Le ONG che salvano i migranti in mare, spiegato bene

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1491483110612{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Ogni trac­cia lascia­ta in mare scom­pa­re, per la stes­sa natu­ra dell’acqua. Ogni onda can­cel­la la pre­ce­den­te. Ogni ogget­to vie­ne sospin­to, o vie­ne risuc­chia­to. Ecco per­ché la disci­pli­na del dirit­to inter­na­zio­na­le marit­ti­mo è tra i più anti­chi sfor­zi del legi­sla­to­re, uno sfor­zo domi­na­to nei seco­li dal prin­ci­pio del­la “liber­tà dei mari”, secon­do il qua­le «il sin­go­lo Sta­to non può impe­di­re e nean­che sol­tan­to intral­cia­re l’utilizzazione degli spa­zi marit­ti­mi da par­te degli altri Sta­ti, o meglio da par­te del­le navi che bat­to­no ban­die­ra di altri Sta­ti». Una liber­tà che, però, «incon­tra il limi­te che è pro­prio di ogni regi­me di liber­tà e che con­si­ste nel rispet­to del­la pari liber­tà altrui»[1].

 

Cosa dice il diritto marittimo internazionale

Il ten­ta­ti­vo di disci­pli­na­re lo spa­zio marit­ti­mo tro­va per­ciò, e da sem­pre, note­vo­li dif­fi­col­tà e si è così stra­ti­fi­ca­to in una serie di nor­me nazio­na­li, inter­na­zio­na­li e con­sue­tu­di­na­rie. Una svol­ta deci­si­va avven­ne dopo la Secon­da Guer­ra Mon­dia­le, con la nasci­ta del­la Inter­na­tio­nal Mari­ti­me Orga­ni­za­tion (IMO), agen­zia spe­cia­liz­za­ta del­le Nazio­ni Uni­te che attual­men­te con­ta 172 Sta­ti aderenti.

Fon­te: Wikipedia.org

Tra le più impor­tan­ti con­ven­zio­ni inter­na­zio­na­li figu­ra sen­za dub­bio la Con­ven­zio­ne di Mon­te­go Bay (cono­sciu­ta anche come UNCLOS, Con­ven­zio­ne del­le Nazio­ni Uni­te sul dirit­to del mare, fir­ma­ta nel 1982). Que­sta ci aiu­ta nel defi­ni­re alcu­ni con­cet­ti fon­da­men­ta­li, a par­ti­re dai limi­ti marit­ti­mi che si esten­do­no a par­ti­re dal­la costa e che segna­no, con l’allontanarsi dal­la stes­sa, il pro­gres­si­vo venir meno del­la sovra­ni­tà sta­ta­le. Anche nel­la fascia più vici­na alla costa, quel­la del­le cosid­det­te “acque ter­ri­to­ria­li”, esi­ste un dirit­to di pas­sag­gio inof­fen­si­vo da par­te del­le navi stra­nie­re, «sia per tra­ver­sar­lo, sia per entra­re nel­le acque inter­ne, sia per pren­de­re il lar­go pro­ve­nen­do da que­ste, e pur­ché il pas­sag­gio sia “con­ti­nuo e rapi­do”. Il pas­sag­gio è inof­fen­si­vo […] “fin­ché non reca pre­giu­di­zio alla pace, al buon ordi­ne o alla sicu­rez­za del­lo Sta­to costie­ro”»[2].

