[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1495712039972{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Nella politica dei bonus a pioggia è finito anche il sistema di accoglienza, come se non fosse sufficiente la mancanza di trasparenza che già caratterizza la gestione straordinaria.
In queste ore giungono infatti notizie di comuni che stanno ricevendo 500 euro per ciascuna persona ospitata in centri di accoglienza che ricadono sul proprio territorio. «Bene — penserà qualcuno — finalmente delle risorse per chi decide di fare accoglienza!». E invece male, malissimo. La misura prevista dal governo ha due limiti: un limite strutturale e un enorme limite strategico.
Il limite strutturale consiste nel fatto che si tratta di uno stanziamento una tantum, pari a 100 milioni di euro, erogato sulla base delle presenze registrate nel 2016 e fino a esaurimento del fondo (art. 12, comma 2, decreto 193/2016). E’ una misura pensata perciò solamente per la scorsa annualità, senza alcuna garanzia sulla sua riproposizione.
Il limite strategico è ben più grave. Da una politica che dovrebbe porsi l’obiettivo di superare il sistema emergenziale di accoglienza che copre l’80% dei posti (quello dei centri straordinari di gestione prefettizia, rispetto ai quali vige troppo spesso una assoluta mancanza di trasparenza, col rischio sempre dietro l’angolo dell’esplosione dell’ennesimo scandalo) per indirizzare gli enti locali verso la scelta di aderire al sistema istituzionale di accoglienza (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati, Sprar, cui i comuni possono aderire solo su base volontaria) che offre maggiori garanzie sia rispetto alla gestione dei famosi 35 euro che rispetto alle prospettive di inclusione sociale dei rifugiati, ci si aspetterebbe l’elaborazione di criteri che promuovano e premino l’adesione degli enti locali allo Sprar.
E invece no. Il successivo decreto attuativo (30 dicembre 2016) stabilisce i criteri di ripartizione, tra i quali che il «95% del Fondo pari a 95 milioni di euro» sia destinato ai «comuni che accolgono richiedenti protezione nelle strutture realizzate ai sensi degli articoli 9, 11 e 14 del decreto legislativo n. 142 del 18 agosto 2015». E quali sono queste strutture? Sono tutte: centri di prima accoglienza, centri di accoglienza straordinaria disposti dal prefetto, e centri appartenenti allo Sprar. In pratica, stiamo distribuendo anche ai comuni che non hanno scelto di fare accoglienza, ma cui la scelta è stata imposta o addirittura subita dalla gestione in capo al Prefetto, migliaia di euro, con l’unico scopo di poter dire «ehi, visto? Ci hanno mandato gli immigrati però ci hanno mandato anche una quindicina di migliaia di euro per rifare i marciapiedi!». Senza nessun fine “successivo”, come poteva essere quello perseguito premiando i soli comuni che hanno deciso di assumersi delle responsabilità e gestire, insieme al terzo settore, la propria parte di accoglienza, in una maniera rendicontata e intelligente. Invece no, premiamo tutti, con una mancetta che prescinde da responsabilità e qualità. Anzi: premiamo anche chi, dei migranti, non vede l’ora di disfarsene.
Dal governo dei bonus, d’altra parte, non potevamo aspettarci che questo. E non venite a spiegarci, ancora una volta, che i populisti sarebbero altri.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]