[vc_row][vc_column][vc_column_text]La legge 194 è in pericolo. Se la mozione di Verona, che ha sancito il finanziamento pubblico per quelle associazioni ultracattoliche il cui compito è fare pressione psicologica sulla donna e impedire di ricorrere all’Interruzione volontaria di Gravidanza (IVG) è stato un primo schiaffo, la proposta del deputato leghista Alberto Stefani ha sancito l’inizio della guerra all’autodeterminazione della donna.
È in pericolo il diritto della donna di decidere del proprio corpo e della propria vita, in una visione fondamentalista e unilaterale che vede protagonista “il concepito” come avente soggettività giuridica, a pari livello della donna — adulta, con una propria vita, propri progetti futuri.
Ciò che appare a pari modo grave, nel miasma paludoso che ha originato questa proposta, è che essa si basa su presupposti falsi, basi statistiche manipolate e del tutto fuorvianti.
Proporre leggi su dati falsi è un insulto alla democrazia stessa e a chi vorrebbe si risolvessero problemi veri con proposte efficaci, e non problemi inesistenti con proposte pericolose. Non ci soffermeremo a ribadire quanto sia importante la legge 194 per le donne, quanto dura sia stata la battaglia per ottenerla e limiteremo il discorso sull’aborto in sé, poiché riteniamo ci siano esperte più preparate dell’autore di questo articolo.
Analizziamo punto per punto le assurdità delle premesse della proposta del deputato Stefani.
- “Il ricorso all’aborto come strumento contraccettivo”. FALSO. L’inizio della proposta porta con sé già lo stigma sessuale della donna, come se sottoporsi ad una IVG fosse una colpa e fosse una passeggiata di primavera. Mentre nel resto d’Europa già da 35 anni la procedura ospedaliera, ricovero e operazione chirurgica di rimozione del feto, è divenuta obsoleta — sostituita dalla pillola RU486 — in Italia tale procedura risulta largamente utilizzata. Prevede, di solito, 1–2 giorni di ricovero ospedaliero. Al contrario, la pillola RU486 (in Italia usata nella minoranza di centri) non prevede né anestesia né operazione chirurgica. Vorremmo quindi chiedere ai firmatari della proposta: in quale universo una donna preferirebbe stare 1–2 giorni in ospedale, e sottoporsi ad un’operazione chirurgica, anziché utilizzare uno dei numerosi contraccettivi long/short-acting indolori, sicuri, di veloce utilizzo, e usa e getta? In nessuno.
2) “Un leggero calo”. FALSO. Il calo delle IVG è costante dal 1978 in Italia come in gran parte d’Europa.
E’ comodo per il deputato Stefani affermare che il calo è “leggero”, cosicché possa poi introdurre il nesso (secondo lui) logico: la pillola antiabortiva non è considerata. Ma è FALSO anche questo. Le raccolte tengono conto dei metodi utilizzati nei vari Paesi tra cui la pillola RU486, fornita su ricovero, quindi registrata negli archivi dei vari ospedali, e facente parte degli studi statistici a riguardo. È probabile, quindi, che il deputato si riferisca alla pillola contraccettiva usata spesso come spauracchio dalle associazioni ultracattoliche, paragonata in malafede alla pillola abortiva RU486. I cosiddetti “emergency contraceptives” prevengono la gravidanza “from occurring in the first place by blocking fertilization of the egg and subsequent implantation in the uterus; it does not, and cannot, induce abortions”. La EllaOne (la più venduta in Italia) contiene ulipristal acetato che è un modulatore recettoriale del progesterone; impedisce la proliferazione e l’annidamento endometriale dell’embrione, andando quindi ad operare sui gameti (sulla cellula sessuale della donna). È un metodo contraccettivo, al pari di tanti altri, e non un metodo abortivo. Lamentare il non inserimento di questo tipo di pillola — ipotizzando che il deputato Stefani intendesse questo con “uccisioni nascoste prodotte dalle pillole abortive” — nel conteggio di IVG/1000nati vorrebbe dire pretendere il conteggio anche di ogni rapporto sessuale con il preservativo, essendo entrambi metodi contraccettivi e non abortivi. Ciò è logicamente insensato.
