Capo Colonna: il racconto di Margherita Corrado

Un lungo e sentito racconto, quello che ci propone Margherita Corrado nella sua lettera. Margherita Corrado è un'archeologa calabrese, ma non solo: cittadina nel senso più alto del termine, impegnata nella difesa dei beni comuni e scomoda al potere. Pubblichiamo molto volentieri il suo scritto e ci schieriamo, ancora una volta, al suo fianco.

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1506324884418{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Un lun­go e sen­ti­to rac­con­to, quel­lo che ci pro­po­ne Mar­ghe­ri­ta Cor­ra­do nel­la sua let­te­ra. Mar­ghe­ri­ta Cor­ra­do è un’ar­cheo­lo­ga cala­bre­se, ma non solo: cit­ta­di­na nel sen­so più alto del ter­mi­ne, impe­gna­ta nel­la dife­sa dei beni comu­ni e sco­mo­da al pote­re. Pub­bli­chia­mo mol­to volen­tie­ri il suo scrit­to e ci schie­ria­mo, anco­ra una vol­ta, al suo fianco.

 

Sono un’archeologa. Ho avu­to la for­tu­na di fare il lavo­ro per cui mi sen­ti­vo por­ta­ta fin da bam­bi­na ma rico­no­sco a mio meri­to la tena­cia che c’è volu­ta per non devia­re ver­so stra­de più ‘como­de’ e più remunerative.

Lavo­ro dal 1997, come libe­ra pro­fes­sio­ni­sta, col­la­bo­ran­do da ester­na con l’Ammi­ni­stra­zio­ne dei Beni Cul­tu­ra­li. Fino al 2016 non ho mai ten­ta­to con­cor­si per entra­re nei ran­ghi del Mini­ste­ro: gesti­re per­so­na­le, diri­ge­re musei e aree archeo­lo­gi­che mi è sem­pre sem­bra­to meno inte­res­san­te del lavo­ro sul cam­po, del­la ricer­ca a ter­ra e a tavo­li­no, dell’emozione irri­pe­ti­bi­le del­la sco­per­ta.

Per mol­ti anni il mio sco­po è sta­to fare espe­rien­za, nei più diver­si con­te­sti geo­gra­fi­ci e cro­no­lo­gi­ci – ho lavo­ra­to in Cala­bria un po’ dap­per­tut­to, e tal­vol­ta anche in Puglia –, per poter svol­ge­re al meglio la mia atti­vi­tà: sono una per­fe­zio­ni­sta, ho cer­ca­to di acqui­si­re le cono­scen­ze e le abi­li­tà neces­sa­rie per otte­ne­re il mas­si­mo risul­ta­to pos­si­bi­le da ogni occa­sio­ne data­mi, a pre­scin­de­re dal­la varia­bi­li­tà del­le con­di­zio­ni logistiche.

Col tem­po, però, lo sca­vo archeo­lo­gi­co è diven­ta­to, per me, qual­co­sa di diver­so da ciò che era all’inizio. L’esperienza cro­to­ne­se di Piaz­za Vil­la­ro­ja, in par­ti­co­la­re, nel 2009–2010, mi ha per­mes­so di dimo­stra­re innan­zi tut­to a me stes­sa, che fin lì l’avevo solo teo­riz­za­ta, la pos­si­bi­li­tà ed anzi l’imperativo mora­le di svol­ge­re le inda­gi­ni archeo­lo­gi­che, per­si­no in ambi­ti com­ples­si come i cen­tri sto­ri­ci, ridu­cen­do al mini­mo il disa­gio, ogget­ti­vo, per i resi­den­ti ma assu­men­do come prio­ri­ta­rio lo sco­po di com­pen­sa­re la comu­ni­tà tut­ta per lo sfor­zo com­piu­to (non solo ma anche eco­no­mi­co) sia median­te la più lar­ga con­di­vi­sio­ne dei risul­ta­ti – non un secon­do teso­ro che auto­ma­ti­ca­men­te diven­ta ‘patri­mo­nio’ del fun­zio­na­rio di tur­no ed è desti­na­to a ‘mori­re’ con lui ma moti­vo di giu­sto orgo­glio per il recu­pe­ro del­la memo­ria col­let­ti­va -, sia con­di­vi­den­do con il pub­bli­co l’emozione del­la sco­per­ta median­te un can­tie­re aper­to, tra­spa­ren­te, non repul­si­vo.

