[vc_row][vc_column][vc_column_text]Per l’ennesima volta ci troviamo a denunciare respingimenti collettivi di persone verso luoghi nei quali rischiano di subire torture e trattamenti inumani e degradanti, oltre che la vita stessa.
L’avete mai sentito il racconto del respingimento di Liliana Segre? Un ufficiale svizzero, che sorprese la piccola Lilliana insieme al padre e a due cugini, decise che per loro non c’era posto e li riconsegnò nelle mani dei nazifascisti che, a distanza di pochi giorni, li deportarono ad Auschwitz. Ne uscì viva solamente Liliana Segre. Ci sono decine e decine di storie simili a queste, avvenute in quegli anni ai nostri confini.
Essere respinti verso luoghi in cui è minacciata la propria sicurezza significa esattamente questo ed è quanto sta facendo anche ora l’Italia. Scrive Repubblica:
La Asso 28, nave di supporto a una piattaforma petrolifera, è stata coinvolta nelle operazioni di soccorso di un gommone con 108 persone a bordo. Come avviene ormai da settimane, la sala operativa di Roma ha dato indicazioni di coordinarsi con la Guardia costiera libica e, prese a bordo le persone, la Asso 28 ha seguito le indicazioni e le ha sbarcate nel porto di Tripoli.
La sala operativa di Roma, così come quell’ufficiale svizzero, sta condannando 108 persone alla possibilità di essere recluse, violentate, picchiate, torturate. Perché in Libia, ai migranti, succede questo. E non si capisce per quale altra ragione dovrebbero imbarcarsi su gommoni affollatissimi nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, e di morire facendolo, se non per scappare da questo orrore.
Le sta condannando, inoltre, senza che sia stata valutata la storia individuale di ciascuna di queste, senza che le sia stata data la possibilità di domandare asilo, in palese violazione di tutte le normative internazionali che garantiscono i diritti umani: l’Italia si sta rendendo complice di quel che succederà in Libia a queste 108 persone.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]