Da poco più di 24 ore, su Katowice, una delle più importanti città della vasta area industriale dell’Alta Slesia, nel sud della Polonia, a pochi chilometri da uno dei luoghi ove fu consumato il grande sterminio, sono puntati gli occhi di tutto il mondo. Lo sono o, meglio detto, dovrebbero esserlo. Non accade allo stesso modo in tutti i Paesi, e, purtroppo, accade troppo poco proprio qui, in Italia. Eppure dovrebbe interessarci moltissimo.
Perché a Katowice, mentre siamo impegnati a evitare che il nostro paese conosca la più orribile deriva dei diritti civili dopo il
ventennio fascista, mentre non possiamo smettere di rispondere colpo su colpo a bufale, menzogne e manipolazioni di ogni genere (che dei problemi reali delle persone davvero troppo poco si occupano), ci stiamo giocando la battaglia per la conservazione, sul nostro pianeta, delle preziosissime condizioni che ci permettono di immaginare un presente vagamente sereno e, letteralmente, un futuro possibile per il genere umano.
A Katowice, con la COP24, andranno avanti per i prossimi giorni i negoziati convocati dalle Nazioni Unite, tra più di 200 Paesi, che hanno l’obiettivo di definire le linee guida strategiche e operative per mettere realmente in atto gli accordi della COP21 di Parigi, ossia per rendere concreta la rapida decarbonizzazione dell’economia planetaria entro il 2050.
Anzi no, meglio entro qualche anno prima, perché la rapidità di evoluzione dei cambiamenti climatici sta sconvolgendo la comunità scientifica fino a farla parlare, più correttamente, di “collasso climatico”. E fa specie che non se ne parli abbastanza in un Paese come il nostro, dove la frequenza e l’intensità dei fenomeni meteorologici estremi sono elementi ormai inconfutabili (penso alle ultime settimane e alle immagini di Roma, Terracina, dei boschi devastati del Veneto e del Trentino, delle trombe d’aria liguri e campane, della più recente a Crotone, dei fiumi esondati in Sicilia) e dove le aggressioni stratificate di cementificazione e industrializzazione selvaggia, di abusi sanati, di condoni, di gestione criminale di grande opere e grandi speculazioni, ci hanno reso fragili ed esposti, come mai fino ad ora.
Vorrei che se ne parlasse di più, si. Di Katowice in particolare, e del futuro in generale.
Che si raccontasse soprattutto di quanto le strategie di cui si parla per difendere il nostro futuro, siano proprio esattamente le stesse che porterebbero cibo sano nei nostri piatti, aria respirabile per le strade, bollette energetiche più leggere, prospettive di lavoro pulito e duraturo nei territori, economie di nuovo fiorenti e benessere diffuso e distribuito, qualità della vita, libertà di muoversi e sicurezza vera nelle città, possibilità di fruire delle immense bellezze naturalistiche, paesaggistiche, storiche e architettoniche del nostro Paese.
Vorrei che fosse chiaro a tutti che si tratta proprio delle stesse strategie che renderebbero il nostro Paese libero dai ricatti dei
signori della guerra (potentissimi detentori delle risorse fossili, dei gasdotti, degli oleodotti, etc), e che ci garantirebbero una
sovranità sensata e democratica come quella energetica. Si, vorrei che di tutto ciò si parlasse ogni giorno, sostituendo, ad
esempio, al tormentone della flat tax (che favorisce i soliti privilegiati) quello di una carbon tax ben costruita che rubi agli inquinatori, per restituire agli inquinati e che contribuisca a ridurre le insopportabili e ingiuste diseguaglianze che pervadono il
nostro Paese, come il mondo intero… Ricominciando a puntare sulle nostre green-eccellenze e green-innovazioni tecnologiche e creative, che fanno scuola in tutto il mondo, mentre vengono ancora snobbate in casa nostra.
Di tutto questo, e di molto altro ancora, si sta parlando a Katowice. Non lasciamo che accada senza dire la nostra.
Facciamoci sentire.
Se avete voglia di aiutarci, nei prossimi giorni ma anche parecchio più in là, ci trovate in vario modo.
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