A Milano, contro l’odio e l’indifferenza

Pos­si­bi­le par­te­ci­pe­rà con i pro­pri diri­gen­ti e mili­tan­ti e le pro­prie idee alla mani­fe­sta­zio­ne Peo­ple di Mila­no del 2 mar­zo. Non sia­mo davan­ti ad un’immigrazione incon­trol­la­ta: le migra­zio­ni sono con­trol­la­te da mafie, capo­ra­li e traf­fi­can­ti di esse­ri uma­ni e que­sto è il frut­to avve­le­na­to del proi­bi­zio­ni­smo migra­to­rio. Que­sti i pun­ti del­la nostra pro­po­sta poli­ti­ca, che rite­nia­mo fon­da­men­ta­li per non fer­mar­ci alla giu­sta pro­te­sta con­tro la disu­ma­ni­tà, l’odio, l’indifferenza ma rea­liz­za­re una con­tro­nar­ra­zio­ne effi­ca­ce, di meri­to, rigo­ro­sa e seria.
1. È neces­sa­ria, oggi più che mai, una rifor­ma orga­ni­ca del Testo Uni­co Immi­gra­zio­ne: si può par­ti­re dal­la pro­po­sta di leg­ge atto Came­ra 4551/2017 (che Pos­si­bi­le ha scrit­to in un anno di lavo­ro insie­me ad ASGI, Cgil, Cisl, Uil Immi­gra­zio­ne, SIMM, CESTIM, Cen­tro inter­di­sci­pli­na­re scien­ze per la pace dell’università degli stu­di di Pisa);
2. È neces­sa­rio intro­dur­re il visto d’ingresso (ed il cor­ri­spon­den­te per­mes­so di sog­gior­no) per ricer­ca lavo­ro, per con­sen­ti­re di arri­va­re in Ita­lia in modo lega­le e sicu­ro a chi lascia il pro­prio pae­se per ragio­ni economiche;
3. È neces­sa­rio intro­dur­re una clau­so­la di rego­la­riz­za­zio­ne per­ma­nen­te e di libe­ra con­ver­ti­bi­li­tà dei per­mes­si di sog­gior­no: la sicu­rez­za si costrui­sce favo­ren­do la rego­la­ri­tà del soggiorno;
4. È neces­sa­rio ripri­sti­na­re la pro­te­zio­ne uma­ni­ta­ria: dal 5 otto­bre 2018 (entra­ta in vigo­re del decre­to Sal­vi­ni) oltre 23.000 per­so­ne già inte­gra­te sono sta­te tra­sfor­ma­te in irregolari;
5. È neces­sa­rio appro­va­re un pac­chet­to di leg­gi anti­fa­sci­ste e anti­raz­zi­ste per raf­for­za­re stru­men­ti e tute­le per le vit­ti­me dei rea­ti d’odio (isti­tu­zio­ne dell’osservatorio nazio­na­le sul web, per moni­to­ra­re e com­bat­te­re effi­ca­ce­men­te i rea­ti d’odio com­mes­si con l’uso del­la rete; intro­du­zio­ne del­la pro­ce­du­ra di sospen­sio­ne e scio­gli­men­to di grup­pi, asso­cia­zio­ni e par­ti­ti di carat­te­re fasci­sta o raz­zi­sta; intro­dur­re il rea­to di pro­pa­gan­da fasci­sta e nazifascista);
6. È neces­sa­rio ria­pri­re nel pae­se e nel­le isti­tu­zio­ni il dibat­ti­to sul­la rifor­ma del­la cit­ta­di­nan­za con l’intro­du­zio­ne del­lo Ius Soli e l’abolizione dell’istituto del­la revo­ca del­la cit­ta­di­nan­za intro­dot­to dal decre­to Salvini;
7. È neces­sa­rio can­cel­la­re il rea­to di clan­de­sti­ni­tà, che anche la magi­stra­tu­ra addi­ta da anni come un osta­co­lo al per­se­gui­men­to di rea­ti più gra­vi come il traf­fi­co di esse­ri uma­ni, la ridu­zio­ne in schia­vi­tù, il caporalato;
8. È neces­sa­rio appro­va­re a livel­lo euro­peo la rifor­ma orga­ni­ca del Rego­la­men­to di Dubli­no appro­va­ta dal Par­la­men­to UE il 16 novem­bre 2017 a lar­ga mag­gio­ran­za, per intro­dur­re un siste­ma di asi­lo euro­peo basa­to su mec­ca­ni­smi di soli­da­rie­tà e respon­sa­bi­li­tà con­di­vi­sa, nel rispet­to dei dirit­ti uma­ni fondamentali;
9. È neces­sa­rio intro­dur­re nel­le scuo­le medie e supe­rio­ri l’insegnamento di cul­tu­ra civi­ca ed edu­ca­zio­ne alla cit­ta­di­nan­za (atto Came­ra 3876/2016): un inve­sti­men­to a lun­go ter­mi­ne per pre­pa­ra­re le nuo­ve gene­ra­zio­ni al rico­no­sci­men­to e alla pro­mo­zio­ne dei dirit­ti uma­ni, del­la tol­le­ran­za e del pluralismo;
10. È neces­sa­rio rifor­ma­re il ser­vi­zio pub­bli­co radio­te­le­vi­si­vo per intro­dur­re con­te­nu­ti infor­ma­ti­vi, for­ma­ti­vi e divul­ga­ti­vi rispet­to­si del plu­ra­li­smo cul­tu­ra­le, reli­gio­so, filo­so­fi­co e del­le differenze.

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La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.