Accesso all’acqua: prima condizione per costruire pace

Oggi, 22 marzo, è come ogni anno il WorldWaterDay, anche per ricordare che 1.8 milioni di persone al mondo non hanno accesso ad una fonte d’acqua sicura e potabile. Chi soffre maggiormente della mancanza di accesso all’acqua sono come sempre le persone più vulnerabili, tra cui rifugiati e sfollati.

Oggi, 22 mar­zo, è come ogni anno il World­Wa­ter­Day, anche per ricor­da­re che 1.8 milio­ni di per­so­ne al mon­do non han­no acces­so ad una fon­te d’acqua sicu­ra e potabile.

Chi sof­fre mag­gior­men­te del­la man­can­za di acces­so all’acqua sono come sem­pre le per­so­ne più vul­ne­ra­bi­li, tra cui rifu­gia­ti e sfollati. 

L’accesso all’acqua sicu­ra è un pro­ble­ma anche a Gazian­tep, cit­tà al con­fi­ne sud del­la Tur­chia, dove abbia­mo intrec­cia­to la nostra sto­ria con quel­la di cin­quan­ta bam­bi­ni orfa­ni che vivo­no all’orfa­no­tro­fio “Dar al-salam”, pro­fu­ghi del con­flit­to siria­no di cui vi abbia­mo già par­la­to. Sono solo cin­quan­ta dei cin­que­cen­to­mi­la pro­fu­ghi sira­ni che vivo­no a Gazian­tep e dei tre milio­ni che vivo­no in Tur­chia: rap­pre­sen­ta­no la par­te sfor­tu­na­ta di quel­la Siria che è sta­ta sra­di­ca­ta dal­la pro­pria ter­ra e sta cer­can­do di rimet­te­re radi­ci in un pae­se straniero.

Il pri­mo pro­ble­ma del­l’or­fa­no­tro­fio Dar al-Salam riguar­da l’im­pian­to a ener­gia sola­re. L’acqua per sco­pi sani­ta­ri — per lavar­si, per il lavag­gio del­le sto­vi­glie — è infat­ti riscal­da­ta attra­ver­so pan­nel­li sola­ri, che però sono obso­le­ti e non rie­sco­no a garan­ti­re il sod­di­sfa­ci­men­to di un biso­gno basi­la­re per tut­ti gli abi­tan­ti, pic­co­li e gran­di, del­la strut­tu­ra. I ser­ba­toi sono inol­tre dan­neg­gia­ti e gene­ra­no per­di­te d’ac­qua sul pavi­men­to del tet­to che, a cau­sa dei dan­ni subi­ti e del­la ina­de­gua­tez­za dei mate­ria­li, fil­tra­no attra­ver­so il sof­fit­to e le pare­ti del­la strut­tu­ra, ren­den­do gli ambien­ti estre­ma­men­te umi­di.

Il secon­do gran­de pro­ble­ma riguar­da il siste­ma idrau­li­co, in par­ti­co­la­re dell’ultimo pia­no, costrui­to in segui­to (e abu­si­va­men­te) all’e­di­fi­ca­zio­ne pri­ma­ria, dal pro­prie­ta­rio del palaz­zo. Tale costru­zio­ne è avve­nu­ta com­met­ten­do un erro­re nel­la rami­fi­ca­zio­ne e nel col­le­ga­men­to del­le tuba­tu­re per cui i bam­bi­ni e le mam­me che abi­ta­no que­sto pia­no non han­no acces­so, nean­che per quel poco che potreb­be­ro, all’acqua calda.

Sha­hi­ra ha ven­ti anni e vive su que­sto pia­no con le quat­tro sorel­le più pic­co­le. Sha­hi­ra mi rac­con­ta che ogni vol­ta che devo­no fare la doc­cia o han­no biso­gno di uti­liz­za­re il bagno, devo­no scen­de­re ai pia­ni infe­rio­ri e tro­va­re un bagno a dispo­si­zio­ne, non sem­pre faci­le in una strut­tu­ra che dispo­ne di tre bagni per cin­quan­ta per­so­ne. Spo­sta­men­ti che, come pos­sia­mo facil­men­te imma­gi­na­re, sono spes­so cau­sa di discus­sio­ni e malu­mo­ri tra i nuclei fami­lia­ri, com­po­sti prin­ci­pal­men­te da bambini.

