Come il governo sta aprendo le porte alle politiche migratorie della peggior destra

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1491833281885{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Chi vive a cer­te lati­tu­di­ni si ricor­da bene i tem­pi in cui, dal gover­no del­le regio­ni fino alle ammi­ni­stra­zio­ni loca­li dei più pic­co­li comu­ni del­la val­li alpi­ne, espo­nen­ti leghi­sti e for­zi­sti attua­va­no le pro­prie poli­ti­che a suon di ordi­nan­ze e di discri­mi­na­zio­ni. Era­no i tem­pi del­le ordi­nan­ze anti-kebab, del­le ordi­nan­ze con­tro le inse­gne etni­che, del­le ordi­nan­ze con­tro i sen­za­tet­to. Ma era­no anche i tem­pi di poli­ti­che regio­na­li che segna­va­no sepa­ra­zio­ni etni­che (raz­zia­li?) nell’accesso a ser­vi­zi fon­da­men­ta­li per la garan­zia dei dirit­ti del­la per­so­na (cfr. Regio­ne Stra­nie­ra, 2009).

Era­no gli stes­si tem­pi in cui depu­ta­ti e sena­to­ri del cen­tro­si­ni­stra, così come l’ultimo dei con­si­glie­ri comu­na­li di cen­tro­si­ni­stra, denun­cia­va­no la vio­la­zio­ne tra­mi­te atti ammi­ni­stra­ti­vi di dirit­ti costi­tu­zio­nal­men­te san­ci­ti, e in cui il cen­tro­si­ni­stra pro­po­ne­va una visio­ne diver­sa, poli­ti­ca e cul­tu­ra­le, non solo del­le migra­zio­ni, ma anche del­la sicu­rez­za e dell’inclusione socia­le. Alle ron­de pada­ne (ve le ricor­da­te, le ron­de pada­ne?) in tan­ti rispon­de­va­mo con la riqua­li­fi­ca­zio­ne dei quar­tie­ri (in tan­ti, ma non tut­ti: c’era qual­cu­no che già allo­ra par­la­va di “ron­de demo­cra­ti­che”) e ci impe­gna­va­mo per con­tra­sta­re la reto­ri­ca leghi­sta e i luo­ghi comu­ni sull’immigrazione (cfr. Man­dia­mo­li a casa, i luo­ghi comu­ni, e le boz­ze in .pdf, 2010 e Nes­sun Pae­se è un’i­so­la, 2016), che pro­prio in que­gli anni han­no get­ta­to le basi per la costru­zio­ne di una visio­ne del mon­do che vede nell’immigrato la cau­sa di tut­ti i mali. Ed ecco per­ciò l’insistere sul­la paro­la “clan­de­sti­no” e il col­le­ga­to rea­to di ingres­so e sog­gior­no irre­go­la­re (sem­pli­fi­ca­to in “rea­to di clan­de­sti­ni­tà”, appun­to), i rim­pa­tri, i CIE, gli accor­di con la Libia, i respin­gi­men­ti. La reto­ri­ca dell’invasione.

E’ su que­sta onda­ta di intol­le­ran­za che la coa­li­zio­ne di cen­tro­si­ni­stra che si pre­sen­ta­va alle ele­zio­ni poli­ti­che del 2013, scri­ven­do che il pri­mo atto che avreb­be com­piu­to sareb­be sta­to quel­lo di pre­ve­de­re per leg­ge che ogni bam­bi­no nato e cre­sciu­to in Ita­lia avreb­be avu­to la cit­ta­di­nan­za ita­lia­na. Non è sta­to il pri­mo atto di alcu­no dei tre gover­ni che fino­ra han­no carat­te­riz­za­to que­sta legi­sla­tu­ra. E non sarà nem­me­no l’ultimo, se pen­sia­mo che il testo di rifor­ma del­la cit­ta­di­nan­za – bloc­ca­to al Sena­to – intro­du­ce uno ius soli mol­to tem­pe­ra­to e cioè fon­da­to sul red­di­to dei geni­to­ri. E non sarà di cer­to que­sta una legi­sla­tu­ra che por­te­rà quel cam­bia­men­to cul­tu­ra­le e nor­ma­ti­vo che tan­ti ci augu­ra­va­mo all’inizio di que­sta sto­ria.

