, con i quali si definivano “clandestini” 32 richiedenti asilo che avrebbero dovuto essere ospitati in città, collegando la loro permanenza al taglio delle pensioni e all’aumento delle tasse.
I motivi della condanna dovrebbero essere estremamente intuibili: coloro che chiedono asilo nel nostro paese sono persone regolarmente soggiornanti, almeno finché non venga data risposta alla loro domanda.
«Il termine “clandestino” — si legge nella sentenza — ha una valenza denigratoria e viene utilizzato come emblema di negatività. Infatti: il termine “clandestino” contraddistingue il comportamento delittuoso (punito con una contravvenzione) di chi fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del T.U. sull’immigrazione. […] Contrariamente rispetto a quanto indicato nei manifesti per cui è causa, i 32 “clandestini” sono persone che, esercitando un diritto fondamentale, hanno chiesto allo Stato italiano di riconoscere loro la protezione internazionale. […] Gli stranieri che fanno ingresso nel territorio dello stato italiano, perché temono a ragione di essere perseguitati o perché corrono il rischio effettivo, in caso di rientro nel paese d’origine, di subire un “grave danno”, non possono considerarsi irregolari e non sono, dunque, “clandestini”».
La sentenza si sofferma non solo sull’uso improprio dell’espressione “clandestini”, ma considera anche il fatto che nei manifesti si sostiene che ai questi venga «pagato “vitto, alloggio e vizi”, a costo di grandi sacrifici chiesti ai cittadini di Saronno, ai quali, invece, vengono tagliate le pensioni e aumentate le tasse», veicolando perciò «l’idea fortemente negativa che i richiedenti asilo costituiscano un pericolo per i cittadini (italiani e, in particolare, per quel che rileva in questa sede, di Saronno)».
«Emerge con chiarezza — prosegue la sentenza — la valenza gravemente offensiva e umiliante di tale espressione, che ha l’effetto non solo di violare la dignità degli stranieri, richiedenti asilo, appartenenti ad etnie diverse da quelle dei cittadini italiani, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti. In particolare, il messaggio con il quale si afferma di “pagare” “vitto, alloggio e vizi” ai 32 clandestini e di penalizzare fortemente i “saronnesi” (attraverso l’aumento delle tasse e le riduzioni delle pensioni), è idoneo a creare un clima intimidatorio ed ostile».
La condanna ha previsto, oltre all’obbligo di pubblicazione della sentenza, un risarcimento di 5.000 euro a favore di ciascuna associazione ricorrente e il pagamento delle spese processuali.
La prossima volta che sentirete Matteo Salvini chiamare “clandestini” i richiedenti asilo, ricordategli dei manifesti di Saronno, della sentenza “civile” del tribunale di Milano, e che chiedere asilo è una cosa seria.