Come dice­va­mo in pre­ce­den­za, il dirit­to marit­ti­mo con­ta su un ampia base di fon­ti e quin­di di stra­ti­fi­ca­zio­ni. Ecco per­ché pos­sia­mo rifar­ci anche ad altre con­ven­zio­ni per capi­re la disci­pli­na del soc­cor­so in mare, e in par­ti­co­la­re alla Con­ven­zio­ne inter­na­zio­na­le per la sal­va­guar­dia del­la vita uma­na in mare (SOLAS) e alla Con­ven­zio­ne inter­na­zio­na­le sul­la ricer­ca e il soc­cor­so in mare (SAR) e ai loro suc­ces­si­vi emen­da­men­ti. Alcu­ni di que­sti ulti­mi inte­gra­no e det­ta­glia­no il più gene­ra­le obbli­go di soc­cor­so in mare san­ci­to, ad esem­pio, sia nel­la Con­ven­zio­ne SOLAS («Il coman­dan­te di una nave in navi­ga­zio­ne che rice­ve un segna­le da qual­sia­si pro­ve­nien­za indi­can­te che una nave o un aereo o loro natan­ti super­sti­ti si tro­va­no in peri­co­lo, è obbli­ga­to a recar­si a tut­ta velo­ci­tà all’assistenza del­le per­so­ne in peri­co­lo») che dal­la Con­ven­zio­ne UNCLOS («Ogni Sta­to deve esi­ge­re che il coman­dan­te di una nave che bat­te la sua ban­die­ra, nel­la misu­ra in cui gli sia pos­si­bi­le adem­pie­re sen­za met­te­re a repen­ta­glio la nave, l’e­qui­pag­gio o i pas­seg­ge­ri: a) pre­sti soc­cor­so a chiun­que sia tro­va­to in mare in con­di­zio­ni di peri­co­lo; b) pro­ce­da quan­to più velo­ce­men­te è pos­si­bi­le al soc­cor­so del­le per­so­ne in peri­co­lo, se vie­ne a cono­scen­za del loro biso­gno di aiu­to, nel­la misu­ra in cui si può ragio­ne­vol­men­te aspet­ta­re da lui tale iniziativa»).

Le suc­ces­si­ve stra­ti­fi­ca­zio­ni, rac­col­te sul sito del­la IMO, ven­go­no così spie­ga­te dal­la stes­sa orga­niz­za­zio­ne, con par­ti­co­la­re rife­ri­men­to ai migran­ti: «Le per­so­ne in peri­co­lo in mare dovreb­be­ro rice­ve­re tut­ta l’assistenza pos­si­bi­le da altre navi nel­le imme­dia­te vici­nan­ze, inclu­si coman­dan­ti, equi­pag­gi, gover­ni costie­ri e auto­ri­tà di ter­ra e da par­te di tut­ti gli atto­ri coin­vol­ti nel set­to­re dei tra­spor­ti marit­ti­mi, per esse­re sal­va­te e fat­te sbar­ca­re pron­ta­men­te in un luo­go sicu­ro e per rice­ve­re un equo trat­ta­men­to una vol­ta a ter­ra. Fin­ché l’esodo dei migran­ti con­ti­nue­rà in diver­se par­ti del mon­do e la neces­si­tà di pre­sta­re soc­cor­so a per­so­ne diven­te­rà più evi­den­te, come nel caso di dispe­ra­ti rifu­gia­ti che viag­gia­no in con­di­zio­ni di insi­cu­rez­za, la IMO è impe­gna­ta nel coo­pe­ra­re in tut­ti i modi pos­si­bi­li per crea­re una cor­ni­ce inter­na­zio­na­le che inco­rag­gi gli Sta­ti e l’intero set­to­re dei tra­spor­ti marit­ti­mi a for­ni­re assi­sten­za a per­so­ne in peri­co­lo in mare e a por­tar­le in un luo­go sicu­ro, ridu­cen­do il rischio di per­de­re vite in inci­den­ti marittimi».

