A Cesare quel che è di Cesare? Fornendo dati sbagliati si tradisce sin dall’inizio lo spirito del convegno, si sarebbe detto a margine dell’iniziativa organizzata dall’Università Europea di Roma sulla fiscalità etica, l’imposizione tributaria e i reati economici, non appena concluso l’intervento della sottosegretaria Maria Elena Boschi. Secondo l’esponente del governo, i risultati della lotta all’evasione fiscale “quest’anno” farebbero toccare la cifra record di 23 miliardi di euro.
Con tutto l’impegno del caso, non potremmo verificare questa cifra neanche scartabellando l’intera base dati del Ministero dell’Economia e Finanza. I risultati noti, pubblici, si fermano infatti alle anticipazioni divulgate a Giugno da Padoan in una conferenza stampa. E riguardavano il 2016, non il 2017. Per l’ufficialità, occorre fra l’altro aspettare l’emissione della Nota di Aggiornamento del DEF, verso fine Settembre.
Le parole di Boschi appaiono quindi un po’ fuori fuoco. In definitiva, i miliardi raccolti dalla riscossione erano 14,9 nel 2015 e 19 nel 2016.
Per correttezza di analisi, dovremmo però distinguere i proventi dall’attività di controllo in senso stretto da quelli derivanti da liquidazione e dai versamenti volontari. Nel 2015 erano 7,7, nel 2016 10,5. Tuttavia, nel computo sono stati conteggiati anche i flussi provenienti dalla voluntary disclosure, pari a 0,2 miliardi nel 2015 e ben 4,1 nel 2016.
In pratica, i risultati della vera e propria attività di controllo sono passati da 7,5 mld nel 2015 a 6,4 nel 2016: un bel tonfo, ‑15%.
Una spiegazione ce la dà la Corte dei Conti la quale, nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato (anno 2016), comunicata alle Presidenze di Camera e Senato lo scorso 27 giugno 2017, rileva come il «grande potenziale informativo dell’Anagrafe dei Rapporti Finanziari, [database ove confluiscono tutte le informazioni sulle movimentazioni finanziarie realizzate] risulta solo marginalmente utilizzato»; del resto però, «la notevole riduzione dell’attività di accertamento ordinaria non è da mettere in relazione soltanto all’impegno straordinario derivante dalla gestione delle istanze di collaborazione volontaria, che come già rilevato, ha coinvolto in misura certamente rilevante […] il personale già addetto all’attività di controllo, ma va correlata anche alla diminuzione delle risorse umane a disposizione».
Quindi, ricapitolando: i migliori risultati complessivi della riscossione sono dovuti in buona parte alla voluntary disclosure che nel 2016 ha generato un ulteriore flusso di cassa per 4,1 miliardi di euro; d’altro canto, si registra il tonfo dell’attività ordinaria di controllo, che vede scendere la raccolta del 15% in un anno. Allo sforzo organizzativo dovuto alla volutary disclosure, si somma lo scarso impiego dell’Anagrafe tributaria e una endemica scarsità di personale.
Se queste sono le cause radice, perché non vengono risolte? Serve personale e serve saper far uso dei database. Al convegno sulla fiscalità è stato detto?