Il Cala­bre­se vuo­le esse­re par­la­to, scri­ve­va Cor­ra­do Alva­ro, ed è pro­prio così, spe­cial­men­te quan­do si trat­ti di avvi­ci­nar­lo ad un mon­do che non è d’immediata com­pren­sio­ne per tut­ti ma richie­de la media­zio­ne cul­tu­ra­le di chi è in gra­do di tene­re le fila dei tre­mi­la anni di sto­ria che comu­ni­tà come la nostra, cro­to­ne­se, pos­so­no vantare.

L’esperienza di Piaz­za Vil­la­ro­ja è sta­ta, dun­que, per gli straor­di­na­ri risul­ta­ti otte­nu­ti sia sul pia­no stret­ta­men­te scien­ti­fi­co sia su quel­lo del­la par­te­ci­pa­zio­ne del­la popo­la­zio­ne ad un momen­to di risco­per­ta del patri­mo­nio comu­ne, un pas­sag­gio impor­tan­te per la mia matu­ra­zio­ne per­so­na­le e il pro­sie­guo del­la mia atti­vi­tà non solo professionale.

Da allo­ra, dopo il ten­ta­ti­vo (fal­li­to) di difen­de­re il set­to­re sto­ri­co del cimi­te­ro di Cro­to­ne dal­le mire demo­li­to­rie del Comu­ne, con la pic­co­la asso­cia­zio­ne cul­tu­ra­le chia­ma­ta “Set­te Soli”, fon­da­ta a fine 2012, spes­so di con­cer­to con le ami­che dell’allora coop. socia­le “Get­ti­ni di vital­ba”, il mio tem­po libe­ro si è sem­pre più orien­ta­to ver­so il moni­to­rag­gio e la dife­sa del patri­mo­nio cul­tu­ra­le. Non più solo archeo­lo­gia, dun­que, anche se a Cro­to­ne que­sta è una pre­sen­za ineludibile.

Ho dovu­to stu­dia­re, appro­fon­di­re, fare ricer­ca per ten­ta­re di impe­di­re che, nel 2013–14, il Castel­lo di Car­lo V fos­se stra­vol­to da un pro­get­to il cui solo meri­to era la cospi­cua dota­zio­ne finan­zia­ria. L’ho fat­to non solo per poter difen­de­re con argo­men­ti vali­di le posi­zio­ni di chi si oppo­ne­va allo scem­pio ma per esse­re in gra­do di sen­si­bi­liz­za­re il mag­gior nume­ro pos­si­bi­le di cit­ta­di­ni affin­ché pren­des­se coscien­za del rischio, lo assu­mes­se come pro­prio e sen­tis­se la respon­sa­bi­li­tà di fare qual­co­sa di con­cre­to, indi­vi­dual­men­te e col­let­ti­va­men­te, per orien­ta­re le cose in sen­so diverso.

E’ sta­ta la sta­gio­ne del­le visi­te gui­da­te ripe­tu­te una vol­ta a set­ti­ma­na per vari mesi, degli appel­li ela­bo­ra­ti e con­di­vi­si con i cit­ta­di­ni più sen­si­bi­li, del­le sol­le­ci­ta­zio­ni agli uomi­ni e alle don­ne di cul­tu­ra di que­sto Pae­se per­ché, pur lon­ta­ni geo­gra­fi­ca­men­te e men­tal­men­te, pren­des­se­ro a cuo­re le sor­ti del­la for­tez­za crotonese.

Per para­dos­so, c’è volu­ta un’altra situa­zio­ne di gra­vis­si­ma dif­fi­col­tà per­ché gli sfor­zi a favo­re del Castel­lo andas­se­ro a buon fine e il Mini­ste­ro respin­ges­se defi­ni­ti­va­men­te il pro­get­to di stra­vol­gi­men­to ela­bo­ra­to dall’arch. Dez­zi Bar­de­schi e spo­sa­to dal Comu­ne di Cro­to­ne con la soli­ta entu­sia­sti­ca imbecillità.