In par­ti­co­la­re, una cir­co­la­re dell’IMO del 22 gen­na­io 2009 entra nel det­ta­glio per for­ni­re un qua­dro nor­ma­ti­vo il più chia­ro pos­si­bi­le, con par­ti­co­la­re atten­zio­ne a quel­lo che abbia­mo chia­ma­to “luo­go sicu­ro” di appro­do, indi­vi­duan­do alcu­ni principi:

  • Le ope­ra­zio­ni vol­te ad accer­ta­re lo sta­tus giu­ri­di­co del­le per­so­ne trat­te in sal­vo devo­no esse­re svol­te una vol­ta che que­ste sono sta­te sbar­ca­te in un luo­go sicu­ro;
  • Il coman­dan­te dovreb­be nor­mal­men­te faci­li­ta­re que­sto pro­ces­so chie­den­do nome, età, infor­ma­zio­ni sul­le con­di­zio­ni medi­che e sanitarie;
  • Se una per­so­na espri­me il desi­de­rio di chie­de­re asi­lo, deve esse­re data mol­ta impor­tan­za alla sua sicu­rez­za. Di con­se­guen­za, nel comu­ni­ca­re que­sta infor­ma­zio­ne, la stes­sa non deve esse­re con­di­vi­sa con il pae­se di ori­gi­ne o con altri pae­si nei qua­li la sua sicu­rez­za potreb­be esse­re mes­sa a rischio.

 

Come avvengono i salvataggi

«Il com­pi­to di assi­cu­ra­re l’or­ga­niz­za­zio­ne effi­cien­te dei ser­vi­zi di ricer­ca e sal­va­tag­gio nel­l’am­bi­to del­l’in­te­ra regio­ne di inte­res­se ita­lia­no sul mare, che si esten­de ben oltre i con­fi­ni del­le acque ter­ri­to­ria­li», si leg­ge sul sito del­la Guar­dia Costie­ra, è affi­da­to al «Coman­do Gene­ra­le del Cor­po del­le Capi­ta­ne­rie di por­to», quin­di alla Guar­dia Costie­ra stes­sa, che «assu­me le fun­zio­ni di IMRCC (Ita­lian Mari­ti­me Rescue Coor­di­na­tion Cen­tre), Cen­tro Nazio­na­le di Coor­di­na­men­to del Soc­cor­so Marit­ti­mo». La Guar­dia Costie­ra ope­ra con mez­zi pro­pri e, allo stes­so tem­po, coor­di­na le ope­ra­zio­ni con­dot­te da altre navi che doves­se­ro tro­var­si in mare, qual­sia­si sia­no le ragio­ni del­la navigazione.

Imma­gi­ni del­la Guar­dia Costiera.

In que­sto con­te­sto sta facen­do mol­to discu­te­re l’iniziativa intra­pre­sa da alcu­ne ONG che navi­ga­no nel Medi­ter­ra­neo Cen­tra­le, muo­ven­do­si in par­ti­co­lar modo all’interno del­la zona SAR (Search and Rescue), aven­ti – di fat­to – l’obiettivo esclu­si­vo di com­pie­re ope­ra­zio­ni di sal­va­tag­gio: Save the Chil­dren, Medi­ci Sen­za Fron­tie­re, Sos Medi­ter­ra­née, Sea watch foun­da­tion, Sea eye, Life boat, Jugend Ret­tet e Proac­ti­va open arms, per un tota­le di imbar­ca­zio­ni che varia tra le otto e le tredici.

