La pandemia da coronavirus si sta rapidamente espandendo nel mondo e ha superato al 29/1 i 101 milioni di contagiati e i 2 milioni di morti (fonte: Johns Hopkins – Coronavirus Resource Center), ma ora è iniziata, almeno nei paesi sviluppati, la vaccinazione di massa, seppur rallentata dalle note difficoltà nella produzione e fornitura di dosi da parte delle principali aziende produttrici, Pfizer, Moderna, AstraZeneca.
Ovviamente la situazione sanitaria non potrà ristabilirsi finché non sarà raggiunto un adeguato livello di immunizzazione a livello globale, cioè mondiale. Non è una novità: è stato sempre così per tutte le epidemie e pandemie, dal vaiolo alla poliomielite: virus e batteri non conoscono confini e il coronavirus è un abile viaggiatore.
I paesi sviluppati con buone capacità economiche hanno già piazzato ordini alle case produttrici per quantità molto importanti, spesso superiori alla propria popolazione:
- Canada (per 5 volte gli abitanti)
- Regno Unito (per 3 volte gli abitanti)
- Stati Uniti, Unione Europea, Nuova Zelanda, Australia (per 2 volte gli abitanti)
- Giappone, Israele
- Corea del Sud, Argentina, Brasile, Svizzera (per il 50% circa dei propri abitanti)
Cina, Russia e Cuba esulano da questo elenco in quanto hanno sviluppato un proprio vaccino (Sinovax, Sputnik, Soberano) e dovrebbero provvedere alla copertura diretta della propria popolazione. Inoltre questi tre paesi hanno iniziato la cosiddetta “diplomazia del vaccino”, offrendo a prezzi bassi il vaccino ai paesi con risorse economiche limitate.
Il risultato complessivo di queste politiche è che la copertura vaccinale sarà raggiunta in tempi lunghi e molto diversi fra le varie zone del mondo, come viene illustrato dalla grafica realizzata dall’Economist Intelligence Unit.
In sostanza i paesi del G20 (in verità 67 paesi) fra la fine del 2021 e metà del 2022 arriveranno a una copertura che permetterà anche un allentamento delle misure di precauzione e delle quarantene con conseguente probabile ripresa dell’economia, mentre gli altri paesi (107) resteranno in una situazione critica dal punto di vista sanitario, economico e sociale fino alla metà del 2023.
Questo sempre se tutto andrà per il verso giusto rispetto alle politiche attuali, che comunque prevedono ancora migliaia di morti. È chiaro che promuovere un accesso molto più rapido ai vaccini per questi paesi è una precondizione per il rispetto dei diritti umani e una politica razionale per la ripresa di uno scenario politico ed economico di pace.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha promosso l’iniziativa COVAX che si propone di fornire 6 miliardi di dosi ai paesi più poveri. 2 miliardi di dosi dovrebbero venir fornite entro il 2021, soprattutto agli operatori della sanità, coprendo circa il 20% della popolazione.
Ma, date le dimensioni della pandemia, per garantire la disponibilità dei vaccini in tutti i paesi è necessario accelerare in modo sostanziale la fornitura dei vaccini e quindi la loro produzione. Per far questo è applicabile la cosiddetta licenza obbligatoria, prevista dai trattati internazionali TRIPs dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO), che permette di sospendere la validità dei brevetti per un periodo concordato con le aziende detentrici.
Ciò aprirebbe a molte aziende farmaceutiche presenti nel mondo la possibilità di produrre vaccini “su licenza”.
Possibile ha lanciato la proposta di liberare i vaccini covid dai brevetti. La medesima posizione è sostenuta anche da altri soggetti: dalla fondazione GIMBE a Vittorio Agnoletto, da Romano Prodi a Silvio Garattini e Nicoletta Dentico. Posizione che sarebbe stata utile anche nei negoziati con le case farmaceutiche per non sedersi col carbone bagnato, come direbbe Montalbano, al tavolo contrattuale.
Oltre a questo è necessaria un’azione di aiuto finanziario ai paesi più poveri che Joseph Stiglitz prospettava in un recente articolo attraverso l’uso dei diritti speciali di prelievo su un fondo presso il Fondo Monetario Internazionale (FMI) con una dotazione di 500 miliardi di dollari.
Nello stesso articolo Stiglitz proponeva, e non per la prima volta, una riconsiderazione profonda dei criteri di valutazione dello FMI dei bilanci statali dei paesi in difficoltà finanziaria.
Affrontare la pandemia a livello globale ripropone ancora una volta la questione della politica mondiale e delle politiche multilaterali, le sole in grado di realizzare soluzioni efficaci. Certo, con la presidenza Trump tutto questo non sarebbe stato possibile né pensabile, basti ricordare il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nel passato azioni con questo orizzonte sono avvenute per il trattato multilaterale per il disarmo nucleare, per il controllo del buco nell’ozono e in futuro saranno indispensabili per affrontare le molteplici sfide legate al riscaldamento globale e al cambiamento climatico.
Un passo lo potrebbe fare anche il Governo Italiano in occasione del meeting del G7 a giugno nel Regno Unito, in cui l’Italia avrà la presidenza, mettendo in agenda la questione brevetti per i vaccini. Naturalmente se ci sarà un governo e non saremo in campagna elettorale.
Franco Graziani