3) “L’obiezione di coscienza non ostacola”. FALSO. L’obiezione di coscienza in media è del 70%, in 7 regioni supera l’80% e in alcune regioni come Molise e Basilicata tocca il 94%. In Molise c’è un solo medico non-obiettore con più di 600 casi di IVG l’anno. Trovare un medico non-obiettore, in Italia, diventa sempre più difficile e il problema risiede proprio nel trovarlo entro i 90 giorni previsti dalla legge, problema evidenziato anche dall’Unione Europea che ha sanzionato due volte l’Italia perché non garantisce l’accesso all’IVG e si riscontrano “notevoli difficoltà” per le donne. Molto furbescamente i firmatari approfittano di questo falso dato sull’obiezione di coscienza per trarre una loro conclusione: “la 194 non ha impedito gli aborti clandestini”. FALSO. Gli aborti clandestini stanno tornando proprio a causa dell’applicazione disattesa della legge 194, a causa dello stigma sociale e della difficoltà nel trovare medici non-obiettori (come riporta il report dell’EU: medici discriminati). A causa anche di quelle stesse associazioni che hanno trovato spazio grazie alla mozioni anti-abortista di Verona e che troverebbero (ancor più) spazio se questa proposta dovesse essere approvata.
4) “La pillola RU486 si può prendere a casa, con un metodo “fai da te”. FALSO.
C’è bisogno di un ricovero di controllo e supporto psico-fisico per assumere la pillola abortiva, motivo in più, tra le altre cose, per poter essere inserita nei report internazionali sull’IVG a seguito di anamnesi del paziente, e successivo inserimento nel database ospedaliero. Infine Stefani afferma che le informazioni per la donna sono scarse, ma la legge stessa afferma che alla donna è garantita ogni informazione su sua richiesta. Ergo: non sono ammesse pressioni psicologiche, né finanziamenti ad associazioni che forniscono informazioni parziali, non volute, o frutto di ideologie; sono ammesse informazioni imparziali, su richiesta della diretta interessata, e basate su studi approvati dall’OMS.
5) “La donna può liberamente revocare il proprio consenso allo stato di adottabilità del concepito”. Qui il deputato Stefani espone la possibilità per la donna di revocare il proprio consenso cosicché — si presume — nel caso cambi idea possa tenere il bambino anche dopo la nascita. Non menziona, però, né la possibilità di interrompere la gravidanza dopo aver fornito il consenso (entro, ovviamente, i termini previsti dalla legge 194) né cosa accade in caso di interruzione volontaria o involontaria di gravidanza. Avendo il concepito una soggettività giuridica, a seguito del decreto del tribunale dei minori, interrompere la gravidanza risulterebbe essere un omicidio nel senso letterale del termine? E se la gravidanza venisse interrotta involontariamente, potrebbe verificarsi la possibilità di processo per omicidio colposo? I firmatari volontariamente omettono di approfondire questi aspetti essenziali di un concetto, però, che potrebbe essere implicito nella soggettività giuridica del “concepito”. Impedirebbe, di fatto, l’IVG da parte della donna a seguito della disposizione del tribunale, per evitare un’accusa di omicidio. Quella stessa relazione, aborto-omicidio, che fondamentalisti religiosi rivendicano su basi ideologiche e non scientifiche.
6) “Anche in caso di anomalie o malformazioni del concepito”. I firmatari qui non approfondiscono quali anomalie e quali malformazioni, né tengono conto della sopravvivenza del feto durante gravidanza o dopo. Una malformazione come anencefalia (assenza alla nascita di gran parte della corteccia cerebrale) porta inevitabilmente il bambino a morte sicura entro pochi mesi (solo 2 casi al mondo sono sopravvissuti per circa 18 mesi). In questo caso, con diagnosi certa, la donna può scegliere di praticare una IVG anche dopo aver dato il consenso all’adottabilità del “concepito”? Senza, visto che non è specificato, essere accusata di omicidio preterintenzionale? Apparentemente i firmatari di tale proposta ritengono più importante salvaguardare il concetto di vita più che la persona stessa una volta nata, o la donna, che parrebbe costretta sotto contratto a portare avanti la gravidanza. Tale affermazione, infine, non tiene conto di tutte quelle malformazioni o patologie che vengono diagnosticate attorno al secondo o alla fine del terzo mese di gravidanza, periodo dopo il quale la donna potrebbe già aver dato consenso legale all’adottabilità del “concepito” e quindi risultante nella situazione sopracitata: a rischio accusa.