Pri­ma di esse­re navi con­dot­te da del­le ONG, però, dob­bia­mo ricor­da­re che sono sem­pli­ce­men­te del­le moto­na­vi, quin­di sot­to­po­ste come tut­te le moto­na­vi al dirit­to del mare. «I limi­ti d’a­zio­ne nel mare cosid­det­to ter­ri­to­ria­le (ossia entro le 12 miglia) – spie­ga l’avvocato Fran­ce­sco Del Freo, esper­to di dirit­to marit­ti­mo e pena­le trans­na­zio­na­le – sono quel­li espli­ci­ta­ti anche dall’articolo 17 del­la con­ven­zio­ne di Mon­te­go Bay del 1982, sin­te­tiz­za­bi­li nel dirit­to di pas­sag­gio inof­fen­si­vo, ossia quel pas­sag­gio con­ti­nuo e rapi­do ini­do­neo ad arre­ca­re minac­cia alla pace e alla sicu­rez­za del­lo Sta­to costie­ro. Il coman­dan­te di nave è obbli­ga­to, ai sen­si dell’articolo 1158 del Codi­ce del­la navi­ga­zio­ne, ad assi­ste­re navi o per­so­ne in peri­co­lo, ovve­ro a ten­ta­re il sal­va­tag­gio, giac­ché sia la Con­ven­zio­ne di Lon­dra all’articolo 10 che il nostro Codi­ce pena­le impon­go­no tale obbli­go, pena incor­re­re in un rea­to puni­to con la pena di reclu­sio­ne dai tre agli otto anni qua­lo­ra dall’omissione deri­vas­se la mor­te. In zona SAR (Search and Rescue) ovvia­men­te si deve ope­ra­re sot­to il con­trol­lo e seguen­do le istru­zio­ni del IMRCC di Roma e cioè del­la Guar­dia Costie­ra, auto­ri­tà dele­ga­ta dall’ordinamento al coor­di­na­men­to del­le ope­ra­zio­ni di soc­cor­so in mare».

Dal docu­men­ta­rio “Trac­ce liqui­de. Il caso del­la left-to-die boat”, dispo­ni­bi­le clic­can­do sull’immagine.

«Dia­mo una mano – spie­ga Ric­car­do Gat­ti, diret­to­re del­le ope­ra­zio­ni di bor­do di Proac­ti­va — a fare esat­ta­men­te le stes­se cose che la Guar­dia Costie­ra fa da ven­ti­cin­que anni su que­sta rot­ta e lo fac­cia­mo sot­to il suo esclu­si­vo e com­ple­to coor­di­na­men­to». Le navi del­le ONG comu­ni­ca­no la pro­pria posi­zio­ne, rot­ta e velo­ci­tà a Roma ogni quat­tro duran­te il gior­no e ogni due ore duran­te la not­te. «Quan­do vie­ne loca­liz­za­to un tar­get, soli­ta­men­te da Roma, e non si sa anco­ra se sia un gom­mo­ne o un bar­co­ne, l’IMRCC deci­de se invia­re una imbar­ca­zio­ne o del­la Guar­dia Costie­ra o del­la ONG». Una vol­ta attua­te le ope­ra­zio­ni di sal­va­tag­gio, la nave cari­ca di per­so­ne fa rot­ta ver­so l’Italia, sem­pre in manie­ra coor­di­na­ta con la Guar­dia Costie­ra: il por­to di sbar­co vie­ne deci­so dal Mini­ste­ro dell’Interno». Ter­mi­na­to lo sbar­co, la nave tor­na nel­la zona SAR.

«Non ci adden­tria­mo mai – pro­se­gue Gat­ti – nel­le acque ter­ri­to­ria­li libi­che, a meno che non ci sia un nau­fra­gio: se c’è un nau­fra­gio il dirit­to marit­ti­mo obbli­ga qual­sia­si imbar­ca­zio­ne a diri­ger­si sul luo­go nel­la manie­ra più rapi­da pos­si­bi­le. E’ capi­ta­to per­ciò di adden­trar­ci nel­le acque libi­che, ma a que­ste con­di­zio­ni, e coor­di­na­ti dal­la Guar­dia Costie­ra di Tri­po­li, anche se esi­ste comun­que una auto­riz­za­zio­ne impli­ci­ta e con­sue­tu­di­na­ria». «Per quan­to riguar­da le acque libi­che – aggiun­ge Del Freo – stia­mo toc­can­do un pun­to cri­ti­cis­si­mo, nel sen­so che la Libia ha con­clu­so più memo­ran­dum per argi­na­re o regi­ma­re la pro­ble­ma­ti­ca, ma spes­so que­sti memo­ran­dum sono resi ino­pe­ra­ti­vi dagli stes­si libi­ci (si veda il caso recen­te­men­te sol­le­va­to dall’avvocatessa Azza Maghur rispet­to al memo­ran­dum tra Ita­lia e Libia)». Di con­se­guen­za la doman­da è: le ONG pos­so­no ope­ra­re in que­sto modo? «Sì, pos­so­no, pur non essen­do chia­ris­si­me le rego­le di ingag­gio, rifa­cen­do­si alle con­ven­zio­ni inter­na­zio­na­li e al coor­di­na­men­to del­la Guar­dia Costie­ra ita­lia­na, e a con­di­zio­ne che vi sia la neces­si­tà di ope­ra­re, e quin­di a fron­te del biso­gno di soc­cor­so e quin­di una situa­zio­ne di peri­co­lo: in que­sto caso devo­no far­lo. Non pos­so­no inve­ce sosta­re in acque ter­ri­to­ria­li libi­che dove il gover­no libi­co aves­se san­ci­to una sospen­sio­ne del dirit­to di tran­si­to per ragio­ni di sicurezza».

