C’è una cosa un po’ urticante ma anche sfidante che spesso ci dicono: “Voi volete il voto degli immigrati!”
E noi rispondiamo: “Sì, vogliamo che gli immigrati che vivono, lavorano, pagano le tasse nel nostro paese abbiano anche il diritto di voto.”
E questo non perché siamo estremisti di sinistra ma perché siamo semplicemente e limpidamente coerenti con il costituzionalismo liberale, che esprime un principio fondamentale: no taxation whithout representation.
Non comprendiamo perché gli studenti stranieri che per esempio pagano le tasse universitarie come i loro colleghi italiani debbano essere esclusi dal voto.
Siamo fedeli al principio di eguaglianza, tanto che ci abbiamo costruito intorno un partito.
Per questo siamo davvero liberi di parlare di diritti e non di privilegi e concessioni.
Siamo pessimisti sulla possibilità di approvazione della legge sullo ius soli (molto) temperato, perché è stata collocata su un binario morto.
Nondimeno dobbiamo continuare con la stessa energia il lavoro e la battaglia culturale sul tema della società multietnica, dei diritti degli italiani senza cittadinanza, che sono usciti dall’invisibilità ed oggi rivendicano giustamente dignità e riconoscimento pubblico.
È un lavoro culturale che i partiti politici hanno smesso di fare da tempo, limitandosi a declinare contenuti e linguaggi in chiave elettorale e non pienamente politica, lasciando i cittadini in balia delle semplificazioni mediatiche, soli con le loro paure, deprivati di informazione e formazione corrette, genuine, imparziali.
Fare questo lavoro culturale e politico insieme significa fare un percorso che, qualunque sia l’esito, ci arricchisce tutti e fa crescere le nostre comunità, da quelle più vicine a noi alla società complessivamente intesa.
E camminare insieme nella stessa direzione è importante perché, come dice un proverbio congolese, le orme di chi cammina insieme non si cancellano mai.
Giuseppe Civati
Andrea Maestri