Trieste, giugno 2016. Il neoeletto Sindaco Dipiazza, di centrodestra, apre il suo terzo mandato annunciando un giro di vite contro i mendicanti. Tolleranza zero, aveva promesso in campagna elettorale.
Luglio 2016. Roberti, vicesindaco per la Lega Nord, firma un’ordinanza in tema di “ordine e decoro urbano” che prevede l’allontanamento dei senzatetto dall’area del centro città, sgomberi coatti e sequestro di coperte e cartoni per chi viene sorpreso su panche e gradini. Una guerra ai clochard che solleva una sdegnata reazione in città. L’ex Sindaco PD Cosolini dichiara: “L’ordinanza è inquietante e denota l’incapacità di farsi carico del disagio sociale. Non si affronta il problema togliendolo dalla vista. È un atto in linea con i segnali che da alcune settimane a questa parte stiamo vedendo a Trieste: solo gesti eclatanti, questi sì che sono un attacco alla sicurezza”.
Dicembre 2016. Una sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia boccia l’ordinanza firmata da Roberti in quanto l’amministrazione locale può varare ordinanze solo per “fronteggiare eventi e pericoli eccezionali ed emergenziali” che minaccino “l’incolumità pubblica” e la “sicurezza urbana”.
Il Decreto Minniti, di fronte allo scenario descritto, è destinato a cambiare molte cose. In negativo. Il rischio concreto è che il Governo abbia dato un prezioso aiuto ai sindaci intenzionati a confezionare ordinanze discriminatorie. I sindaci, infatti, avranno a disposizione, in nome dell’ambiguo concetto di “decoro urbano”, un potere di ordinanza finora riservato solo al questore e un provvedimento di allontanamento. Il capogruppo democratico alla Camera, Ettore Rosato, triestino, prova a “vestire” il provvedimento, che tanto ricorda quelli della giunta Dipiazza, chiamandolo “Daspo cittadino”. Il senso rimane però lo stesso: ripulire il centro storico delle città da chiunque venga considerato “indecoroso”, sia per la sua mera presenza (senza tetto o ambulanti) sia per il comportamento (consumatori di droghe o alcolici, rovistatori di cassonetti, writers, o limitatori della “libera accessibilità e fruizione” di particolari luoghi). In pratica una messa al bando in assenza di fattispecie di reato e senza alcuna possibilità di ricorso giurisdizionale. Di fatto, i limiti che la sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia segnalava come vincolanti per le ordinanze dei sindaci vengono eliminati per via legislativa.
Viene da pensare che coerenza di pensiero, di posizioni e di pratica politica non siano di casa oggi nel PD dal momento che Rosato così commenta il Decreto Minniti: “La sicurezza è un patrimonio della collettività e non la lasceremo alla demagogia violenta e alla destra chiacchierona”. Una dichiarazione che ci permette una riflessione politica tra politiche “securitarie” e smantellamento del welfare che il Partito Democratico, in questa legislatura, si è fatto interprete.
Quando si depotenzia il welfare, una possibile strategia di governo prevede la necessità di insistere sulla paura del crimine, anche contro i fatti, e generare allarme sociale. È ciò che è avvenuto in Italia negli ultimi vent’anni, dove la Lega Nord ha egemonizzato il discorso pubblico su questi temi e che sembra trovare una significativa sponda in quelle parti del centrosinistra che tendono a assumere tratti specifici della cultura economica di destra. Va puntualizzato che con l’espressione “decoro pubblico” non stiamo parlando del desiderio, condiviso e condivisibile, di vivere in luoghi di sociabilità accoglienti: raccolta rifiuti, acque pulite, territori preservati, edilizia curata, strade sicure, mezzi pubblici funzionali, scuole accoglienti. La politica securitaria del decoro interviene quando tutto ciò è già stato privatizzato, depotenziato e smantellato. Non solo, ma si innescano sulle paure, spesso amplificate dalla politica, sull’immigrazione. Lo scenario razziale è chiaro nel momento in cui migranti e rom sono i primi soggetti ad essere colpiti dai provvedimenti sul “decoro”.
Non si discute sull’aperto razzismo delle iniziative leghiste che nel Nordest tolgono le panchine dai centri cittadini “perché altrimenti immigrati e barboni si siedono”. Ma va detto con forza che anche le amministrazioni di centrosinistra che hanno cercato di parlare di sicurezza sociale sono state scavalcate da pratiche sostanzialmente di destra, ovvero “escludenti, repressive, fondate e legittimate sulla paura”. Lo stesso Matteo Renzi se ne è fatto interprete come Sindaco nel 2009, firmando un’ordinanza che colpiva “tutti quei comportamenti in cui la richiesta di denaro non è fatta palese con il semplice atto della mano tesa”.
Il significato politico e culturale del Decreto Minniti è sotto i nostri occhi: sposando, come fa Rosato, la tesi della neutralità politica del dispositivo del “decoro urbano”, il Partito Democratico fa proprie le tesi in tema di sicurezza della destra. E il silenzio imbarazzato di tanti è li a dimostrarlo.
Con questo decreto il PD ha dichiarato guerra alla marginalità con il fine di nasconderla sotto il tappeto: per risolvere i problemi delle aree metropolitane, invece di implementare politiche sociali più incisive, si segue la strada della sanzione amministrativa per chiunque venga ritenuto dannoso per il decoro urbano.
Dipiazza e Roberti dovranno, prima o poi, ringraziare Minniti: con gli strumenti giuridici messi in campo con il suo decreto potranno, in tranquillità, continuare a produrre ordinanze discriminatorie in nome del decoro.
P.s.: ci piacerebbe sentire l’opinione degli esponenti PD triestini in merito al Decreto Minniti, quelli stessi che hanno giustamente stigmatizzato l’ordinanza firmata da Roberti. Ma forse l’imbarazzo è troppo.
Federico Buttò