C’è volu­ta la ten­ta­ta cemen­ti­fi­ca­zio­ne del foro di Capo Colon­na, a gen­na­io 2015. Il pro­get­to, un APQ da 2,5 milio­ni di euro, pre­ve­de­va cin­que inter­ven­ti, uno solo dei qua­li ragio­ne­vo­le e uti­le a miglio­ra­re la frui­zio­ne dell’area archeo­lo­gi­ca, gli altri insen­sa­ti, tal­vol­ta dan­no­si e sem­pre gon­fia­ti nei costi.

“Set­te Soli” ave­va segna­la­to al Mini­ste­ro le ano­ma­lie più evi­den­ti, facil­men­te desu­mi­bi­li dal­la let­tu­ra del pro­get­to defi­ni­ti­vo, fin dall’autunno 2014, sen­za esi­to. Si orga­niz­za­ro­no allo­ra visi­te gui­da­te dome­ni­ca­li all’area in cor­so di sca­vo – il piaz­za­le anti­stan­te il san­tua­rio e Tor­re Nao – già sapen­do che sareb­be sta­ta cemen­ta­ta e pavi­men­ta­ta in modo indi­scri­mi­na­to. Quan­do però, nono­stan­te i fun­zio­na­ri loca­li del Mini­ste­ro negas­se­ro l’evidenza, appar­ve chia­ra l’importanza dei rude­ri desti­na­ti ad affo­ga­re nel cemen­to, le mie com­pe­ten­ze pro­fes­sio­na­li sono sta­te pre­zio­se per ribal­ta­re la visio­ne par­ti­gia­na del­la real­tà che i pro­get­ti­sti ave­va­no cer­ca­to e cer­ca­va­no con ogni mez­zo di impor­re alla cit­ta­di­nan­za – fece­ro per­si­no cir­co­la­re su cana­li uffi­cia­li un foto­mon­tag­gio dell’area inte­res­sa­ta dal pel­le­gri­nag­gio maria­no, per aval­la­re le loro posi­zio­ni -, fare in modo che i media se ne occu­pas­se­ro e il Mini­ste­ro stes­so fos­se chia­ma­to a rispon­de­re di scel­te così radi­ca­li, inve­ce di liqui­da­re il tut­to come una bega mino­re nel­la più peri­fe­ri­ca pro­vin­cia dell’Impero…

Non ho dovu­to, allo­ra né dopo, affron­ta­re con­flit­ti mora­li. Il lavo­ro che ho scel­to ha come sco­po ulti­mo miglio­ra­re, per me e per tut­ti, la cono­scen­za del­le cul­tu­re del pas­sa­to non come mero eser­ci­zio intel­let­tua­le ma per con­sen­ti­re al sin­go­lo e alla col­let­ti­vi­tà, secon­do le diver­se sen­si­bi­li­tà ed esi­gen­ze, di trar­re da quell’incremento tut­ti i van­tag­gi pos­si­bi­li, sia­no essi di ordi­ne spi­ri­tua­le o anche, per­ché no?, di natu­ra eco­no­mi­ca, ammes­so di saper­lo fare.

Non mi sono sen­ti­ta, per­ciò, in nes­sun caso con­tro il Mini­ste­ro abbrac­cian­do una cau­sa, quel­la del­la dife­sa del foro di Capo Colon­na dal cemen­to, che mi ha por­ta­ta ogget­ti­va­men­te a tro­var­mi dall’altra par­te del­la barricata.

Ho sem­pre cre­du­to di agi­re nell’interesse dell’Amministrazione con cui col­la­bo­ro da vent’anni (e se non aves­si fidu­cia nel­la sua uti­li­tà e capa­ci­tà di agi­re per il meglio avrei smes­so di far­lo tan­to tem­po fa), ren­den­do­mi però con­to che ave­va abdi­ca­to più o meno con­sa­pe­vol­men­te alla pro­pria fun­zio­ne, che è fare l’interesse pub­bli­co appli­can­do l’Art. 9 del­la Costituzione.