Rifa­cen­do­ci, quin­di, anche alla nor­ma­ti­va ita­lia­na, il Codi­ce del­la Navi­ga­zio­ne reci­ta, agli arti­co­li 69 e 70, che «L’au­to­ri­tà marit­ti­ma, che abbia noti­zia di una nave in peri­co­lo ovve­ro di un nau­fra­gio o di altro sini­stro, deve imme­dia­ta­men­te prov­ve­de­re al soc­cor­so e, quan­do non abbia a dispo­si­zio­ne né pos­sa pro­cu­rar­si i mez­zi neces­sa­ri, deve dar­ne avvi­so alle altre auto­ri­tà che pos­sa­no util­men­te inter­ve­ni­re», nel caso, ordi­nan­do «che le navi che si tro­va­no nel por­to o nel­le vici­nan­ze sia­no mes­se a loro dispo­si­zio­ne con i rela­ti­vi equi­pag­gi».

 

La questione dell’indagine della procura di Catania

La pro­cu­ra di Cata­nia ha aper­to da alcu­ne set­ti­ma­ne una inda­gi­ne cono­sci­ti­va sull’operato del­le ONG. Il pro­cu­ra­to­re Car­me­lo Zuc­ca­ro si è doman­da­to, duran­te una recen­te sedu­ta del­la Com­mis­sio­ne Schen­gen, se sia «con­sen­ti­to a orga­niz­za­zio­ni pri­va­te sosti­tuir­si a for­ze poli­ti­che e alla volon­tà del­le Nazio­ni. Le Ong non inse­guo­no pro­fit­ti pri­va­ti, ma si ren­do­no respon­sa­bi­li del­la vio­la­zio­ne dell’art. 12 del­la Bos­si-Fini? Appe­na si veri­fi­che­rà uno di que­sti casi io apri­rò un’inchiesta, per favo­reg­gia­men­to dell’immigrazione clan­de­sti­na. Per­ché si può dubi­ta­re del fat­to che si sce­glie sem­pre il por­to d’approdo e si por­ta­no in Ita­lia migran­ti che non dovreb­be­ro arri­va­re». Secon­do Zuc­ca­ro «la con­ven­zio­ne di Gine­vra impo­ne di por­ta­re le per­so­ne soc­cor­se in mare nel por­to più vici­no, e que­sto non avvie­ne». Le ope­ra­zio­ni del­le ONG ren­de­reb­be­ro inol­tre «inu­ti­li le inda­gi­ni sui faci­li­ta­to­ri del­le orga­niz­za­zio­ni cri­mi­na­li. Dob­bia­mo regi­stra­re una sor­ta di scac­co che la pre­sen­za di Ong pro­vo­ca all’atti­vi­tà di con­tra­sto degli orga­niz­za­to­ri del traf­fi­co di migran­ti». Infi­ne, secon­do Zuc­ca­ro, «la mafia non è inte­res­sa­ta diret­ta­men­te dal traf­fi­co di migran­ti, se non indi­ret­ta­men­te e in manie­ra mar­gi­na­le nel capo­ra­la­to, per­ché agi­sce dove ci sono i gran­di flus­si finan­zia­ri, come quel­li per i cen­tri di accoglienza».

