Oggi è la giornata mondiale contro l’omolesbobitransfobia.
Ma non c’è nulla da festeggiare.
Poco più che un mese fa il governo conservatore UK, attraverso uno dei quattro sistemi sanitari del regno unito (NHS) ha avviato una profonda revisione dei protocolli per l’impiego dei bloccanti della pubertà strumentalizzando le conclusioni indicate nella versione finale di un ampio rapporto di una ricercatrice indipendente, Hilary Cass, che invece si limitava ad evidenziare ampie lacune di dati sufficienti a comporre una ricerca significativa da una parte, e la necessità di un approccio a tutto tondo a tutela del benessere psico fisico degli individui dall’altra.
Non stupisce quindi che l’AIFA, il cui cda è fresco di nomina filo governativa, abbia cavalcato l’onda per operare la medesima strumentalizzazione annunciando una preoccupante stretta sull’impiego dei farmaci ritardanti della pubertà anche nel nostro paese.
Non stupisce nemmeno che l’annuncio sia arrivato proprio a pochi mesi di distanza dalla incresciosa indagine sul Careggi di Firenze ad opera di Gasparri, al declassamento del Sandrena, ed a pochi giorni dal via libera alla maxi commissione per la riscrittura delle linee guida dell’assistenza nei percorsi di affermazione di genere in cui, è bene sottolineare, nessuna associazione trans è stata invitata a condividere l’esperienza diretta in merito, ed al contrario sono emerse figure vicinissime alla ministra Roccella nota per le sue posizioni apertamente contro la comunità LGBTQIA+.
Oggi, il 17 maggio, giornata mondiale contro l’omolesbobitransfobia è più che mai necessario riportare l’attenzione sui fatti per interrompere queste pericolose mistificazioni e crociate ideologiche.
L’OMS ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali il 17 maggio del 1990, e la incongruenza di genere dal 2018, per cui una persona che desidera affermare il proprio genere non ha alcun disturbo. Coloro che sostengono che la cosa equivalga a ‘sentirsi Leonardo da Vinci’, ad esempio, non hanno ben chiaro che in questo caso si parli “disturbo dissociativo dell’identità”.
Nessuno intende imporre ‘nuovi modelli’ né indottrinare le persone: già ora l’impiego dei farmaci e l’accesso alle terapie di affermazione di genere sono controllate da protocolli internazionali e rilasciati con tutte le dovute cautele sotto stretta sorveglianza medica e psicologica, proprio per garantire il miglior benessere a ciascun individuo.
Le battaglie per il riconoscimento del diritto alla propria affermazione di genere hanno la medesima radice delle altre sui diritti individuali quali aborto, fine vita, fecondazione eterologa. La prospettiva è quindi sempre di piena sorellanza transfemminista.
Creare un clima di sospetto, diffidenza e paura ha l’effetto devastante di sfociare in odio che si traduce in violenza, spesso fisica, a scapito di persone che vorrebbero solo vivere la propria vita come tutte le altre senza negare nulla nessuno.
Ma di omolesbobitransfobia in italia si finisce ancora in ospedale, o nei casi non così estremi si muore ancora. Al numero verde Gay Help Line sono stati segnalati 21.000 contatti negli ultimi 12 mesi e le statistiche al ribasso di arcigay per gli anni 2022/23 parlano di 133 casi di violenza, 3 morti e 3 suicidi.
È ora di scendere in piazza e dire basta.