La luci­di­tà garan­ti­ta dall’esercizio del pen­sie­ro cri­ti­co, e dun­que la capa­ci­tà di distin­gue­re tra il bene e il male anche in situa­zio­ni appa­ren­te­men­te di poco con­to, è una dote da col­ti­va­re con pas­sio­ne, cre­do, qual­sia­si lavo­ro o impe­gno si abbia nel­la vita. La fedel­tà ottu­sa alla cau­sa del pro­prio ‘isti­tu­to’ rischia, infat­ti, di tra­sci­nar­ci nel bara­tro insie­me a quel­lo, quan­do chi lo gui­da non abbia più la ret­ti­tu­di­ne mora­le neces­sa­ria a man­te­ne­re prio­ri­ta­rio l’interesse collettivo.

Gra­zie al FAI e a Gian Anto­nio Stel­la, ulti­mi anel­li del­la cate­na vir­tuo­sa che si inne­scò nei pri­mi mesi del 2015 a dife­sa di Capo Colon­na, in apri­le l’allora Diret­to­re Gene­ra­le Archeo­lo­gia deci­se un dra­sti­co cam­bio di rot­ta, inter­ve­nen­do con l’umiltà di chi sape­va di dover rime­dia­re ad un erro­re mador­na­le ma anche con l’ambizione di dare, dopo un estre­mo esem­pio di nega­ti­vi­tà, una pro­va del­la capa­ci­tà del Mini­ste­ro di agi­re inve­ce con la pro­fes­sio­na­li­tà e l’abilità tec­ni­co-ammi­ni­stra­ti­va che appar­ten­go­no alla sua tradizione.

In quel­le cir­co­stan­ze non solo fu rimo­du­la­to lo scia­gu­ra­to pro­get­to rela­ti­va­men­te al foro e alla tet­to­ia del­le ter­me roma­ne ma anche la que­stio­ne del Castel­lo di Car­lo V fu affron­ta­ta e rapi­da­men­te risol­ta usan­do buon senso.

La discu­ti­bi­le rifor­ma del Mini­ste­ro attua­ta da Dario Fran­ce­schi­ni è pur­trop­po inter­ve­nu­ta, a pri­ma­ve­ra 2016, nel­le more dell’esecuzione del pro­get­to rivi­si­ta­to, a toglie­re mor­den­te a quel risar­ci­men­to del dan­no subi­to che era sta­to garan­ti­to ai Cro­to­ne­si dopo l’epica pro­te­sta di gen­na­io-apri­le 2015. E per col­mo di sven­tu­ra, da luglio, la nuo­va Soprin­ten­den­za uni­ca (Archeo­lo­gia, Bel­le Arti e Pae­sag­gio) per le pro­vin­ce di Cosen­za, Catan­za­ro e Cro­to­ne è sta­ta affi­da­ta al dott. Mario Paga­no.

Inse­dia­to­si l’11 luglio 2016, nel giro di una set­ti­ma­na il nuo­vo Soprin­ten­den­te ha auto­riz­za­to l’ampliamento del­lo sta­dio “Ezio Sci­da” in area vin­co­la­ta, aggi­ran­do, di fat­to, le nor­me del Codi­ce dei Beni Cul­tu­ra­li. La mia voce di dis­sen­so, nell’occasione, è rima­sta pres­so­ché ina­scol­ta­ta, trop­pi inte­res­si di par­te essen­do­ci in gio­co per­ché le auto­ri­tà si pre­oc­cu­pas­se­ro del bene comu­ne. A distan­za di tem­po, il ser­vi­zio tv del­le Iene, anda­to in onda a metà feb­bra­io 2017, ha fat­to però ride­re tut­ta Ita­lia anche di quel­la vicen­da a dir poco paradossale.

