Lettera aperta alla Ministra Lamorgese

Le condizioni dei migranti in Libia peggiorano di giorno in giorno. Centinaia di donne e di uomini sopravvivono dietro le sbarre degli atroci campi o per strada, ad esempio nella pericolosa area di Tripoli. Molti hanno bambini piccoli. Tutti sono alla mercé di un Governo, quello libico, che li considera esseri inferiori da utilizzare come forza lavoro in un redivivo sistema economico basato sulla divisione in razze e sulla riduzione in schiavitù degli ultimi.

Gen­ti­le Mini­stra Lamorgese,

sap­pia­mo che il Suo Mini­ste­ro da sei mesi sta lavo­ran­do all’attivazione di un bel­lis­si­mo pro­get­to per 5 voli di eva­cua­zio­ne dal­la Libia ver­so l’Italia.

I sog­get­ti orga­niz­za­to­ri, la Fede­ra­zio­ne del­le Chie­se Evan­ge­li­che in Ita­lia, la Tavo­la Val­de­se e la Comu­ni­tà di Sant’Egidio, sono gli stes­si che da anni eva­cua­no con suc­ces­so rifu­gia­ti siria­ni dal Liba­no ed han­no, quin­di, tut­te le car­te in rego­la per gesti­re acco­glien­za e ricol­lo­ca­men­to di per­so­ne nei vari Pae­si euro­pei sen­za gra­va­re sul­lo Sta­to italiano.

Que­sti cor­ri­doi uma­ni­ta­ri per­met­to­no a per­so­ne fug­gi­te dai loro pae­si e in con­di­zio­ne di vul­ne­ra­bi­li­tà di acce­de­re al loro dirit­to di chie­de­re asi­lo usu­fruen­do di vie lega­li e sicu­re. Lo stes­so Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca, Ser­gio Mat­ta­rel­la, li ha defi­ni­ti “un momen­to di rea­liz­za­zio­ne con­cre­ta dei prin­ci­pi del­la Costi­tu­zio­ne ita­lia­na”.

Sap­pia­mo che ogni pro­get­to ha il suo iter, ma con­si­de­ra­ta l’emergenza uma­ni­ta­ria in Libia, Le chie­dia­mo di con­ce­de­re subi­to il nul­la osta per attua­re i 5 voli di eva­cua­zio­ne urgente.

Nel­le ulti­me set­ti­ma­ne diver­se per­so­ne che avreb­be­ro avu­to dirit­to ad un posto su quei voli sono mor­te. Di malat­tia, fame e abban­do­no. Tra di loro c’erano anche un mino­ren­ne e una bim­ba di un anno e mezzo.

Le con­di­zio­ni dei migran­ti in Libia peg­gio­ra­no di gior­no in gior­no. Cen­ti­na­ia di don­ne e di uomi­ni soprav­vi­vo­no die­tro le sbar­re degli atro­ci cam­pi o per stra­da, ad esem­pio nel­la peri­co­lo­sa area di Tri­po­li. Mol­ti han­no bam­bi­ni pic­co­li. Tut­ti sono alla mer­cé di un Gover­no, quel­lo libi­co, che li con­si­de­ra esse­ri infe­rio­ri da uti­liz­za­re come for­za lavo­ro in un redi­vi­vo siste­ma eco­no­mi­co basa­to sul­la divi­sio­ne in raz­ze e sul­la ridu­zio­ne in schia­vi­tù degli ultimi.

Affin­ché tut­to que­sto non riman­ga su un pia­no astrat­to, ci per­met­ta di rac­con­tar­Le alcu­ne sto­rie rea­li di per­so­ne che stia­mo cer­can­do di evacuare:

– Maryam, Sami­ra, Fati­ma e tan­te altre ragaz­ze che seguia­mo, dopo la cat­tu­ra in mare sono sta­te ven­du­te come schia­ve da guar­die o diret­to­ri di cam­pi (anche di cam­pi finan­zia­ti da pro­get­ti AICS!) per cifre attor­no ai 1500 dol­la­ri. Le han­no com­pra­te pri­va­ti cit­ta­di­ni libi­ci per usar­le di gior­no come dome­sti­che non paga­te, tut­te le not­ti le han­no violentate.

– Paul, Seba­stian e un nume­ro altis­si­mo di altri ragaz­zi, cat­tu­ra­ti in mare nel 2020, sono sta­ti pro­ces­sa­ti dal Tri­bu­na­le ordi­na­rio di Tri­po­li. Lega­ti, ben­da­ti e sen­za avvo­ca­ti difen­so­ri. Da lì sono sta­ti desti­na­ti ai lavo­ri for­za­ti: chi come ope­ra­io per costrui­re ope­re pub­bli­che e pri­va­te, chi come schia­vosol­da­to.

Come saprà, l’articolo 6 del­la leg­ge libi­ca 19/2010 sull’immigrazione clan­de­sti­na vie­ne tut­to­ra appli­ca­to dal Gover­no di Accor­do Nazio­na­le Libi­co (GNA). Tale leg­ge, per il rea­to di immi­gra­zio­ne clan­de­sti­na, pre­ve­de la pena del­la deten­zio­ne con lavo­ri for­za­ti.

Alla schia­vi­tù si aggiun­ge la fame. E le con­se­guen­ti malat­tie. Anche chi è riu­sci­to a scap­pa­re da pri­gio­ni, lavo­ri for­za­ti e tor­tu­re sta moren­do. Soprat­tut­to i bam­bi­ni. Sof­fro­no di calo del­la vista, pro­ble­mi car­dia­ci e di una serie di pato­lo­gie pro­vo­ca­te dal­lo sta­to di denu­tri­zio­ne in cui versano.

