“Modello Saluzzo”, Giulia Marro, consigliera regionale AVS-Possibile: Non possono essere i lavoratori a pagare un sistema produttivo insostenibile
I riflettori in queste settimane sono puntati sulla situazione di Saluzzo, ma in questo ping pong mediatico pare non esserci posto per un aspetto non secondario: il punto di vista dei lavoratori.
Sul tema interviene Giulia Marro, Consigliera Regionale di Alleanza Verdi e Sinistra Possibile: “Pur riconoscendo gli sforzi fatti e i risultati raggiunti negli anni, è importante non dimenticare che l’accoglienza temporanea dei lavoratori stagionali in dormitori, palestre, container difficilmente si avvicina a quanto queste persone immaginano per sé stesse e il loro futuro. Viaggiare ogni anno tra Rosarno e Saluzzo, ritrovarsi in situazioni abitative instabili, dormire su brandine o sul posto di lavoro, non avere uno spazio per cucinare, non avere occasioni di socialità. Questo tipo di vita è una scelta o l’unica opzione? È giusto che si lodi il modello Saluzzo e si smetta di immaginare qualcosa di migliore? Possiamo serenamente accontentarci che a perdere siano i lavoratori a beneficio delle aziende?”.
“Pensiamo che il ricorso a soluzioni emergenziali non si possa considerare un punto di arrivo e che non possano essere sempre i lavoratori a pagare il prezzo dell’insostenibilità del nostro sistema produttivo”, aggiunge la Consigliera Marro. “Se il territorio ha bisogno di lavoratori, il territorio deve impegnarsi a garantire loro una condizione lavorativa, abitativa e sociale degna. Se le regole della grande distribuzione sono ingiuste e penalizzano lavoratori e aziende, serve intervenire per cambiarle”.
Oltretutto, garantire continuità lavorativa e sicurezza abitativa a chi lavora nelle nostre campagne può portare effetti positivi a tutta la collettività: “Pensiamo allo spopolamento e alla crisi delle nascite in atto e alla difficoltà da parte delle aziende di trovare manodopera, più o meno specializzata. Utilizzare soldi pubblici per favorire le aziende e andare incontro al loro bisogno di manodopera temporaneo può risolvere un problema sul breve periodo, ma risulta poco lungimirante e ingiusto per i lavoratori che, indipendentemente da cosa se ne dica, sarebbero ben contenti di sistemarsi, poter costruire una famiglia, amicizie e cucinarsi il proprio cibo finalmente a casa”.
“Si tende a far coincidere lo sfruttamento lavorativo con il caporalato. Ma concentrarsi sul fenomeno del caporalato e combatterlo con controlli e sanzioni senza dirci chiaramente che anche essere costretti a lavori discontinui in condizioni abitative non dignitose è altresì sfruttamento, rischia di farci perdere la rotta verso la piena acquisizione dei diritti dei lavoratori, migranti o meno”.
“Non intendiamo arrenderci a questo modello di “accoglienza” — conclude Marro — e lavoreremo perché il nostro territorio possa continuare a prosperare senza che siano calpestati i diritti e i bisogni di tante persone”.