Giu­di­can­do l’episodio gra­vis­si­mo, poi­ché costi­tui­sce un pre­ce­den­te spen­di­bi­le su tut­to il ter­ri­to­rio nazio­na­le, per con­to di “Set­te Soli” ho chie­sto e otte­nu­to dal­la Dire­zio­ne Gene­ra­le del Mini­ste­ro, il 19 otto­bre 2016, l’accesso agli atti rela­ti­vi a quel can­tie­re ma anche ad un altro inter­ven­to mol­to discu­ti­bi­le con­dot­to in area urba­na (mura bizan­ti­ne) e alle due situa­zio­ni sca­bro­se che intan­to di deli­nea­va­no a Capo Colon­na. Allu­do al disim­pe­gno del Mini­ste­ro post-rifor­ma rispet­to alle atti­vi­tà di com­ple­ta­men­to dell’APQ rimo­du­la­to e alla pos­si­bi­le ria­per­tu­ra del can­tie­re del “Mari­ne Park Vil­la­ge” a Sci­fo.

Gra­zie alle deci­ne di atti foto­co­pia­ti nell’occasione, ho cer­ca­to di inci­de­re sugli esi­sti di quei quat­tro can­tie­ri, nel mio pic­co­lo, uti­liz­zan­do al meglio le com­pe­ten­ze acqui­si­te negli anni: per­du­ta la bat­ta­glia per lo Sta­dio, per­ché restas­se comun­que memo­ria di quan­to acca­du­to, del­le respon­sa­bi­li­tà dei sin­go­li sog­get­ti, e i Cro­to­ne­si sapes­se­ro sem­pre chi rin­gra­zia­re per quan­to avver­rà in futu­ro in rap­por­to a quel­lo, ho spe­di­to al MiBACT un bre­ve report che ho anche pub­bli­ca­to in rete sul­la mia pagi­na di Academia.edu, accan­to agli arti­co­li di ricer­ca sto­ri­ca e archeologica.

Fal­li­to anche il ten­ta­ti­vo di scon­giu­ra­re il deprez­za­men­to del­le mura bizan­ti­ne di Cor­so Vit­to­rio Ema­nue­le, ho rie­vo­ca­to la loro sto­ria edi­li­zia fino all’attualità, fino al dan­no subi­to gra­zie al pro­get­to comu­na­le ArkeoUr­be, in un arti­co­lo per una rivi­sta scien­ti­fi­ca dispo­sta ad acco­glier­lo e che sta­va per esse­re pub­bli­ca­ta, in modo che tra i col­le­ghi si aves­se con­tez­za dell’accaduto in tem­po rea­le. A nome di “Set­te Soli” ho inol­tre sol­le­ci­ta­to più vol­te la Dire­zio­ne e il Segre­ta­ria­to Gene­ra­le ad occu­par­si del com­ple­ta­men­to del pro­get­to in cor­so nel par­co di Capo Colon­na sen­za rinun­cia­re agli inter­ven­ti pre­vi­sti o stra­vol­ger­li, com’è spes­so acca­du­to. Nel con­tem­po, ho comin­cia­to a leg­ge­re quan­to dispo­ni­bi­le sul­la vicen­da di Scifo.

Non me ne ero mai occu­pa­ta pri­ma, pre­va­len­do, in quel caso, i valo­ri cul­tu­ra­li in sen­so lato (pae­sag­gi­sti­ci, ambien­ta­li, sto­ri­ci, archi­tet­to­ni­ci) sugli aspet­ti stret­ta­men­te archeo­lo­gi­ci. Ho dubi­ta­to a lun­go di poter con­tri­bui­re alla cau­sa di quan­ti anco­ra spe­ra­va­no di poter fer­ma­re lo scem­pio di quel lem­bo intat­to del­la costa sud di Capo Colon­na. Una con­co­mi­tan­za di fat­to­ri mi ha però con­vin­ta a ten­ta­re il pos­si­bi­le: oltre ai docu­men­ti acqui­si­ti per­so­nal­men­te a Roma, un acces­so agli atti del Movi­men­to 5 Stel­le ha fat­to usci­re dal Comu­ne (ente attua­to­re), a fine anno, la mes­se dei docu­men­ti del decen­nio 2006–2016 rela­ti­vi a quel­la lottizzazione.

