Da novembre alla fine dell’anno le donne in Europa lavorano gratis. Questo è l’effetto del gap salariale tra uomini e donne, che colpisce tutta l’Unione europea: le donne per due mesi lavorano non retribuite rispetto ai loro colleghi maschi.
Finalmente, con grande ritardo, se ne comincia a parlare anche in Italia e mi piacerebbe molto potermi confrontare con la Deputata del Pd Chiara Gribaudo e il Segretario Nicola Zingaretti. Nei giorni scorsi infatti l’onorevole Gribaudo ha depositato una proposta di legge in tema di parità salariale e ieri il segretario Nicola Zingaretti, al termine della kermesse del Partito, ha indicato la parità salariale come uno degli obiettivi principali in agenda da perseguire, insieme allo ius soli e alla revisione dei decreti sicurezza.
“Faremo una legge sulla parità salariale — ha annunciato Zingaretti — tra donne e uomini, ma per raggiungere l’obiettivo e non per mettere bandierine e avere un’intervista sui giornali. Ci vuole serietà, non comizi”.
Insieme a Davide Serafin e Possibile, lavoro sul tema della parità salariale da molto tempo. Durante la scorsa legislatura, mentre il PD era al governo, abbiamo depositato due proposte di legge, che non sono affatto un elenco di buone intenzioni ma due proposte “senza oneri per lo Stato” e immediatamente applicabili. Si trovano intonse negli archivi della Camera e le mettiamo a disposizione.
Per questo motivo vorrei avere la possibilità di confrontarmi su una questione, che ben conosco e che ritengo dirimente sia in tema di uguaglianza sia di contrasto alla violenza.
Tra pochi giorni sarà il 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le donne ed è bene ribadirlo: nessuna azione per contrastare la violenza può ritenersi efficace se a monte non si risolvono le grandissime disuguaglianze in tema economico e lavorativo. Nessuna donna può essere libera di sbattere la porta a un uomo violento, se non può far affidamento su una sua autonomia lavorativa ed economica. La violenza economica è la prima forma di violenza ed è ancora troppo sottovalutata.
Non posso quindi che leggere con favore un’attenzione sulla parità salariale che il PD non aveva espresso quando era al governo e che oggi ritiene in cima all’agenda di governo.
Se però la proposta di partenza è quella dell’Onorevole Gribaudo siamo ancora molto lontani dal pensare misure efficaci.
A poco serve la modifica del Codice delle pari opportunità (Dlgs 198/2006) così come pensata dal DDL Gribaudo che introduce la possibilità per le aziende sotto i 100 dipendenti di fornire un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile: a oggi non lo trasmettono neanche le aziende che sono obbligate a farlo, figuriamoci se si trattasse di un’opzione facoltativa. Così come è fortemente insufficiente pensare di limitarsi a rispettare alcuni parametri minimi per ottenere una sorta di bollino rosa.
D’altra parte l’Islanda insegna: se vuoi la parità salariale, devi imporre la parità salariale. È così che noi abbiamo pensato le nostre proposte di legge, semplici, quanto forti. Due già depositate, una presentata nelle scorse settimane.
In sintesi, nelle prime due, prevediamo che:
- Le aziende e le organizzazioni siano tenute a garantire la trasparenza e la pubblicità nella composizione e nella struttura salariale della remunerazione dei propri dipendenti, comunicando con chiarezza esclusivamente l’appartenenza di genere e la composizione salariale: in questi modo di ogni azienda si può facilmente conoscere quanti uomini e quante donne siano assunte e quale sia il loro livello di retribuzione.
- Si modifichi l’articolo 80 del codice degli appalti aggiungendo tra le cause di esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche anche il mancato rispetto della parità salariale tra lavoratori e lavoratrici.
La terza proposta è piuttosto articolata e prevede innanzitutto un necessario aggiornamento dell’articolo 37 della Costituzione, raccogliendo lo spunto che Lea Melandi aveva espresso alcuni anni fa: nella Costituzione infatti il “lavoratore” è implicitamente uomo, mentre la “lavoratrice deve essere qualificata sempre come “donna lavoratrice” e “le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare”: ma un tale adempimento va condiviso con l’uomo lavoratore, non può più essere considerata una funzione esclusivamente della donna.
Inoltre nella stessa proposta imponiamo una vera e propria Certificazione Equal Pay, riprendendo lo schema adottato in Islanda: non generici parametri minimi come intende Gribaudo, ma un preciso modello semplificato di gestione organizzativa volto al perseguimento della parità retributiva.
Nei restanti articoli si punta a introdurre in Italia un vero e proprio congedo di paternità, avente le stesse caratteristiche e la stessa durata di quello previsto per le madri e di estendere i servizi socio educativi bambini da 0 a 3 anni attraverso un’attenta revisione di spesa che nella proposta spieghiamo dettagliatamente.
LEGGI LA PROPOSTA DI LEGGE
Si tratta di questioni essenziali che riguardano non solo i fondamentali diritti delle donne, ma anche l’economia del Paese: i Paesi dove è più alto il numero di donne lavoratrici e più allineati i salari, sono infatti anche i Paesi che crescono di più.
Non posso quindi che essere d’accordo con Zingaretti quando dice che non se ne può fare materia da spot elettorale.
Per questo è quanto mai essenziale lavorare a una proposta frutto di confronto e realmente efficace, senza bandierine, ma con un comune intento di introdurre norme che possano realmente cambiare la faccia di questo Paese.
Una faccia ancora troppo patriarcale, che solo facendo rete con tutte le realtà che spingono verso politiche più femministe, può essere cambiata.