L’Europa del benessere
È arrivato il momento di guardare con attenzione a noi stessi e alle nostre azioni.
L’Europa può essere così o il suo esatto contrario. Per questo si vota l’8 e il 9 giugno.
Usciamo dal privilegio dei paradisi fiscali, dalla continua elusione delle tasse messa in atto dalle multinazionali e che sottrae risorse alle fiscalità nazionali.
Affrontiamo la crisi climatica facendola pagare a chi inquina e a chi può dare di più.
L’evasione fiscale è un atto da condannare, senza eccezioni. Chi evade fa un torto a tutte e tutti.
Il diritto alla casa è un diritto europeo e l’Europa promuove gli strumenti per trasformare le case energivore in case efficienti, ecologiche, economiche. E questa transizione ecologica, che è anche e soprattutto tecnologica, può garantire la creazione di nuovo lavoro, lavoro che deve essere pagato il giusto, che deve godere dei necessari diritti, che deve essere sicuro e non produrre più incidenti mortali come è successo in questi mesi, qui da noi. L’Europa applica e fa applicare ai paesi membri il principio della parità retributiva.
L’Europa o è per la pace, oppure non è. L’Europa del riarmo non è la nostra Europa. E quella del filo spinato, neppure.
L’Europa è accoglienza perché nasce dal disastro della guerra. La memoria di ciò che è stato ne è il presupposto.
L’Europa troppo spesso appare come sacrificio, burocrazia, impegno, vincoli da rispettare, fatica da fare, ma tutto ciò è sbagliato: la sinistra dovrebbe presentarsi annunciando maggiore prosperità per il maggior numero, salari più alti e meno ore di lavoro, un carico sociale che corrisponda al reddito e alla ricchezza detenuta, una transizione ecologica che riduca le bollette e dia lavoro, non una catastrofe di cui farsi carico come se fosse una punizione.
Vogliamo il meglio. Entriamo perciò in Europa. Un’Europa di pace, di benessere distribuito, di democrazia e di rispetto del clima e dell’ambiente.