[vc_row][vc_column][vc_column_text]10 marzo, ore 23, sotto casa incontro una donna con il suo cane, mi chiede dov’è il Simply, quello che chiude a mezzanotte; le indico la strada. Il cane sembra buono, è un labrador, ma mi abbaia; lei mi dice che è un cane buonissimo, fa così poiché è molto affamato; sta andando vicino al supermercato, così magari riesce a racimolare un po’ di spicci e comprare qualcosa da mangiare anche per il suo cane.
Le dico che mi spiace molto e che non ho dei soldi da darle, poiché proprio la mattina avevo dovuto pagare le bollette arretrate per farmi riattivare il gas e avevo finito tutte le risorse, in attesa di altri incassi, che tardano ad arrivare. Mi dice che non è giusto, che non possono staccare i servizi primari, che dovrei oppormi… Mi chiede se può fare qualcosa per me, era veramente dispiaciuta e avrebbe voluto aiutarmi in qualche modo… Resto basito, la ringrazio, la saluto e salgo a casa, ripetendo per l’ennesima volta a me stesso quanto io sia privilegiato, nonostante le difficoltà del momento.
In frigo ho delle provviste, prendo del formaggio e delle mozzarelle appena arrivate dalla Puglia, del prosciutto, pane e dei dolci, li metto in una busta e vado vicino al Simply. La trovo lì in terra, le do i viveri, mi siedo a fianco e mi fermo un po’ a parlare. Si chiama Tiziana, ha 43 anni. Fino a quattro mesi fa si occupava dell’assistenza a una anziana signora, che con le sue cure amorevoli aveva ritrovato il sorriso perso da anni. Quando l’anziana è deceduta, lei si è ritrovata senza lavoro. Durante il giorno va in giro a cercare lavoro, di sera chiede l’elemosina, di notte va a dormire con il suo compagno nel porticato d’ingresso del concessionario Fiat in via Manzoni, poiché è abbastanza riparato. Lui nel frattempo arriva, si chiama Luigi, ha 49 anni.
Luigi è disabile al 100%, prende una pensione di € 285 al mese. Fin quando lei aveva un reddito, riuscivano a pagare una stanza, poi sono stati costretti a lasciarla.
Sono io che dovrei fare qualcosa per loro e chiedo se posso fotografarli; acconsentono, quindi vado a casa a prendere la macchina fotografica e torno da loro. A mezzanotte il Simply chiude, due ragazzi che lavorano lì gli danno una bottiglia d’acqua e un pacchetto di sigarette, mi fermo a parlare anche con loro. Sono preoccupati per il disagio sociale che vedono giornalmente e osservano che anche loro potrebbero trovarsi da un momento all’altro nelle stesse condizioni, se perdessero quel lavoro al supermarket. Ci fermiamo tutti insieme a parlare di questa situazione incresciosa, analizzando sotto vari aspetti il nostro welfare, il sostentamento di coloro che perdono il lavoro e che non sono in grado di permettersi un tetto; parliamo degli immigrati, gli aiuti che ricevono e che a loro vengono spesso negati, poiché non è previsto. No, ragazzi, così fate il gioco di Salvini, non alimentiamo la guerra tra poveri, il sostegno dovrebbe esserci per gli italiani, come anche per gli immigrati. In parte concordano, sono tutte persone buone e ideologicamente a sinistra, ma tirano fuori esempi ed evidenze di come loro stiano peggio di tanti immigrati, a cui viene garantito un tetto e del cibo. Alla mensa della Caritas hanno avuto spesso problemi di dissenteria e non ci sono più tornati, per lavarsi vanno a S. Pietro…
Passa da lì Omar, un ragazzo romano di 32 anni, che è riuscito a procurarsi qualcosa da mangiare e ha fretta di tornare da Roberta, la sua ragazza di 29 anni, che nell’ultimo mese ha subito due violenze sessuali da immigrati africani, sventate da Omar con tutte le sue forze; mi mostra le cicatrici e le ferite non ancora risanate sulle sue mani. Omar e Roberta dormono da tre mesi davanti alla Stazione Termini, dentro non possono; alle 4,30 la polizia li caccia per “decoro urbano”. Omar faceva l’ascensorista, a chiamata e senza contratto, occasionalmente anche il cameriere; Roberta lavorava in un call center, poi ha fatto la magazziniera e la barista, ma anche lei è rimasta senza lavoro. Vivevano a Tivoli, in un monolocale che ora non possono più permettersi. Chiedo di poter andare a fotografare anche loro, Omar acconsente.
Vado alla stazione Termini, faccio alcune foto, poi un rumeno un po’ alticcio mi si piazza davanti con aria minacciosa e mi dice: tu vieni qui a fotografarci e guadagni dei soldi, vieni a sfruttarci. Tento di spiegargli che non è così, che mi occupo di temi sociali e tento di dare il mio contributo per sensibilizzare l’opinione pubblica e, soprattutto, la politica su queste problematiche; nessuno mi paga per fare questo. Non ammette ragioni, si fa sempre più minaccioso, nessuno interviene e io mi sento sempre più insicuro; soltanto l’arrivo della polizia ha evitato che la situazione degenerasse…
A quel punto interviene un romano sulla sessantina, anche lui senza fissa dimora, a suo dire con tre lauree. E’ molto arrabbiato per la situazione che ho creato e non ha problemi a esporlo, con una decina di poliziotti che erano lì. “Stavamo dormendo e sei venuto a romperci le palle, noi fra tre ore dobbiamo andarcene e avremmo voluto dormire. Noi italiani qui siamo numericamente inferiori; qui di fianco ci sono i rumeni che sono il doppio di noi e la parte in fondo è sotto il controllo dei neri, che sono molti di più”. Capisco perché Omar non è intervenuto per difendermi, ci sono regole da rispettare che noi ignoriamo.
Chiedo scusa a tutti, saluto Omar e Roberta e vado via. I poliziotti mi chiedono dove avessi la macchina, sarebbe opportuno che mi ci accompagnassero loro, poiché la situazione che avevo involontariamente creato mi poneva in una condizione di pericolo. Non avevo la macchina, abito lì vicino, all’Esquilino. Si propongono di scortarmi fino a distanza di sicurezza, ma lo ritengo esagerato; li ringrazio e vado via.
Nonostante io viva in questa zona da oltre tre anni, ci sono situazioni sommerse di cui ci si può rendere conto soltanto entrandoci in qualche modo, com’è capitato a me. Ci sono gli immigrati, che vanno indubbiamente accolti e integrati, ma ci sono anche gli italiani “invisibili” a cui necessita dare risposte e trovare soluzioni. Non hanno ragione Salvini, FN o CasaPound, poiché qualsiasi forma di razzismo è da condannare fermamente e con decisione, ma la sinistra dovrà essere più incisiva, quando si parla di diseguaglianze, tutela del lavoro e povertà, altrimenti le destre avanzeranno inesorabilmente.
Michele Stallo
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