Proviamo a capire oggetto e portata della norma formulata nel primo Consiglio dei Ministri del governo Meloni, articolo 434 bis codice penale, e quindi ipotizzabile come la soluzione al problema evidentemente più urgente del Paese dal nuovo Governo, identificato nel cd. raveparty, il cui testo definitivo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31.10.2022, ed è entrato in vigore dal giorno successivo.
Una premessa è d’obbligo.
La norma nasce da un fatto di cronaca, cioè un rave party che ha avuto inizio nei pressi di Modena sabato 29 ottobre in un capannone abbandonato e che è stato interrotto senza necessità di uso della forza e il testo, evidentemente scritto di fretta, viene presentato come un contrasto solo ed esclusivamente ai rave.
Ma visto che la legge penale, per sua natura, inquadra situazioni e comportamenti astratti e ben precisi, con applicazione della norma ogni volta che quelle situazioni o quei comportamenti descritti in astratto vengano messi in atto concretamente, vediamo se l’assunto è veritiero.
L’invasione consiste nella “invasione arbitraria” (con un esordio tautologico già difforme dalla norma ordinaria che, di solito, spiega e non ripete, ad esempio non ci dice che il furto è il furto) “di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a 50, allo scopo di organizzare un raduno”.
Qui finiscono i dati oggettivi, ma va sottolineato come già sussista una delimitazione precisa.
Le 51 persone, perché si inizi a configurare il reato, devono invadere terreni o edifici altrui, pubblici o privati.
Non sembra che questa formulazione specifica possa includere in generale la pubblica via, a meno che non si tratti di una carraia adiacente al terreno, o spazi semplicemente aperti al pubblico come le piazze, in ossequio alla tassatività della norma penale.
Quindi non è applicabile al corteo o alla manifestazione di piazza, come in tanti hanno paventato.
Anche perché ci hanno già pensato i giallo-verdi Conte e Salvini con i decreti sicurezza, che hanno ripristinato la rilevanza penale del cd. blocco stradale, cioè del fatto di chi deponendo oggetti ostruisce la pubblica via o ferrovia, di chi ostacola la navigazione, punito con la reclusione da 1 a 6 anni, pena raddoppiata se il fatto è commesso da più persone, anche non riunite, con l’aggiunta della sanzione amministrativa fino a 4.000 euro per chi impedisce la circolazione sulla strada ordinaria con il proprio corpo, cioè i manifestanti.
Questa norma, anche dopo la trasformazione di Conte da 1 a 2, e nonostante i proclami del governo giallo-rosso di abrogare o meglio “superare” i decreti sicurezza, è graniticamente rimasta, come del resto i decreti sicurezza, che infatti vengono semplicemente applicati, contro le ONG, dal nuovo governo.
Cosa che rende un po’ ridicolo sempre Conte 3, il neolaburista (Italo Calvino si era fermato con la sua immaginazione a due, speriamo si fermi anche Giuseppe), quando oggi parla di stato di polizia per i rave.
Ma, al netto della necessaria digressione, le buone notizie finiscono qui.
La norma in esame prosegue infatti con una definizione squisitamente discrezionale, cioè punisce così gravemente (da tre a sei anni) “organizzatori e promotori del raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica” (per gli invasori “semplici” la pena è diminuita).
Ora, chiunque non sia così boomer da non sapere neppure come funziona un rave, sa che il suo scopo è proprio non creare alcun pericolo per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica, ed è il motivo per cui vengono organizzati in terreni incustoditi o in immobili isolati e abbandonati.
Il pericolo per l’ordine pubblico è talmente generico da sembrare ridicolo (anche una partita di calcio o una funzione religiosa con molti partecipanti possono essere fonte di pericolo per l’ordine pubblico), quello per la salute e l’incolumità semmai, può esserci per i partecipanti ma non per l’intera comunità, del tutto ignara.
Il fatto è che il nuovo reato rientra ampiamente nella previsione dell’art. 633 codice penale (di cui l’articolo in esame sembra, ma non è proprio così, un inutile duplicato) che punisce, però a querela della persona offesa (se c’è) “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”, con la reclusione fino a due anni o con una multa, pene raddoppiate e procedibilità d’ufficio “se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata”, e semplice aumento di pena per promotori e organizzatori “se il fatto è commesso da due o più persone”.
Quindi la differenza sarebbe non tanto lo scopo (l’occupazione) ma le conseguenze (il pericolo), che sono però solo presunte, a mio avviso non configurabili in un rave, e comunque valutate discrezionalmente dalla Pubblica Autorità in via preventiva.
Però è evidente come la norma sia a maggior ragione applicabile all’occupazione di una scuola o di una università, oppure di una fabbrica, anche perché in questi casi è paradossalmente più semplice ipotizzare il pericolo per ordine pubblico, incolumità o salute pubblica, trattandosi di edifici inseriti in un contesto urbano o comunque frequentato anche da terzi che non partecipano all’occupazione.
La duplicazione appare evidente se solo si osserva come i media abbiano dato notizia del sequestro dell’impianto audio di Modena e della denuncia di 14 organizzatori, e non può certamente trattarsi di applicazione della nuova norma se il reato risale al 29 ottobre, a mente dell’art. 25 comma 2 Costituzione, quello che dice che “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
Ma non è finita qui perché il neonato art. 434 bis c.p. prevede, oltre ad una pena oggettivamente esorbitante, più elevata ad esempio di quella prevista per l’omicidio colposo, anche l’applicazione agli indagati delle misure di prevenzione previste per i mafiosi, vale a dire la sorveglianza speciale, il divieto di soggiorno o l’obbligo di dimora.
Ora, immagino che anche i membri del governo tengano famiglia, e pensare che i propri figli magari per un’occupazione scolastica (ma anche una festa in spiaggia o una grigliata di ferragosto) perfettamente configurabile dalla norma che come detto una volta scritta ha vita propria e non solo si applica, ma deve essere applicata dal pubblico ufficiale, siano trattati come i mafiosi, dovrebbe essere piuttosto inquietante.
Poi, certo, se questo succede è anche per responsabilità di chi anche a sinistra ha da almeno un decennio risposto ai problemi con la norma penale o con l’aumento di pene, che si trattasse di incidenti stradali o di legittima difesa, ovviamente senza risolvere i problemi, magari senza gli eccessi della destra, ma dando in pasto all’opinione pubblica un finto pugno di ferro per ottenere facile consenso.
Adesso che sono arrivati i professionisti del law&order, diventano tutti garantisti.
Ed è abbastanza deprimente che dal PD venga chiesto il “ritiro” della norma, ipotesi non prevista dal nostro ordinamento dopo un decreto legge firmato e pubblicato, che potrà nel caso decadere in mancanza di conversione oppure essere emendato in quella sede, ma non certamente essere ritirato come un ordine del giorno qualsiasi.
Insomma, anche da questo si evince che il governo di destra c’è e si vede, l’opposizione credibile ancora no.