Alla man­ca­ta intro­du­zio­ne di uno ius soli “pie­no” si som­ma­no, infat­ti, la man­ca­ta rifor­ma del­la leg­ge Bos­si-Fini, che attra­ver­so irrea­li­sti­ci mec­ca­ni­smi di ingres­so e di espul­sio­ne non è altro che una fab­bri­ca di irre­go­la­ri­tà, e la man­ca­ta can­cel­la­zio­ne del rea­to di ingres­so e sog­gior­no irre­go­la­re nono­stan­te la dele­ga appro­va­ta dal Par­la­men­to, rite­nu­to ormai da tut­ti un rea­to inu­ti­le e capa­ce sola­men­te di ingol­fa­re i lavo­ri del­la giustizia.

A tut­te que­ste man­can­ze si som­ma­no ini­zia­ti­ve nor­ma­ti­ve che fan­no invi­dia alle poli­ti­che leghi­ste richia­ma­te in pre­ce­den­za: la stret­ta sui rim­pa­tri degli irre­go­la­ri, accor­di con il gover­no (uno dei) libi­co per impe­di­re le par­ten­ze e ester­na­liz­za­re gestio­ne di con­fi­ni e rifu­gia­ti a un pae­se che non ha sot­to­scrit­to la Con­ven­zio­ne di Gine­vra (non è un caso che nel memo­ran­dum ricor­ra con pau­ro­sa siste­ma­ti­ci­tà il ter­mi­ne “clan­de­sti­ni”), accor­di con le tri­bù libi­che con le stes­se fina­li­tà, l’eli­mi­na­zio­ne di un gra­do di giu­di­zio per i richie­den­ti asi­lo e la sop­pres­sio­ne di alcu­ne garan­zie pro­ce­du­ra­li, la ria­per­tu­ra dei CIE sot­to fal­so nome, l’istituzionalizzazione del­la lot­ta ai pove­ri a mez­zo di ordi­nan­ze sin­da­ca­li. La per­du­ran­te espor­ta­zio­ne di armi con le qua­li l’Arabia Sau­di­ta bom­bar­da lo Yemen – pae­se col­pi­to non solo dal­le bom­be, ma anche da una gra­vis­si­ma cri­si ali­men­ta­re — in spre­gio alla leg­ge italiana.

Il lavo­ro spor­co, insom­ma, l’ha fat­to il Par­ti­to Demo­cra­ti­co, quel­lo stes­so par­ti­to che si pro­po­ne­va di intro­dur­re lo ius soli come pri­mo atto gover­na­ti­vo. E l’ha fat­to caval­can­do la reto­ri­ca leghi­sta e raz­zi­sta, dal “non pos­sia­mo acco­glier­li tut­ti” (ma tut­ti chi?), ai “pat­ti di san­gue” tra gover­no e tri­bù libi­che, amman­tan­do­la di un’aura di serie­tà e rigo­re che per­met­te alla peg­gior destra di dire che «sì, va bene, ma non è abba­stan­za», e allo­ra biso­gna esse­re più bru­ta­li e spie­ta­ti, e lasciar affo­ga­re i migran­ti in mare, piut­to­sto che sal­var­li.

Ecco per­ché Min­ni­ti, insie­me a colo­ro che sono inca­pa­ci di muo­ve­re alme­no una timi­da cri­ti­ca a quan­to fat­to in que­sta legi­sla­tu­ra, sarà respon­sa­bi­le dell’ulteriore sci­vo­la­men­to ver­so il cat­ti­vi­smo e la con­se­guen­te discri­mi­na­zio­ne di chi ha la pel­le di un colo­re diver­so, di una socie­tà più chiu­sa, inca­pa­ce di dare il ben­ve­nu­to a per­so­ne che scap­pan dal­la guer­ra ma che esul­ta per il rim­pa­trio di qua­ran­ta per­so­ne in Sudan, sul cui pre­si­den­te pen­de un man­da­to d’arresto inter­na­zio­na­le per cri­mi­ni di guer­ra, cri­mi­ni con­tro l’umanità e geno­ci­dio. Noi ci schie­ria­mo dall’altra par­te: la par­te dei dirit­ti uma­ni, del­la costru­zio­ne del­la con­vi­ven­za, la par­te di chi ripu­dia la guer­ra e la vio­len­za. Sem­pre dal­la stes­sa parte.

Giu­sep­pe Civati

Ste­fa­no Cato­ne[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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