7) “Individuare le modalità più efficaci per la prevenzione dell’aborto”. FALSO. Non c’è nulla da individuare. E’ già stato individuato il metodo più efficace per ridurre il numero di aborti (già, come detto, in costante calo) e riportato in numerosi studi: migliorare l’accesso ai contraccettivi e fornire un’educazione sessuale ai giovani. Gli aborti diminuiscono laddove c’è un accesso facilitato ai contraccettivi, i giovani sanno cosa rischiano non utilizzandoli e sanno come utilizzarli, in totale libertà personale e nel rispetto dei diritti di ciascuno di operare delle scelte sulla propria vita sessuale e/o riproduttiva.
L’Istituto Guttmacher ha raccolto in un report sull’aborto i dati del cambiamento culturale relativa al sesso dal 1982 al 2017 arrivando alla conclusione che ostacolare l’accesso all’IVG — tramite anche pressioni psicologiche, come quelle rese obbligatorie dalla proposta di Stefani, atte a salvaguardare la non-ancora-sviluppata vita del feto e non quella sviluppata ed esperienziale della donna — non diminuisce il numero di aborti ma li rende più insicuri, e mette in pericolo la salute della donna stessa.
L’Istituto nel report, e riafferma ciò nel report successivo del 2018, afferma che una politica a favore della vita guarda la vita già sviluppata della donna, minacciata dal mancato sostegno e ascolto, in relazione alle decisioni sulla propria gravidanza e sulla propria vita.
In conclusione: il metodo più efficace per ridurre il numero di IVG non è quello di convincere la donna che ci sono alternative, ma quello di incentivare l’utilizzo di contraccettivi e fornire un’adeguata educazione sessuale ai giovani, migliorando e incrementando l’informazione scientifica e l’aiuto psicologico alle donne, per venire incontro anche a quelle donne fuori dalla legge che ricorrono ad aborti clandestini, costrette proprio da una legge (da migliorare) che tutela più gli obiettori di coscienza che la vita delle donne.
8) “Il calo demografico è causato dalla legge 194”. FALSO.
Questa affermazione è a malapena accennata nella proposta di Stefani (con quel dato di “6 milioni in meno” che non tiene conto di alcuna proiezione socio-economica) per un semplice motivo: non ci sono dati a supporto.
E’ una frase ad effetto, e palesa l’intento misogino e delegittimante dietro di essa: attaccare la libertà della donna, costi quel che costi.
Se il cosiddetto, impropriamente, “utero in affitto” (GPA) è osteggiato da “sinistra” a destra, perché (cito) “è un uso del corpo della donna”, pare che i firmatari della suddetta proposta non si facciano problemi a fare pressione psicologica affinché la donna porti avanti una gravidanza che non vuole e che la porti avanti per altre persone. Il problema per costoro, quindi, non è il corpo della donna ma la libera scelta della donna che nella pratica della GPA è presente senza costrizioni psicologiche, morali o legali, mentre “nell’adozione del concepito” risulta assente, poiché si rende *obbligatoria* la sopracitata pressione psicologica, il cui seguito potrebbe essere una disposizione del tribunale dei minori.
Come mostrano le immagine, i Paesi EU (cerchiati e sottolineati in verde) come Islanda, Francia, Norvegia e Regno Unito hanno un numero di IVG superiore al numero di IVG registrate in Italia, e, mentre l’Italia ha un effettivo calo demografico, questi stessi Paesi si trovano tra i primi 7 con il più alto tasso di natalità (>12/1000 abitanti).
La Correlazione, quindi, tra IVG e calo demografico è del tutto inesistente.
Cos’è allora che differenzia il nostro Paese dai sopracitati?
Solo per citare alcuni esempi: pari diritti e doveri tra madre e padre (Islanda, Norvegia e Svezia hanno introdotto un congedo genitoriale paritario obbligatorio e pagato per entrambi i genitori), l’abbattimento dei ruoli di genere e degli stereotipi, l’aumento delle politiche a sostegno del lavoro femminile (in Italia fermo al 48% al di sotto della media europea del 65–70% con picchi in Germania del 78%) — una coppia che lavora è una coppia che può economicamente permettersi di fare figli — asili nido gratuiti e aperti 24h su 24 (come in Danimarca e in Islanda), e tanto altro.
In generale potremmo dire: un benessere economico e sociale migliore, paritario e più sano, rispetto ad un Paese (l’Italia) in cui viene posto sullo stesso piano socio-giuridico il “concepito” e la donna che lo porterà in grembo per 9 mesi.
Marco dr. Puntastic[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]