Ciao, sono Denise, sono quella che analizza la realtà e fa autocritica sui fallimenti personali e le speranze collettive scrivendo di sé in terza persona. Ma non oggi. Oggi ci metto il nome, la faccia e l’impegno.
Ho sempre pensato che la coerenza fosse un prerequisito fondamentale per chi vuole fare politica e secondo questo criterio io non avrei alcuna voce per parlare di clima e di ambiente. Ho 30 anni, sono una militante politica e non ho mai ritenuto prioritaria e urgente la questione climatica. Finora.
Capiamoci, non è che ignorassi il tema e le responsabilità dell’uomo, ma sono sempre stata abituata a vederlo come un’appendice ai programmi elettorali, una notizia accennata nei TG, o un problema che avrebbe dovuto affrontare qualcuno più grande di me.
La mia generazione non è stata educata ad affrontare con attenzione e reale interesse l’ecologia. Se cerco di scavare nella memoria ricordo quando da bambini ci portavano a piantare semi il giorno della “Festa dell’albero” o quando nella stazione del mio paese si fermava il “Treno verde” di Legambiente. Ci divertivamo e nello stesso tempo apprendevamo che dovevamo salvare gli alberi.
La prima volta che ho letto la parola “ecologia” era su un libro che ci fecero comprare alle scuole medie. Era il 2000 e il titolo era “I nuovi termini”. Erano libri che volevano insegnarci le parole nuove e i nuovi argomenti che non avevano ancora spazio nelle enciclopedie. Anche lì le parole ecologia, deforestazione, ambiente si trovavano in coda al libro. Ancora appendici. Che non ho mai letto.
Il problema è che quando si continua a definire urgente la questione climatica da decenni, la naturale conseguenza diventa l’assuefazione, e così impari a conviverci, a giustificare e ad aspettare passivamente che qualcuno faccia qualcosa. Forse questa è la giustificazione che do a me stessa per perdonarmi l’essere stata ferma fino ad oggi, in attesa e poco concentrata. Ma per fortuna qualcun altro non ha fatto i miei errori.
E’ successo che c’è una nuova generazione, guidata da una sedicenne, che sta dando spallate continue a tutti noi urlandoci in faccia a piena voce che è ora di svegliarsi dal letargo e di agire. La nostra casa sta bruciando e noi ci preoccupiamo di mettere le grate alle finestre.
Non starò qui a raccontarvi di quanto sia fondamentale che la politica metta al centro l’ambiente, di quanto il nostro obiettivo futuro dovrà essere incentrato sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, di quanto sia urgente una diversa politica economica che obblighi le multinazionali a ridurre le emissioni, o di quanto tutti i fenomeni migratori che abbiamo affrontato e affronteremo nei prossimi anni siano legati e causati dai cambiamenti climatici. Non posso parlarvi di queste cose, io le ho capite solo da pochi mesi e lascerò che a parlare sia chi ne ha le competenze e la preparazione.
Ma posso e voglio parlare a chi, direttamente o indirettamente, cerca di delegittimare l’interesse sul clima attaccando Greta Thunberg e il movimento che intorno a lei si è creato e che cresce settimana dopo settimana.
Ho il difetto di essere una persona passionale. Non sono in grado di fare qualcosa che non mi appassioni e che non mi convinca al 100%. O magari potrei farlo ma non convincerei nessuno e sul mio volto comparirebbe un insegna luminosa che renderebbe visibile tutta la mia incoerenza.
Che c’entra in tutto questo discorso? C’entra che avete ragione e che bisognerà fare molta attenzione a non trasformare Greta in un’icona, in un feticcio vuoto, che ci vorrà molta forza per far comprendere che il messaggio che porta dovrà sopravvivere ed essere più forte del suo nome, ma questa ragazzina è riuscita a smuoverci, ci ha svegliati dal letargo e ha rimesso in moto la fiducia nella scienza. E lo ha fatto con parole semplici e concrete nei confronti dei grandi della Terra.
Non sarà sufficiente cambiare le nostre abitudini quotidiane senza politiche economiche internazionali comuni e radicali ma comunque vada a finire questa sfida, ognuno di noi sarà chiamato a fare i conti con la propria coscienza e Greta è la testimonianza che non si è mai troppo piccoli per cambiare il mondo in cui viviamo.
Io ci sto provando a fare i conti con la mia e sono una che non si perdona facilmente. Ma si può fare. Si può, per esempio, smettere di comprare acqua in bottiglie di plastica e bere quella del rubinetto. Si può fare con maggiore attenzione la raccolta differenziata. Si può abbandonare la comoda macchina del caffè a capsule e tornare alla vecchia moka con caffè in polvere. Si possono spegnere le luci quando non è necessario averle accese. Si può consumare meno acqua sotto la doccia. Si può evitare di prendere la macchina e camminare se possibile. Si può imparare a fare la spesa in modo più etico ed evitando gli sprechi.
Queste sono le azioni concrete che mi sto obbligando a fare e che non mi vergogno a dire che sto facendo grazie al messaggio che una sedicenne svedese sta veicolando di venerdì in venerdì.
Io oggi metto da parte il mio bisogno di coerenza in nome della lotta per il clima. Un altro venerdì è passato, ed è il momento che tutti iniziamo a parlare di ambiente. Potremmo perdonarci se non lo facessimo?
Denise Doghini