In queste ore Angelo Niceta è al trentaseiesimo giorno di sciopero della fame. La sua storia è, ancora una volta, quella di un uomo che ha coraggiosamente deciso di denunciare affari mafiosi (in questo caso andando anche contro alcuni componenti della sua famiglia) e si è ritrovato senza protezione e senza supporto da parte delle istituzioni. Solo due giorni fa il Procuratore di Palermo Lo Voi e il PG Roberto Scarpinato hanno provveduto a inoltrare una nuova richiesta di ammissione al programma speciali misure di protezione in qualità di Testimone di Giustizia per Niceta, nonostante nei mesi scorsi Niceta si sia “ritrovato” inspiegabilmente inquadrato come collaboratore di giustizia.
È l’ennesimo caso di una gestione dissennata da parte del Ministero dell’Interno che, sui testimoni di giustizia come per i collaboratori, sta dimostrando un allarmante disinteresse che, mai come oggi, sta allarmando e sfiduciando chi si assume le responsabilità di denunciare.
Chiediamo che chi di dovere si mobiliti quanto prima per ripristinare la sicurezza a Angelo Niceta e che questo possa essere il primo passo di una nuova sensibilità e attenzione per un tema che non ha bisogno né di retorica né di proclami ma di azioni e risposte che siano concrete e veloci.
Non ci può essere quella “rivoluzione culturale contro la mafia” che auspicava Paolo Borsellino in un Paese che non ha cura di chi si espone in prima persona affidando la propria vita e i propri affetti allo Stato.
Ora davvero è arrivato il tempo di alzare la voce, senza tentennamenti, e chiedendo un cambio di passo che non è più rimandabile.