 

La questione dei costi

«A bor­do del­la Gol­fo Azzur­ro – spie­ga Gat­ti – ci sono quin­di­ci volon­ta­ri come equi­pag­gio più tre per­so­ne di equi­pag­gio del­la Gol­fo Azzur­ro, quin­di un tota­le di diciot­to per­so­ne». L’affitto del­la Gol­fo Azzur­ro costa 1.200 euro al gior­no. Nel 2016, fino al 30 set­tem­bre, la ONG ha rac­col­to con­tri­bu­ti per 2,1 milio­ni di euro. Il 96% di que­sti pro­ven­go­no da dona­zio­ni pri­va­te di oltre 16.500 per­so­ne e il 4% rima­nen­te da orga­niz­za­zio­ni e ammi­ni­stra­zio­ni loca­li. Alla stes­sa data i costi soste­nu­ti sono sta­ti pari a 1,4 milio­ni di euro. Il 95% dei costi sono dovu­ti a azio­ni diret­te di sal­va­tag­gio e il rima­nen­te 5% a spe­se orga­niz­za­ti­ve e inve­sti­men­ti sul­la comunicazione.

Fon­te: proactivaopenarms.org

La questione del porto di approdo

Per quan­to riguar­da il por­to di sbar­co, sia Gat­ti che Del Freo sono d’accordo nel soste­ne­re che mol­to più del­la vici­nan­za geo­gra­fi­ca con­ta la sicu­rez­za che il luo­go può garan­ti­re alle per­so­ne trat­te in sal­vo, con una par­ti­co­la­re atten­zio­ne alla con­di­zio­ne giu­ri­di­ca di que­ste ulti­me e in par­ti­co­la­re alla pos­si­bi­li­tà che mani­fe­sti­no l’intenzione di richie­de­re asi­lo. Ecco per­ché sareb­be ille­git­ti­mo ripor­ta­re dei richie­den­ti asi­lo che scap­pa­no dal­la Libia in Libia. Ma anche in Tuni­sia, rite­nu­ta da entram­bi i nostri inter­lo­cu­to­ri un por­to non sicu­ro, come d’altra par­te ripor­ta anche la Far­ne­si­na, attra­ver­so il sito Viaggiaresicuri.it: «Negli ulti­mi due anni, dopo gli attac­chi ter­ro­ri­sti­ci del 2015 a dan­no di turi­sti occi­den­ta­li nel Museo del Bar­do a Tuni­si e in una spiag­gia di Sousse/Port El Kan­taoui, le auto­ri­tà tuni­si­ne han­no adot­ta­to nuo­ve misu­re anti­ter­ro­ri­sti­che nel­la capi­ta­le e nel resto del Pae­se. Le for­ze arma­te e di poli­zia pre­si­dia­no i siti sen­si­bi­li. Lo sta­to di emer­gen­za decre­ta­to nel 2015 è sta­to pro­ro­ga­to in varie occa­sio­ni e da ulti­mo rin­no­va­to fino al 16 mag­gio 2017. Le prin­ci­pa­li arte­rie stra­da­li nel Pae­se e nel­la capi­ta­le sono sog­get­te ad un’elevata sor­ve­glian­za, anche attra­ver­so posti di bloc­co, da par­te di per­so­na­le in divi­sa ed in bor­ghe­se al qua­le è oppor­tu­no pre­sta­re la mas­si­ma col­la­bo­ra­zio­ne. Sono fre­quen­ti le ope­ra­zio­ni di poli­zia fina­liz­za­te allo sman­tel­la­men­to di cel­lu­le ter­ro­ri­sti­che e alla requi­si­zio­ne di armi. Cio­no­no­stan­te la Tuni­sia resta espo­sta al rischio ter­ro­ri­smo». Un pae­se non esat­ta­men­te sicu­ro per chi, maga­ri, scap­pa dal­la per­se­cu­zio­ni di cel­lu­le ter­ro­ri­sti­che in patria.

