Mentre la discussione pubblica si avvita in discorsi relativi alla cromia via via assegnata alle Regioni, mentre si continua giustamente a parlare del trasporto pubblico, mentre ci si continua a interrogare su quale sia la strategia migliore per contenere i contagi in estenuanti dibattiti televisivi, il virus continua a diffondersi e non lo fa solo tra la popolazione in libera circolazione ma come logico, senza sconti, anche nei luoghi di lavoro. Anche e — diremmo, ironicamente amareggiati — persino tra i lavoratori della Grande Distribuzione.
In questi giorni in particolare, anche grazie alle testimonianze che i lavoratori stanno rilasciando in maniera rigorosamente anonima a storici gruppi Facebook dedicati, sta emergendo un quadro desolante e inaccettabile di quello che stanno (stiamo) vivendo in relazione ai contagi sempre più diffusi tra il personale.
Personale in turno sebbene in attesa di esito del tampone, casi di positività tenuti nascosti, sanificazioni inesistenti, pressioni sul personale a non divulgare notizie della positività individuale o di congiunti.
Emblematico ma non isolato, tutt’altro, il caso di un dipendente al quale è stato consigliato di — letteralmente — “farsi i fatti suoi”, dopo che aveva chiesto informazioni circa la possibile positività di un collega.
Carissimi, questi sono fatti nostri in primis ma non solo, questi sono “fatti” di tutti perché un operatore della Grande distribuzione ogni giorno è a contatto, senza la dovuta cautela sul distanziamento fisico, con moltissime persone di tutte le fasce d’età e tutte con quadri di possibili patologie che ovviamente sono a loro sconosciuti.
Ormai lo abbiamo imparato: il silenzio, che se indotto diventa omertà, è un formidabile alleato per il virus e imporre il silenzio ai dipendenti è tanto vile quanto pericoloso.
Ma quanto detto sin qui fa ancora più riflettere se consideriamo che i profitti delle grandi catene stanno aumentando grazie all’ausilio delle piattaforme web di cui ogni grande catena è dotata. Certo la riflessione sui profitti e sulle piattaforme web meriterebbe più ampi spazi di discussione ma è l’aspetto pratico che lascia di stucco. In altre parole, il grande successo delle piattaforme di cui sopra rivela come le persone tendano ad andare ad assembrarsi nei supermercati perché non hanno altre possibilità o ne hanno poche in relazione al grado di restrizione regione per regione, per uscire di casa. Crediamo sia necessario un intervento specifico da parte dei decisori politici affinché possano far capire che il sacrosanto diritto all’approvvigionamento alimentare non deve essere confuso con il diritto allo svago.
Ancora una riflessione importante: abbiamo parlato del silenzio imposto ai lavoratori ma c’è anche il silenzio che da anni viene imposto alle sigle sindacali di base che sono le uniche ad aver denunciato situazioni al limite, ad aver intrapreso iniziative di astensione dal lavoro proclamando stati di agitazione e scioperi e alle quali non viene concessa l’agibilità sindacale e con essa la possibilità di eleggere RSU, RSA e di conseguenza RLS (responsabile per la sicurezza dei lavoratori) grazie ad una sciagurata legge sulla rappresentanza e al Testo Unico sulla rappresentanza che risale addirittura al 1994.
Crediamo che quando questa devastante fase emergenziale sarà alle spalle sia necessaria una nuova legge sulla rappresentanza che garantisca ai lavoratori la libera e democratica scelta dei loro Rappresentanti sindacali. Nel frattempo chiediamo che si provveda a far eleggere un RLS in ogni unità produttiva ove manchi ricordando il ruolo fondamentale di raccordo tra azienda e lavoratori che è in capo a questa figura.
Un dipendente della Grande Distribuzione Alimentare