Così, poi­ché nel dub­bio, è sta­to det­to giu­sta­men­te, occor­re sem­pre fare quel­lo che si deve, una vol­ta accer­ta­ta l’avvenuta ripre­sa dei lavo­ri (dicem­bre 2016), que­sta vol­ta desti­na­ti a con­clu­der­si con la rea­liz­za­zio­ne del­la mega-pisci­na, del risto­ran­te e dei 79 bun­ga­low pre­vi­sti, ho pas­sa­to il perio­do nata­li­zio chi­na sul­le car­te, a scri­ve­re un report per il Mini­ste­ro, pri­mo desti­na­ta­rio del­le mie richie­ste di pre­sa di coscien­za e inter­ven­to a dife­sa, anco­ra una vol­ta, dei valo­ri e dei con­te­nu­ti dell’Art. 9. Il testo sem­pli­ce­men­te met­te­va in fila un decen­nio di atti e inter­ven­ti lega­ti al pre­sun­to campeggio/agriturismo che ad arte si face­va rica­de­re in loc. Alfie­ri, fuo­ri dall’area vin­co­la­ta fin dal 1968. Anch’esso è pub­bli­ca­to, dal 4 gen­na­io 2017, su Academia.edu.

Era indi­spen­sa­bi­le innan­zi tut­to per me, una sif­fat­ta disa­mi­na, per ave­re un qua­dro esau­sti­vo dei pas­sag­gi buro­cra­ti­ci e degli acca­di­men­ti, ma era altret­tan­to indi­spen­sa­bi­le rea­liz­zar­la per spe­ra­re che, tra­smes­sa ai tan­ti sog­get­ti, sin­go­li e asso­cia­ti, sen­si­bi­li a que­stio­ni ambien­ta­li e cul­tu­ra­li in gene­re, quel­li si pren­des­se­ro la bri­ga di pre­sta­re atten­zio­ne al pro­ble­ma di Sci­fo e pro­vas­se­ro, a loro vol­ta, a sol­le­var­lo facen­do­ne un caso nazionale.

Così è sta­to, per for­tu­na, e tra le altre ini­zia­ti­ve meri­ta ricor­da­re la cla­mo­ro­sa pro­vo­ca­zio­ne dell’On. Pip­po Civa­ti, segre­ta­rio di Pos­si­bi­le, che invi­tò il Mini­stro a Capo Colon­na per affron­ta­re insie­me, final­men­te, il tema dell’imminente cemen­ti­fi­ca­zio­ne di Sci­fo. Man­te­nen­do fede all’impegno pre­so, Civa­ti ven­ne in loco di per­so­na, pur snob­ba­to dal suo inter­lo­cu­to­re. Anche Giu­lio Caval­li, in quei gior­ni dif­fi­ci­li in cui la bilan­cia non pen­de­va anco­ra net­ta­men­te dal­la par­te del­la lega­li­tà, si schie­rò sen­za mez­zi ter­mi­ni a favo­re di quest’ultima, espo­nen­do­si per­so­nal­men­te com’è suo costu­me con una dura repli­ca alle insi­nua­zio­ni del­la Proprietà .

Nes­su­no, infi­ne, tra quan­ti han­no a cuo­re le sor­ti del nostro ter­ri­to­rio, così ric­co di sto­ria e memo­rie del­le ori­gi­ni da civil­tà occi­den­ta­le, è man­ca­to all’appello, né la Pro­cu­ra del­la Repub­bli­ca è rima­sta sor­da alle tan­te voci di dis­sen­so e alle denun­ce (tra le qua­li una mia e di Lin­da Mon­te) che nell’occasione si sono leva­te, con l’esito feli­ce di metà feb­bra­io 2017 che tut­ti cono­sco­no. Mol­tis­si­mi cit­ta­di­ni, infat­ti, oltre ai pochi sog­get­ti poli­ti­ci sen­si­bi­li ai pro­ble­mi di Capo Colon­na, han­no dato anch’essi il pro­prio con­tri­bu­to, il pro­prio espli­ci­to appog­gio mora­le, nell’occasione, alla cau­sa comune.

