L’Italia figura tra i Paesi europei in cui non vige un salario minimo per legge ed è soggetta alla doppia dinamica del dumping salariale, sia interno che nel perimetro del mercato unico, tanto che fa registrare percentuali elevate di povertà tra i lavoratori (11,8%). Il livello mediano delle retribuzioni orarie è di 11,29 euro mentre il salario medio è pari a 14,29 euro. Circa 1,1 milioni di lavoratori hanno una paga oraria inferiore al 66% del salario mediano, ossia ricevono mediamente un salario di 6,65 euro per ogni ora lavorata.
Lo scrive Davide Serafin sull’ultimo numero di Ossigeno, “Sciopero minimo”, interamente dedicato al lavoro. Eppure, il dibattito sul salario minimo in Italia è arenato. Dentro e fuori il Parlamento.
Quando questa primavera abbiamo lanciato una campagna sul salario minimo, cancellato dal PNRR, hanno cominciato ad arrivarci testimonianze di lavoratori e lavoratrici che si sono trovate di fronte a condizioni intollerabili. Altro che “resilienza”. Il lavoro si paga. Si paga il giusto, si paga quanto è necessario per coinvolgere l’individuo nelle sorti della società, per la dignità e il rispetto della persona.
Già nel 2018 Possibile ha presentato una proposta di legge sul salario minimo. In quella proposta, l’introduzione di un salario minimo legale, che riconoscesse ai minimi tabellari un valore legale erga omnes quando questi fossero al di sopra della soglia stabilita, forniva una innovativa interpretazione dello strumento, sino a quel tempo bloccato dal timore di erodere potere contrattuale ai sindacati.
Nel corso di questi tre anni il Comitato Scientifico di Possibile, coordinato da Davide Serafin e insieme al gruppo tematico dedicato al lavoro, non ha smesso di documentarsi, specie sulla lunga ma sterile trattazione parlamentare in materia. Il testo del 2018 è stato riscritto e migliorato in alcuni dispositivi ed è pronto per diventare una proposta di legge di iniziativa popolare.
Nei prossimi giorni depositeremo il testo e lanceremo la raccolta di firme necessaria per presentare la proposta, rinnovata e implementata. Avremo bisogno di raccogliere 50.000 firme per poterlo fare, e dell’aiuto di tutte e tutti per raggiungere questo obiettivo. Abbiamo visto come le persone si mobilitino per le cause in cui si riconoscono e per far sentire la propria voce nel silenzio dei decisori politici e crediamo che questa battaglia, insieme alle altre che ci hanno visto in prima linea, sia fondamentale.