Tut­ti gli impian­ti e i ser­vi­zi sono pie­ni di cre­pe, che cau­sa­no con­ti­nue per­di­te di acqua sia nei pia­ni che nel sot­ter­ra­neo, dove è pre­sen­te la zona cuci­na che ver­sa in una peren­ne situa­zio­ne di disa­gio. L’acqua goc­cio­la costan­te­men­te dal sof­fit­to ren­den­do i pavi­men­ti bagna­ti un peri­co­lo per i bambini.

Ci sono inol­tre mol­te cre­pe anche nei tubi del siste­ma di riscal­da­men­to che tra­sfe­ri­sco­no l’ac­qua cal­da dal­la prin­ci­pa­le mac­chi­na di riscal­da­men­to ai radia­to­ri distri­bui­ti tra i pia­ni dell’orfanotrofio.

La mag­gior par­te dei rubi­net­ti e dei misce­la­to­ri sono rot­ti e cau­sa­no costan­ti per­di­te di acqua pro­vo­can­do, oltre al disa­gio, un immen­so spre­co.

Il dirit­to all’acqua è un dirit­to lega­to a dop­pio filo con quel­lo a vive­re in un ambien­te salu­bre e ad ave­re acces­so a una ali­men­ta­zio­ne ade­gua­ta, non­ché a stan­dard di salu­te digni­to­si. A mag­gior ragio­ne quan­do si trat­ta di bam­bi­ni. Bam­bi­ni a cui è chie­sto di affron­ta­re con resi­lien­za il pas­sag­gio da una vita tran­quil­la nel pro­prio pae­se allo scap­pa­re da una guer­ra per la qua­le non han­no alcu­na col­pa. Bam­bi­ni a cui è sta­to impo­sto di per­de­re tut­to e dover rico­min­cia­re da zero, in un pae­se stra­nie­ro che li ha accol­ti ma che fati­ca a pren­der­si cura di loro e del loro per­cor­so di crescita.

In occa­sio­ne di que­sta gior­na­ta, ricor­dia­mo che il dirit­to all’acqua è un dirit­to anche di que­sti bam­bi­ni, lon­ta­ni dai riflet­to­ri e dimen­ti­ca­ti dal­le gran­di orga­niz­za­zio­ni internazionali.

Has­san ha 4 anni. Uscia­mo per anda­re al par­co e la mam­ma (è for­tu­na­to, sì, per­ché lui la mam­ma ce l’ha anco­ra) gli met­te orgo­glio­sa­men­te il ber­ret­to di Spi­der-man e un piu­mi­no blu. Has­san asso­mi­glia a qual­sia­si altro bam­bi­no di Gazian­tep, men­tre gio­ca nel par­co pub­bli­co vici­no all’orfanotrofio. La sof­fe­ren­za sta nel­la con­trad­di­zio­ne di veder­lo cori­car­si, la sera, insie­me a set­te fra­tel­li e sorel­le, su mate­ras­si ste­si sul pavi­men­to ade­ren­ti a pare­ti dove l’acqua del­la con­den­sa non smet­te di goc­cio­la­re. Costret­to a lavar­si con l’acqua fred­da quan­do c’è, e a man­gia­re quel­lo che le poche mam­me pre­sen­ti rie­sco­no a cuci­na­re in quel­le condizioni.

Sen­za acqua non c’è cibo, non c’è salu­te, non c’è scuo­la, non c’è casa. Per quan­to dall’esterno tut­to pos­sa sem­bra­re più faci­le di così.

Se vole­te aiu­tar­ci a dare a que­sti bam­bi­ni acces­so ad acqua sicu­ra e puli­ta, pote­te anco­ra fare una dona­zio­ne alla pagi­na del­la nostra cam­pa­gna #SaveA­lep­po.

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Eri­ka Capasso

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