In tut­to ciò, il Soprin­ten­den­te Paga­no è riu­sci­to ad ave­re un ruo­lo impor­tan­te, nono­stan­te fos­se arri­va­to da pochi mesi. In uno degli atti ‘roma­ni’ les­si la sua affer­ma­zio­ne “I bun­ga­low sono ormai sta­ti rea­liz­za­ti”. Ho rite­nu­to dove­ro­so segna­lar­la a chi di com­pe­ten­za, sia al Mini­ste­ro sia in sede giu­di­zia­ria. La stes­sa fra­se tor­na­va nel­la rela­zio­ne al Diret­to­re Gene­ra­le che il diri­gen­te napo­le­ta­no scris­se più tar­di, sol­le­ci­ta­to a for­ni­re infor­ma­zio­ni in vista del­la rispo­sta di Fran­ce­schi­ni ad un’interrogazione par­la­men­ta­re. La Pro­cu­ra lo ha inchio­da­to per quel­la.

Nel vor­ti­ce di even­ti che è segui­to, la Dire­zio­ne Gene­ra­le del Mini­ste­ro ha avo­ca­to a sé la com­pe­ten­za su Sci­fo sot­traen­do­la al Paga­no, e affi­dan­do­la ad altro diri­gen­te: uno smac­co che evi­den­te­men­te non è sta­to gra­di­to dal Soprin­ten­den­te, a fine inda­gi­ni rin­via­to a giu­di­zio pro­prio per fal­so ideo­lo­gi­co.

Non ha gra­di­to nep­pu­re l’intervista a sor­pre­sa del­le Iene, che sen­ti­ro­no anche me, denun­cia­te per dif­fa­ma­zio­ne gra­ve al Tri­bu­na­le di Tor­re Annun­zia­ta. La stes­sa cosa avreb­be fat­to nei miei con­fron­ti, a leg­ge­re la nota inter­na del 7 ago­sto 2017 dove, sul­la base di quel­la denun­cia, ordi­na a tut­to il suo per­so­na­le di impe­dir­mi di lavo­ra­re, dicen­do­mi incom­pa­ti­bi­le con ogni atti­vi­tà svol­ta o moni­to­ra­ta dal­la sua Soprintendenza.

Il carat­te­re ritor­si­vo del­la dispo­si­zio­ne cita­ta è pale­se; la sua ille­git­ti­mi­tà è cer­ta sul­la base dall’Art. 80 del Codi­ce degli Appal­ti, che iden­ti­fi­ca con pre­ci­sio­ne le cau­se, poche e gra­vis­si­me, che con­sen­to­no l’esclusione di una dit­ta dal­la pos­si­bi­li­tà di rice­ve­re inca­ri­chi dal­la pub­bli­ca amministrazione.

Se in que­sto Pae­se la lega­li­tà è anco­ra di casa, ciò non potrà che ritor­cer­si con­tro colui che ha pen­sa­to di risol­ve­re il pro­ble­ma di un ‘cit­ta­di­no por­ta­to­re di fasti­di’ abu­san­do del pro­prio pote­re nell’ambito pro­fes­sio­na­le che, sia pure con ruo­li e posi­zio­ni diver­se, li occu­pa entram­bi. Anche in que­sta occa­sio­ne, Pos­si­bi­le è tra quan­ti non han­no fat­to man­ca­re il loro appog­gio a me per­so­nal­men­te e a quell’idea di impe­gno civi­co che, col­pen­do me, si inten­de­va esem­plar­men­te screditare.

Avrei dovu­to, fin dall’inizio, agi­re diversamente?

Nei “Demo­ni”, capo­la­vo­ro asso­lu­to d Dostoe­v­skij, ad un cer­to pun­to vie­ne men­zio­na­ta al prin­ci­pe Sta­vro­gin una fra­se da lui pro­nun­cia­ta in pas­sa­to: “Biso­gna esse­re dav­ve­ro un grand’uomo per saper resi­ste­re anche al buon sen­so”. Il prin­ci­pe, che non ricor­da di aver­la det­ta, sag­gia­men­te com­men­ta: “Oppu­re un imbe­cil­le!”. Ecco, le pos­si­bi­li­tà sono due, non so deci­de­re qua­le mi rap­pre­sen­ti meglio ma so di ave­re agi­to come dove­vo.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

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500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

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Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

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