[vc_row][vc_column][vc_column_text]Toscana, Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania. Sono solo alcune delle regioni italiane in cui si registrano precipitazioni eccezionali che si riversano nei bacini idrografici portando a ondate di piena, esondazioni, allagamenti. Ancora: forte vento e alberi che crollano, nevicate tanto abbondanti da chiudere intere vallate, decine di migliaia di persone rimaste isolate e senza energia elettrica. Marea eccezionale a Venezia, danni incalcolabili ed un territorio che non riesce più a far fronte a fenomeni di questa portata.
Chiamarlo maltempo a questo punto può diventare l’understatement per antonomasia: il Consiglio dei Ministri ha in programma di riunirsi al più presto e, forse, dichiarare lo stato di emergenza. Proponiamo — da mesi, a dir la verità — che si aggiunga a quello stato di emergenza la parola “climatica”. Per smettere, una buona volta, di prendere in giro quei milioni di ragazzi e di cittadini che da mesi si riversano nelle piazze chiedendo più serietà dai governi nel rispetto degli accordi di Parigi. Milioni di persone che non si fanno più ingannare dalla parola maltempo, così profusamente sovrautilizzata. L’Italia, lo sappiamo, sarà una delle aree geografiche maggiormente colpite dai cambiamenti climatici: se ne stanno accorgendo tutti. I fenomeni che viviamo in questo novembre si avvicinano sempre più ad un clima tropicale, che purtroppo stiamo ormai imparando a conoscere. Meglio sarebbe se i governi che si succedono smettessero di negare un problema che si ripresenterà sempre più spesso e più intenso e si concentrassero sia sulla mitigazione che sull’adattamento al nuovo clima. Il nostro fragile assetto idrogeologico deve essere sostenuto da interventi adeguati al cambiamento a cui stiamo assistendo.
Sarebbe, allora, davvero il caso di iniziare dichiarando lo stato di emergenza climatica cosi da convogliare le risorse che occorrono per affrontare una emergenza come questa. Occorre entrare nell’ordine di idee che subito terminata la gestione di questa ennesima crisi si procederà con la pianificazione di interventi di adattamento seri. Cambiare il modo in cui territori reagiranno alle prossime, sempre più intense precipitazioni è una necessità non più prorogabile.
Nel frattempo, non ci resta che la solidarietà verso chi, in queste ore, sta pagando il prezzo dell’inattività dei governi nel rispetto degli accordi di Parigi, le proposte che potrebbero già da ora fare la differenza, se ascoltate, e le dichiarazioni di emergenza climatica di alcuni, ancora troppo pochi, comuni e regioni. Mentre la sfida è nazionale e globale, e l’impegno deve esserlo altrettanto. Proprio ciò che chiede Greta, e ciò che gridavamo in piazza, in tantissime e tantissimi, dal 15 marzo in poi…
Chiara Bertogalli[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]