L’ultima cosa che era rimasta ed era usata parecchio strumentalmente dal Pd per spiegare la differenza fondamentale con il M5s era la politica sull’immigrazione.
Ora, sappiamo che c’erano stati i decreti di Minniti e Orlando (che nel Pd sarebbe la sinistra, per capire le proporzioni del disastro), però la deriva del M5s sui taxi del mare e sullo ius soli aveva impressionato molti e ci piaceva pensare che oltre a noi il Pd resistesse. Strumentalmente, dicevo, ma resistesse.
Da oggi, in ragione di un risultato di elezioni amministrative considerate di poco conto fino al ballottaggio, il segretario del Pd espone le proprie preoccupazioni per il «multiculturalismo» e parla per la prima volta di «identità» e «invasione» e che «i numeri non sono sostenibili» ed è un dover prendere atto che l’opinione pubblica è «esasperata».
Gli zelanti democratici avevano parlato di fasciogrillismo fino a ieri. Se questa è la piega che intende prendere il loro partito, gli toccherà fare di ogni erba un fascio. Che comprende anche loro.