In Libia i migran­ti non han­no acces­so a cure medi­che. Seguia­mo don­ne incin­te che non han­no mai visto un dot­to­re e saran­no costret­te a par­to­ri­re nasco­ste, per­ché un’altra leg­ge libi­ca pre­ve­de l’arresto imme­dia­to per le don­ne che han­no figli sen­za mari­to. L’estate scor­sa han­no arre­sta­to una ragaz­za che cono­scia­mo: la sua uni­ca col­pa era sta­ta recar­si in un ospe­da­le di Tri­po­li per non mori­re di par­to, è sta­ta por­ta­ta in pri­gio­ne poche ore dopo la nasci­ta del suo bambino.

Se non inter­ve­nia­mo, que­ste per­so­ne mori­ran­no in Libia, oppu­re ten­te­ran­no il mare, con i rischi che cono­scia­mo bene.

L’Europa, come espo­sto nel­la denun­cia pre­sen­ta­ta da Juan Bran­co e Omer Sha­tz alla Cor­te pena­le dell’Aia per Cri­mi­ni con­tro l’umanità a giu­gno del 2019, è coscien­te­men­te respon­sa­bi­le del­le mor­ti per anne­ga­men­to, dei respin­gi­men­ti sia in Libia che lun­go le rot­te bal­ca­ni­che, dei con­se­guen­ti cri­mi­ni con­tro le per­so­ne respin­te. Vedia­mo la poli­ti­ca ita­lia­na espri­me­re acco­ra­te paro­le di cor­do­glio per casi par­ti­co­lar­men­te dram­ma­ti­ci, come la mor­te del pic­co­lo Jose­ph o l’abbandono dei rifu­gia­ti nel cam­po di Lipa, ma non pos­sia­mo fare a meno di nota­re la sua igna­via, quan­do si trat­ta di inter­ve­ni­re con i fatti.

L’emergenza COVID-19 vie­ne trop­po spes­so uti­liz­za­ta come scu­san­te per bloc­ca­re i cor­ri­doi uma­ni­ta­ri. Eppu­re, la recen­tis­si­ma espe­rien­za dal Liba­no ci ha dimo­stra­to che non c’è cosa più sicu­ra dei cor­ri­doi lega­li, che pre­ve­do­no con­trol­li medi­ci accu­ra­ti sui rifu­gia­ti in entra­ta nel nostro Paese.

Tra qual­che anno, ciò che oggi stia­mo rac­con­tan­do fini­rà sui libri di Sto­ria. Ma non vi fini­rà solo ciò che abbia­mo det­to, vi fini­rà anche e soprat­tut­to ciò che abbia­mo fat­to – o non fat­to – per evitarlo.

Oggi, con que­sta let­te­ra, chie­dia­mo di apri­re urgen­te­men­te un cana­le lega­le e sicu­ro tra la Libia e l’Italia, ma anche di met­te­re in atto una svol­ta nel­la poli­ti­ca migra­to­ria ita­lia­na e far sì che essa ispi­ri il resto d’Europa.

12/01/2021

Sari­ta Fra­ti­ni, Armi­da Gaetana

e tut­to il Josi & Loni Project

Fir­ma­ta­ri:

Josi & Loni Project;

Medi­ter­ra­nea Saving Humans;

Alarm Pho­ne;

Bao­bab Experience;

Basta Vio­len­za alle Frontiere;

Bor­der­li­ne Euro­pe – Italia;

Bor­der­li­ne Sicilia;

Col­let­ti­vo Pri­mo Contatto;

Comi­ta­to Veri­tà e Giu­sti­zia per i Nuo­vi Desaparecidos;

Emmaus Paler­mo;

Forum Anti­raz­zi­sta Palermo;

Lascia­te­CIEn­tra­re;

Movi­men­to EcoSocialista;

Pos­si­bi­le;

Rimuo­ven­do Gli Ostacoli;

Sal­va­men­to Mari­ti­mo Huma­ni­ta­rio – SMH;

Yasmi­ne Accar­do (Lascia­te­CiEn­tra­re);

Tizia­na Baril­là (gior­na­li­sta e scrittrice);

Gior­gio Beret­ta (osser­va­to­rio OPAL);

Bea­tri­ce Bri­gno­ne (segre­ta­ria “Pos­si­bi­le”);

Tizia­na Car­me­li­ta­no (atti­vi­sta);

Mar­co Ciur­ci­na (avvo­ca­to);

Giu­sep­pe Civa­ti (edi­to­re);

Fede­ri­ca Giglio (vignet­ti­sta);

Car­lo Gubi­to­sa (gior­na­li­sta e scrittore);

Lui­sa Leon (atti­vi­sta);

Fede­ri­co Lera (avvo­ca­to);

Ales­san­dro Lupa­rel­lo (atti­vi­sta);

Lucia­na Negro;

Giu­si Nico­li­ni (atti­vi­sta)

Vale­rio Nico­lo­si (regi­sta, scrittore);

Ful­vio Vas­sal­lo Paleo­lo­go (vice pre­si­den­te ADIF);

Artu­ro Saler­ni (pre­si­den­te Coa­li­zio­ne Ita­lia­na per le liber­tà e i dirit­ti civili);

Pao­la Spi­ne­li (atti­vi­sta);

Danie­le Vica­ri (regi­sta);

Don Mus­sie Zerai;

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