[vc_row][vc_column][vc_column_text]La stagione venatoria 2019–2020 si è aperta da sole tre settimane e le vittime, tra morti e feriti, ammontano secondo il report dell’associazione “Vittime della caccia” già a 11.
Solo negli ultimi due giorni sono state registrate due morti.
Bruno Varano aveva 64 anni. Ed è morto in provincia di Catanzaro, dopo essere stato colpito da un colpo esploso da un compagno di caccia.
A Pomezia un cacciatore di 71 anni è morto per un’emorragia interna, dopo essere stato colpito da un colpo sparato da uno dei compagni.
A metà settembre un uomo di 55 anni è stato ucciso nel salernitano da un colpo esploso dal figlio, che lo aveva scambiato per un cinghiale durante una battuta di caccia agli ungulati svolta in un giorno vietato.
Una raffica di incidenti avvenuti in poche settimane, che occupano sui giornali lo spazio di un trafiletto in un’edizione locale. Incidenti, feriti e morti che sono la dimostrazione plastica di un’emergenza sicurezza rappresentata dall’attività venatoria.
A queste si sommano gravi notizie per la tutela della fauna e degli ecosistemi. Solo poche settimane fa un raro esemplare di falco pescatore è stato ucciso nella provincia di Ancona dopo essere stato impallinato. Una specie tornata a nidificare in Italia solo nel 2012 e della quale ad oggi si contano in Italia solo 5 coppie.
I dati parziali della stagione in corso si avvicinano progressivamente ai risultati dell’anno scorso, con circa 80 vittime tra feriti e morti.
Sono questi gli esiti di un’attività che andrebbe al più presto limitata, lavorando innanzitutto per la riduzione e un maggior controllo del possesso delle armi e per una più rigida regolamentazione del calendario venatorio, e che invece continua a uccidere. Di fronte a questa situazione continuiamo a proporre un piccolo, semplice passo al Parlamento e al Governo: l’abolizione dell’articolo 842 del codice civile, che dispone che il proprietario di un fondo non può impedire ai cacciatori di entrare nella sua proprietà: un piccolo passo che inizierebbe a ridurre i rischi di un’attività potenzialmente pericolosa e dannosa per gli uomini e per l’ecosistema, nel contesto di emergenza climatica in cui viviamo.
Luca Coloccini[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]