[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1506585135532{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Se almeno una volta nella vita avete comprato e venduto oggetti su Ebay, l’antesignana delle piattaforme di e‑commerce online, siete stati certamente raggiunti dalla richiesta di firmare una petizione contro le “nuove imposte sulle vendite su Internet nella UE”. A parte la mossa di inserire in una frase due chiari simboli invisi ai più (le imposte e l’Unione Europea), l’intero testo della petizione volge alla difesa — buonista? — delle piccole imprese dalle malvagie intenzioni dell’UE di introdurre nuove norme IVA. Questa minacciosa riforma, secondo il Government Relations di Ebay, significherebbe — cito testuale — “nuove imposte sulle vendite internazionali”, “prezzi più elevati per i consumatori”, “più burocrazia per le piccole imprese europee”, “meno scambi tra paesi europei e meno scelta per i consumatori”.
Eppure c’è qualcosa, in queste frasi, che non torna. Proprio nei giorni in cui i quattro governi di Germania, Italia, Francia e Spagna si fanno promotori di una iniziativa — non immune da problemi e incertezze tecnico giuridiche — per l’adozione di una web tax (con aliquote che oscillano dal 2 al 5 per cento, che teneri), uno dei colossi del web nel mirino per l’adozione di pratiche di elusione fiscale, si presenta all’opinione pubblica come difensore degli interessi di piccole imprese e commercianti che, attraverso l’hosting online sul dominio Ebay, cercano di “far crescere la loro attività in nuovi mercati all’interno della UE e oltre i suoi confini”.
Facciamo chiarezza.
Le nuove norme sull’IVA a cui Ebay fa riferimento sono proposte della Commissione Europea al fine di “modernizzare” l’imposta e renderla meno facile da aggirare, specie nel caso di commercio transfrontaliero ed in particolar modo di e‑commerce. Ad oggi gli operatori e‑commerce si conformano al regime IVA del paese di commercializzazione solo se superano le soglie di vendita, variabili a seconde dello stato membro in cui commerciano (variano da 35 a 100 mila euro) e solo dopo aver superato una certa quantità di prodotti in quel singolo Paese. Le nuove regole introdurrebbero una soglia unica comunitaria pari a 10 mila euro. Una volta superata questa soglia, il venditore è obbligato ad addebitare l’IVA secondo il regime fiscale del paese di commercializzazione sin alla prima transazione effettuata.
Secondo le stime della Commissione, l’adozione di una franchigia comunitaria avrebbe l’effetto di contrarre il mercato e‑commerce interno all’Unione dello 0,7%, mentre l’e-commerce fuori UE scenderebbe del 4% (cfr. Impact Assesment doc. swd_2016_379 pag. 33–34) a fronte di maggiori incassi IVA pari a 450 milioni di euro per ciascun paese dell’Unione. Il gettito crescerebbe sino a 7 miliardi per paese membro, a partire dal 2021, quando la riforma si completerà con l’estensione alle piccole consegne di beni e servizi intra-UE ed extra-UE del MOSS (Mini One Stop Shop), oggi regime facoltativo per i servizi B2C di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici, prestati in altri Stati membri. L’iscrizione al MOSS diventerebbe obbligatoria per l’importazione di tutte le merci sotto la soglia doganale di 150 euro.
Diversamente, la web tax (nella formula dell’equalisation levy, sorta di imposta sostitutiva detratta dall’importo pagato dall’acquirente nel momento della transazione) dovrebbe colpire la transazione fra l’inserzionista ed Ebay, non già quella fra l’inserzionista e l’acquirente finale, ovvero la parte di valore aggiunto evaso o soggetto all’elusione fiscale. Se la web tax dovesse avere effetto sui prezzi dei prodotti nel settore e‑commerce, è perché qualcuno (Amazon? Ebay?) deciderà di trasferire a valle i maggiori costi fiscali.
Ebay non lo dice, nella petizione. Ma nel 2016 ha avuto un fatturato di 8,98 miliardi di dollari e un utile netto pari a 7,29 miliardi. Le cronache specialistiche riportano che il quarto trimestre del 2016 è stato chiuso con benefici fiscali per 4,6 miliardi di dollari. Il primo trimestre del 2017, invece, è stato chiuso con ricavi per 2,22 miliardi di dollari, in aumento del 4% rispetto al 2016. L’Agenzia delle Entrate aveva già multato Ebay nel 2013, per 76 milioni di euro dovuti per operazioni di vendita condotte in Italia e per le quali non era stato versato un singolo euro di tasse.
Chi sta danneggiando le piccole imprese è chi non sta ai patti ed attua strategie fiscali elusive per massimizzare i profitti. Niente di illegale, direbbero alcuni. Se non fosse che, così facendo, si è innescata una concorrenza sleale globale che ha minato alla base i sistemi fiscali nazionali e messo in atto un processo di aggressione ed erosione del tessuto sociale producendo sempre maggior disuguaglianza. La reazione di una delle corporations protagoniste di questo processo è solo la prima di una lunga serie di resistenze.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]