Testamento sociale o progetto politico: ecco perché Metà della Terra è un impegno che dobbiamo prenderci nei confronti delle future generazioni!
La notizia della scomparsa di Edward Osborne Wilson, biologo e naturalista considerato da tutti il padre della sociobiologia e della biodiversità è davvero triste.
In primis per il grande valore della sua vita scientifica e per essere stato un pioniere per quanto riguarda la sociobiologia, che molto potrebbe ancora insegnare alla società degli Homo Sapiens se solo imparassimo a copiare dalla Natura gli innumerevoli aspetti “positivi” soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra gli individui.
In Natura, gli equilibri, così come il contributo di ogni individuo all’interno di una comunità è fondamentale. Eh non si può dire lo stesso della comunità dei Sapiens.
Il suo essere stato un pioniere lo aveva portato ad anticipare anche alcune considerazioni e riflessioni che sono poi confluite nel suo ultimo libro “Metà della Terra” che oggi, a fronte della sua scomparsa, possiamo tranquillamente considerare il suo testamento sociale.
Volutamente uso la parola sociale, perché la chiave di lettura per uscire dalla crisi socio, climatica e ambientale che stiamo vivendo riguarda direttamente le scelte che competono agli homo sapiens e alla politica che, almeno per quanto riguarda quella italiana, sta continuando a rimandare.
Metà della Terra può sembrare una proposta radicale e per certi verso lo è, ma è l’idea stessa di costruire una società diversa dall’attuale, dove l’uguaglianza sia veramente uno dei punti cardine e dove grazie all’azione su clima, progressività e patrimoniale (giusto per individuare priorità, criterio e metodo per recuperare i fondi) la parte più ricca del paese aiuti quella più povera;
Il cambiamento climatico sta generando ingiustizia e disuguaglianza. I paesi che soffrono maggiormente gli impatti del cambiamento climatico sono realtà già povere che contribuiscono poco o nulla con le emissioni climalteranti. Questa situazione inoltre sta mettendo fortemente in crisi le future generazioni, soprattutto quelle dei paesi più poveri, poiché rischieranno di vivere in condizioni climatiche, ambientali e sociali ben peggiori delle attuali causando inoltre un aumento del fenomeno delle migrazioni climatiche.
Abbiamo da sempre pensato, sbagliando, di essere padroni del mondo e della Natura e su questa arroganza abbiamo costruito una società profondamente egoista dove il saccheggio continuo delle risorse naturali ha contribuito a creare le enormi disuguaglianze sociali che sono sotto gli occhi di tutti e scoperchiando il Vaso di Pandora abbiamo dato vita ai cambiamenti climatici e alle pandemie, comprese quella che stiamo vivendo ancora oggi.
E se metà della terra la dobbiamo riservare appunto all’umanità, per costruire un “futuro amico” dobbiamo riservare l’altra metà alla Natura come ci suggerisce appunto Wilson.
Non un progetto utopico, ma una serie di progetti con modalità e indicazioni che Wilson individua ma che possono essere ampliate anche grazie agli investimenti in Natura che ogni singolo Stato può fare.
Esistono strategie globali e di macro scala come il livello europeo ad esempio, che mettono a disposizione notevoli fondi per fare investimenti seri, razionali e sostenibili in Natura. Ma culturalmente non siamo ancora pronti a capire che gli investimenti in Natura sono il futuro proprio per la loro sostenibilità sia ambientale ed economica e per il grande vantaggio sociale che portano con sé.
Quanti servizi ecosistemici la Natura può offrirci, ancora non lo sappiamo. Eppure le Università così come i maggiori istituti di ricerca stanno cercando in Natura le risposte a problematiche sanitarie e non solo.
Imparare dalla Natura lo possiamo fare solo se investiamo su di Lei…preservandola e conservandola e non consumandola in cambio di qualche zona logistica (come prevede il PNRR italico) o altre infrastrutture inutili e soprattutto insostenibili come i vari potenziamenti di aeroporti lungo lo stivale.
Il nostro paese è uno degli stati europei più arretrati e non solo culturalmente parlando su questo tema. Purtroppo le voci di chi a vario titolo chiede investimenti in questo settore sono puntualmente inascoltate e le istanze disattese.
Siamo ancora culturalmente legati al meccanismo economico che ha creato le disuguaglianze e ha contribuito in maniera determinante ai cambiamenti climatici.
Colate di cemento, infrastrutture inutili e per nulla sostenibili sono ancora la ricetta che viene proposta anche dall’attuale governo come exit strategy dalla crisi.
Alla nostra arretratezza culturale sommata ad una buona dose di voracità naturale dobbiamo anche aggiungere la terza aggravante di non saper scegliere le persone giuste nel momento giusto. Basta ripercorrere i danni e i passi indietro fatti dall’inadeguato Cingolani nel periodo storico che stiamo vivendo. Proprio in questi giorni ci sono rumors che preannunciano un suo passo indietro, proprio perché sempre secondo l’inadeguato “gli obiettivi che mi erano stati richiesti sono stati raggiunti!”.
Non sappiamo se a questi rumors seguiranno le sue dimissioni, quello che sappiamo per certo è che gli obiettivi di lotta ai cambiamenti climatici, così come gli investimenti verso la Natura e la transizione ecologica non sono stati raggiunti e che purtroppo abbiamo perso tempo.