[vc_row][vc_column][vc_column_text]Ove è possibile la doppia asta al massimo ribasso, perché non provare la tripla?
E’ il concetto di prezzo “al massimo ribasso” che va capito. E’ la differenza fra prezzo e valore di una merce: quando le due non coincidono, cosa si è perso lungo il cammino? È un regalo che ci fa il supermercato?
Nel costo di un vaso di pomodoro non vi è solo il vetro, l’etichetta, l’energia, il tappo ma anche la sicurezza, il controllo, le analisi, la formazione del personale, il rispetto di norme ambientali, la prevenzione, il welfare, la ricerca, le certificazioni, gli investimenti, gli ammortamenti, il lavoro, le imposte, l’utile d’impresa… la materia prima: il pomodoro. Ma quale? Coltivato e lavorato come? Con quanti gradi brix e quanti residui?.
Il massimo ribasso possibile è un avvitamento senza fine poiché in un mercato libero e “un-fair”, ovvero non trasparente, iniquo e con regole diseguali (è comparabile per diritti e reddito ‑sulla carta- il costo del lavoro nel sud dell’Egitto o nello Xinijang cinese con quello europeo?) ci sarà sempre qualcuno disponibile a produrre e vendere a meno.
La frode poi è dietro l’angolo.
Il massimo ribasso uccide il progresso sociale e civile, schiaccia economia ed ecologia, conduce a vorticose economie di scala che nulla hanno a che fare con la qualità ed il benessere delle persone e dell’ambiente tutto. Il risultato del massimo ribasso — non solo nel settore alimentare – è un prodotto senza vita.
E a quale dei valori che compongono il prezzo rinunceremo attraverso la gentile intercessione di una catena discount che al primo posto pone, come dice, gli interessi dei consumatori Italiani?
Sono parecchie le vittime di un sistema improntato al massimo ribasso: fra queste chi lavora rispettando tutte le regole, che sono costi oltre che valori (la corretta retribuzione, condizioni umane di lavoro, l’ambiente, la sicurezza, le tasse…), poi chi ha una dimensione piccola o intermedia e non è in grado di gestire economie di scala che impongono una industrializzazione massiva e crescente. Dovendo rinunciare sempre più agli investimenti, le macchine divenute obsolete si fermeranno e sarà costretto a vendere favorendo il sempre maggior gigantismo e monopolismo .
Ma a mani basse i primi risparmi si possono ottenere sull‘anello infintamente più debole della catena: chi il pomodoro lo raccoglie e lo produce. Massa sommersa e quasi invisibile, che rischia sotto il sole d’agosto che il pomodoro gli cuocia sul campo o nel cassone insieme al cervello.
La grandissima maggioranza dei campi di pomodoro sono di pochi ettari per ogni proprietà, vengono attaccati in gruppo alle prime luci dell’alba fino al tramonto, in condizioni disumane e insopportabili per qualunque vivente durante le ore centrali. In fila allineati, perchè tutti tengano il passo.
Dalle cassette poi si fanno cassoni di legno e ad ore prestabilite passa il camion rimorchio, 250 quintali di portata, che scavalla l’appennino per gli stabilimenti in Campania. Un ettaro può produrre oltre 1000 quintali di pomodoro, in biologico 600/700, quindi il via vai di camion è incessante. Finito il campo, il caporale-logista si muove al campo successivo e così fino ad esaurimento, dei pomodori e delle persone.
Prendere mano d’opera alla bisogna, disponibile dal mattino alle 4 agli incroci, è ancora più economico che usare macchine raccoglitrici e selezionatrici ormai diffuse in quasi tutto il nostro paese.
Davvero non si capisce perché l’agricoltura, settore fondamentale della nostra economia, che gode di riconoscimenti e risorse pubbliche importanti non sia sottoposto a controlli di uguale rigore come avviene verso artigianato, industria, commercio e altri.
Non aiuta di certo anche la decisione degli industriali quest’anno di abbassare il prezzo del pomodoro sotto i 10 centesimi al kg: non ci sarà mai dignità per chi ha le mani nella terra senza riconoscenza.
Bisogna smettere di essere consumatori di cibo per diventare fruitori di alimenti buoni e sostenitori dei territori, che alla fine sono i territori di tutti. Sono molte le esperienze che operano diversamente, avanguardie di una nuova prospettiva della terra che è casa, cibo ed ambiente.
Funkytomato raggruppa agricoltori raccoglitori industriali del pomodoro con contratti regolari e trasparenti, fa formazione, cultura ed innovazione, vende direttamente: presto arriverà al milione di bottiglie e viene proposto in prevendita, che è prefinanziamento, con sconti importanti.
La comunità e cooperativa Emmaus a Foggia, che opera su 1300 ettari affidatagli dalla regione Puglia, intercala i campi di grano Cappelli con varietà speciali di pomodori ed ha prospettive enormi.
Coop da anni ci mette la faccia e molti ispettori sui campi per garantire i propri pomodori non in modo “cartaceo” ma concreto, dai campi allo stabilimento produttivo.
Si può e si deve fare diversamente: fa bene a tutti.
Lucio Cavazzoni[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]