 

La questione della bandiera

Ogni imbar­ca­zio­ne che navi­ga deve neces­sa­ria­men­te ave­re una “pater­ni­tà”, inte­sa come appar­te­nen­za a uno Sta­to ter­ri­to­ria­le. Su que­sta appar­te­nen­za si inne­sta­no regi­mi legi­sla­ti­vi e fisca­li. Di con­se­guen­za, die­tro alla scel­ta di opta­re per pae­si “eso­ti­ci” ci sono ragio­ni di ordi­ne fisca­le e la volon­tà di tener­si lon­ta­ni da legi­sla­zio­ni che potreb­be­ro esse­re più stringenti.

 

La questione degli approdi e dei morti in mare

Nei pri­mi tre mesi del 2017 sono appro­da­te (Mini­ste­ro dell’Interno) nel nostro pae­se 22.297 per­so­ne. Negli anni pre­ce­den­ti, a par­ti­re dal 2016, nel­lo stes­so perio­do sono appro­da­te 18.777, 10.165, 10.965 per­so­ne. Si regi­stra per­ciò un incre­men­to degli appro­di su suo­lo ita­lia­no.

Negli stes­si mesi, però, gli appro­di su suo­lo euro­peo (UNHCR) sono sta­ti 29.758 nel 2017, 171.132 nel 2016, 23.245 nel 2015 e 14513 nel 2014. A livel­lo euro­peo regi­stria­mo un dra­sti­co calo nel 2017 rispet­to al 2016, che ripor­ta il dato pros­si­mo a quel­lo del 2015.

Più che un aumen­to straor­di­na­rio degli appro­di in Ita­lia dovu­to all’operatività del­le ONG assi­stia­mo a una ridu­zio­ne a livel­lo euro­peo che si asso­cia a una rimo­du­la­zio­ne dei flus­si, per la qua­le non pos­sia­mo scor­da­re l’accordo tra UE e Tur­chia per sigil­la­re la rot­ta dal­la Grecia.

Fon­te: UNHCR

Le sta­ti­sti­che ci rac­con­ta­no anche dell’aumento nel nume­ro dei mor­ti: «cer­to, per­ché è aumen­ta­ta l’attenzione, sono aumen­ta­ti gli occhi – dichia­ra Gat­ti -. Pri­ma dell’entrata in azio­ne del­le ONG non pote­va­mo sape­re con cer­tez­za quan­ti mor­ti c’erano: da quan­do ope­ria­mo, tra Guar­dia Costie­ra e ONG sia­mo inve­ce riu­sci­ti a inter­cet­ta­re tut­ti i tar­get che han­no invia­to richie­ste di soc­cor­so, il che ovvia­men­te non esclu­de mor­ti». E d’altra par­te, la tra­ver­sa­ta del Medi­ter­ra­neo Cen­tra­le è mol­to più rischio­sa che la tra­ver­sa­ta da Tur­chia a Gre­cia. Se Lesbo dista pochi chi­lo­me­tri dal­le coste tur­che, Lam­pe­du­sa dista cir­ca 300 chi­lo­me­tri dal­la Libia: un for­tis­si­mo richia­mo alle poli­ti­che ita­lia­ne e euro­pee e alla neces­si­tà di costrui­re cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, al posto di muri fisi­ci e poli­ti­ci.

 

[1] Con­for­ti B., Dirit­to Inter­na­zio­na­le, Edi­to­ria­le Scien­ti­fi­ca, Napo­li, 2006

[2] Con­for­ti B., Dirit­to Inter­na­zio­na­le, Edi­to­ria­le Scien­ti­fi­ca, Napo­li, 2006[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.