[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1498720814522{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]L’ultima grande trovata è il blocco navale. In realtà non è una trovata “ultima” e nemmeno “grande” (se non nelle conseguenze), nel senso che noti esponenti della destra italiana avanzano da tempo la stessa proposta, e ora la rivendicano e rilanciano:
Simone Di Stefano (CasaPound) ha ragione, nel senso che imporre un blocco navale è una misura militare, che prevede l’uso della forza (rif. Statuto delle Nazioni Unite, art. 42 e San Remo Manual, art. 93 e segg.). Un blocco navale, infatti, per essere tale deve essere effettivo, e per essere effettivo deve poter prevedere la possibilità di utilizzare la forza contro coloro che tentano di forzarlo.
Sostenendo che l’Italia imporrà un blocco navale stiamo sostenendo esattamente questo: la possibilità di ricorrere all’uso della forza contro navi di ONG che hanno soccorso richiedenti asilo in mare. Una misura di guerra che viola, tra l’altro, un principio fondamentale del diritto internazionale, e cioè il divieto di respingimento collettivo.
Ma come siamo arrivati a questa situazione paradossale, in cui dal Partito Democratico a CasaPound ci si trova a sostenere una misura folle?
Ci siamo arrivati dopo che per mesi ci è stata raccontata la proverbiale efficacia delle iniziative del ministro Marco Minniti, impegnato in una campagna d’Africa per bloccare le partenze. Che i migranti fossero “troppi”, infatti, il governo lo sostiene da diversi mesi e, sulla base di questo assunto, ha siglato un accordo con il (o meglio: uno dei) governo libico e un altro accordo (raccontato sulla stampa come “un patto di sangue”) con alcune tribù al confine sud della Libia. Lo scopo dichiaratissimo era quello di bloccare le partenze sigillando i confini e delegando alle autorità libiche la responsabilità di effettuare respingimenti di massa.
Tutte misure che, come abbiamo ampiamente raccontato, correvano il forte rischio di rivelarsi sia irrispettose dei diritti umani che inefficaci e che, puntualmente, lo si sono rivelate, tanto che ora il governo è costretto a rilanciare con una proposta estremamente demagogica e populista che però potrebbe essere solamente una carta negoziale da giocare in Europa, al costo dello scivolamento sempre più a destra del dibattito pubblico.
Uno scivolamento che prosegue inesorabile, come dimostrano anche le recenti dichiarazioni del segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, secondo il quale “i numeri non sono più sostenibili” ed è quindi “un dovere prendere atto che l’opinione pubblica è esasperata”. “I nostri figli staranno in una società sicuramente multietnica, ma io non so se sperare anche multiculturale, nel senso che ho voglia dell’incontro con le culture altrui ma voglio difende la cultura che anima questo territorio. La sinistra deve prendere atto che la parola identità è bella e positiva e non è il contrario della parola integrazione. L’identità è anzi il presupposto dell’integrazione”. “Se non hai un’identità, non integri, sei invaso”.
Salvini e Di Stefano, ovviamente, ringraziano. E si preparano a incassare.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]