Libia, Civati-Maestri: Intervista Haftar svela ambiguità di Minniti

“Le rea­zio­ni stiz­zi­te del mini­stro del­l’In­ter­no Min­ni­ti alle nostre inter­ro­ga­zio­ni ave­va­no fat­to intra­ve­de­re un suo ecces­si­vo ner­vo­si­smo in meri­to ai rap­por­ti tra l’I­ta­lia e le mili­zie libi­che che bloc­ca­no i migran­ti. Oggi il gene­ra­le Haf­tar, nel­l’in­ter­vi­sta al ‘Cor­rie­re del­la Sera’, par­la di un gover­no ita­lia­no che paga que­ste mili­zie e che sareb­be addi­rit­tu­ra ricat­ta­to. Una sot­to­mis­sio­ne su tut­ta la linea, altro che suc­ces­so sul­le poli­ti­che migra­to­rie del mini­stro più ama­to dal­le destre”. Lo dichia­ra­no il depu­ta­to e segre­ta­rio di Pos­si­bi­le, Pip­po Civa­ti, e il par­la­men­ta­re del­lo stes­so par­ti­to, Andrea Maestri.

“Appe­na qual­che gior­no fa — aggiun­go­no i due espo­nen­ti di Pos­si­bi­le — Min­ni­ti è appar­so sprez­zan­te nei nostri con­fron­ti, rispon­den­do al que­stion time alla Came­ra. Ma di fron­te alle gra­vis­si­me paro­le del gene­ra­le Haf­tar non può basta­re una dife­sa d’uf­fi­cio, in cui il gover­no si è spe­cia­liz­za­to. Anche per­ché get­ta­no un’om­bra inquie­tan­te: Min­ni­ti avreb­be men­ti­to in diret­ta tv, rispon­den­do in Aula. Una respon­sa­bi­li­tà non di poco conto”.

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Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

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Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

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Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

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I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.