SILENCE = DEATH
ACT UP (AIDS Coalition to Unleash Power)
È il 1982 quando la malattia che, in particolare negli USA, si è infiltrata nella comunità LGBTIQ+ ottiene un nome vero e proprio: AIDS, Acquired Immune Deficiency Syndrome.
Già da un anno circa, precisamente dal 3 Luglio 1981, si parla di un numero sempre maggiore di persone omosessuali si ammalano di quella che sembra essere una malattia simile al cancro con fenomeni autoimmuni. È l’inizio di un incubo che segnerà, e segna ancora, la vita di milioni di persone non solo della comunità.
Se si torna indietro a quegli anni, la ricostruzione degli attivisti e di chi ha vissuto gli ‘80s racconta, specialmente nelle grandi città, di quartieri completamente devastanti dalla furia dell’HIV e dell’AIDS. Ne è esempio il Greenwich Village di New York, che oramai dai Moti di Stonewall del 1969 era ufficialmente il quartiere gay forse tra i più famosi al mondo. Un luogo che per anni era stato il centro della vita e della cultura queer divenne, nel giro di pochissimo, un vero e proprio epicentro, non solo simbolico, di questo virus. I numeri altissimi dei contagi portarono ad una rapida chiusura dei locali gay, ma anche quelli noti per pratiche sessuali e amorose, per evitare la trasmissione lasciando posto, proprio a Christopher Street, per la prima casa di accoglienza per le persone con HIV/AIDS, la Bailey House.
Di fronte alla drammaticità dei numeri e dell’impeto delle infezioni, già nel 1987, grazie all’attivismo di Larry Kramer e altri, nacque il movimento delle persone sierocoinvolte, l’ACT UP, che si è battuto con forza, tra l’altro, per la liberalizzazione dei programmi farmacologici per tutte le persone HIV+.
Silenzio è Morte era uno degli slogan più forti di ACT UP che si accompagnava al triangolo rosa, in memoria di quello utilizzato dai nazisti nei campi di concentramento. Era uno statment politico a tutto tondo e sicuramente anche un invito alla comunità, a controllarsi, a fare test, a verificare il proprio stato di saluto per poter intervenire quanto prima. Tacere o ignorare il proprio stato significava decidere di essere destinati alla morte.
Oggi, fortunatamente, la scienza e i progressi in campo farmacologico permettono di convivere con serenità con l’HIV e questo ha radicalmente cambiato la vita delle persone sierocoinvolte. È cresciuta la consapevolezza, è aumentato il tasso di persone che anche dopo aver contratto il virus seguono cure che permettono valori stabili e in alcuni casi anche di arrivare alla soglia U=U (Undetectable – Untrasmittable). In altre parole, come ricorda la Lila sul suo sito, “se la carica virale non è rilevabile, il rischio di trasmissione sessuale dell’Hiv è nullo. La ricerca scientifica ha infatti dimostrato che una persona con Hiv, che segue regolarmente la terapia e ha una carica virale stabilmente non rilevabile, non trasmette il virus ai partner e alle partner con cui ha rapporti sessuali non protetti dal profilattico”.
La vita per le persone sierocionvolte oggi può essere affrontata con naturalezza, perché col virus oggi si convive. Ce lo ha raccontato anche Enorma Jean, drag queen partecipante alla prima edizione di DragRace Italia, in un commovente e toccante racconto della sua storia personale dichiarandosi grata alla scienza per i progressi fatti nella lotta contro l’HIV
Eppure il virus non è ancora stato sconfitto. Tutt’altro, vive, purtroppo, ancora in mezzo a noi.
Se ne parla pochissimo, come si parla pochissimo di educazione sessuale, prevenzione e inclusione delle persone sierocoinvolte. È questo è un problema per tutti non solo per chi è sierocoinvolto e troppo spesso vive ancora in una situazione di stigma e pregiudizio.
Una gran parte di responsabilità è sulle spalle della politica che troppo spesso aggira questo tema e se ne ricorda, a volte, solo il 1 dicembre, giornata internazionale di lotta all’AIDS. Mancano le campagne di sensibilizzazione scevre di pregiudizi e sterotipi, mancano gli interventi nelle scuole, manca il coinvolgimento delle strutture sanitarie territoriali. Il tema dell’accesso anonimo e gratuito ai test HIV è ancora enorme perché troppo spesso non viene garantito o assicurato mentre ad oggi il test è una delle grandi arme per vincere il virus.
Di fronte a tutto questo sembra nuovamente attuale quel Silence = Death lanciato tanti anni fa da ACT UP e che è ancora un grido di battaglia fortissimo. Non parlare di HIV e AIDS non contribuirà in nessun modo a fare prevenzione o a fermare la diffusione. Anzi, provocherà l’effetto contrario.
Per parlarne, però, non basta il 1 dicembre ma serve un impegno deciso, strutturato, permanente capace di superare il mero approccio sanitario e di prevenzione e di guardare oltre, anche alla qualità della vita e alla piena inclusione delle persone sierocoinvolte. Per liberarle da uno stigma che viene dato loro da una società che ha ancora paura di affrontare questo tema.