Il mondo non si misura sulle vostre liti da ricreazione

In meri­to alla scan­da­lo CONSIP e al coin­vol­gi­men­to in esso di Luca Lot­ti se ne sono sen­ti­te, in que­sti gior­ni, dav­ve­ro di tut­ti i colo­ri, e sia­mo cer­ti che anco­ra se ne sen­ti­ran­no. Di fron­te all’ennesima lite da cor­ti­le del­le scuo­le ele­men­ta­ri che per­si­no una vicen­da così seria ha sca­te­na­to, voglia­mo riba­di­re un prin­ci­pio di fon­do, che una poli­ti­ca ormai total­men­te avvi­ta­ta sem­bra aver per­so di vista: esi­ste un pia­no poli­ti­co e mora­le supe­rio­re alle tifo­se­rie radi­ca­liz­za­te che ogni gior­no offro­no lo spet­ta­co­lo inde­co­ro­so che cia­scu­no di noi ha sot­to gli occhi, al gri­do di “E VOI, ALLORA?!”

Ulti­me, ma sia­mo cer­ti non ulti­me, fan­no sob­bal­za­re le dichia­ra­zio­ni di Spe­ran­za, che chie­de a Lot­ti di fare un pas­so indie­tro, ma lo fa con una moti­va­zio­ne che rasen­ta l’assurdo. Per lui Lot­ti dovreb­be dimet­ter­si per non ali­men­ta­re il popu­li­smo del M5S.

Sem­bre­rà assur­do, ma esi­sto­no que­stio­ni più serie di ciò che può o non può ali­men­ta­re la pro­pa­gan­da del pro­prio avver­sa­rio. Una di que­ste, ad esem­pio, è: a chi va la leal­tà del­la nostra clas­se diri­gen­te? Alla Repub­bli­ca, o alla “dit­ta”?
Quan­do un mini­stro è sospet­ta­to di aver rive­la­to segre­ti, di cui è venu­to a cono­scen­za gra­zie al suo ruo­lo, per favo­ri­re suoi soda­li nei con­fron­ti di un’indagine da par­te del­lo Sta­to, è di que­sto che biso­gna occu­par­si, non del­le riper­cus­sio­ni poten­zial­men­te posi­ti­ve per gli avver­sa­ri del mini­stro in questione.

Quan­do del­le inda­gi­ni rive­la­no l’ennesima sto­ria di gestio­ne clien­te­la­re del pote­re, è que­sto il pro­ble­ma da affron­ta­re, è que­sto ciò di cui biso­gna chie­de­re con­to a chi ne è coin­vol­to, non l’aver favo­ri­to il “nemi­co”.

Di fron­te a uno scan­da­lo del tut­to poli­ti­co pri­ma che giu­di­zia­rio come quel­lo CONSIP, di fron­te a vicen­de che deli­nea­no con­dot­te che resta­no e reste­reb­be­ro poli­ti­ca­men­te gra­vis­si­me anche in assen­za di con­se­guen­ze giu­di­zia­rie, le dimis­sio­ni di Lot­ti sareb­be­ro auspi­ca­bi­li come segna­le di respon­sa­bi­li­tà e di serie­tà da par­te del­la clas­se poli­ti­ca nei con­fron­ti del­le cit­ta­di­ne e dei cit­ta­di­ni italiani.

Sono que­stio­ni fon­da­men­ta­li, più gran­di di noi, che inve­ce di esse­re affron­ta­te con il rispet­to che meri­ta­no ven­go­no sacri­fi­ca­te sul­l’al­ta­re del poli­ti­ci­smo esa­spe­ra­to, che anche nei momen­ti meno oppor­tu­ni con­ti­nua a far­la da padro­ne come un rifles­so auto­ma­ti­co a cui il ceto poli­ti­co non sem­bra saper resistere.

È l’assoluta e side­ra­le distan­za dal­la real­tà tra­di­ta da atteg­gia­men­ti come que­sti, ad ali­men­ta­re la disil­lu­sio­ne e l’esa­spe­ra­zio­ne del Pae­se nei con­fron­ti di quel­la che dovreb­be esse­re la sua clas­se diri­gen­te, men­tre sem­bra sol­tan­to un’indisciplinata clas­se di ter­za ele­men­ta­re.

Di que­sta distan­za, di que­sta esa­spe­ra­zio­ne si nutre quel­lo che ama­te chia­ma­re “popu­li­smo”.

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