Accesso all’istruzione universitaria: a che punto siamo

Al di là delle diverse posizioni emerse sul tema della gratuità, varrebbe la pena di gettare uno sguardo, già a legislazione vigente, sulla situazione di illegalità diffusa in cui versa da anni la maggior parte degli atenei italiani

[vc_row][vc_column][vc_column_text](Un con­tri­bu­to da par­te di uno dei lega­li che ha segui­to i ricor­si degli stu­den­ti con­tro la tas­sa­zio­ne stu­den­te­sca oltre i limi­ti di legge)

Duran­te la cam­pa­gna elet­to­ra­le si è svi­lup­pa­to un dibat­ti­to sul­la pos­si­bi­le gra­tui­tà dell’accesso all’università ita­lia­na. Al di là del­le diver­se posi­zio­ni emer­se sul tema del­la gra­tui­tà, var­reb­be la pena di get­ta­re uno sguar­do, già a legi­sla­zio­ne vigen­te, sul­la situa­zio­ne di ille­ga­li­tà dif­fu­sa in cui ver­sa da anni la mag­gior par­te degli ate­nei ita­lia­ni, i qua­li impon­go­no agli stu­den­ti una con­tri­bu­zio­ne ini­qua, ele­va­ta e con­tra legem.

Il d.P.R. 306/1997 impo­ne che la con­tri­bu­zio­ne stu­den­te­sca non ecce­da il 20% del fon­do di finan­zia­men­to ordi­na­rio tra­sfe­ri­to dal­lo Sta­to. Insom­ma, fat­ti 100 i tra­sfe­ri­men­ti sta­ta­li, le tas­se stu­den­te­sche non pos­so­no supe­ra­re il 20%. Natu­ral­men­te poi gli ate­nei fan­no ricor­so ad altre fon­ti di entra­ta: tra­sfe­ri­men­ti da altri enti pub­bli­ci, entra­te pro­prie per la ces­sio­ne di beni o ser­vi­zi etc… ma con­cen­tria­mo­ci sul rap­por­to tra con­tri­bu­zio­ne stu­den­te­sca e FFO.

È evi­den­te che il limi­te sia sta­to posto a sal­va­guar­dia del dirit­to agli stu­di uni­ver­si­ta­ri, in modo che gli stu­den­ti non sia­no discri­mi­na­ti per cen­so nell’accesso all’Università, non­ché a tute­la del carat­te­re pub­bli­co degli ate­nei stes­si. Se infat­ti le Uni­ver­si­tà sono enti pub­bli­ci non eco­no­mi­ci, la cre­sci­ta espo­nen­zia­le del­la con­tri­bu­zio­ne stu­den­te­sca oltre il limi­te di leg­ge fini­sce per equi­pa­rar­le in tut­to alle uni­ver­si­tà pri­va­te por­tan­do­le ad una pri­va­tiz­za­zio­ne “di fat­to”, visto che per acce­der­vi occor­re far­si cari­co di finan­zia­re una sem­pre mag­gior quo­ta del ser­vi­zio offerto.

La soglia del 20%, sia per effet­to del cro­ni­co sot­to finan­zia­men­to del siste­ma uni­ver­si­ta­rio ita­lia­no sia a cau­sa di scon­si­de­ra­te poli­ti­che poco lun­gi­mi­ran­ti di chi è chia­ma­to a gui­dar­le, non vie­ne rispet­ta­ta nel­la mag­gior par­te degli ate­nei ita­lia­ni, con sfo­ra­men­ti anche assai gra­vi, che supe­ra­no spes­so il 30%. Pare sba­lor­di­ti­vo che i ret­to­ri del­le uni­ver­si­tà non si ren­da­no con­to che sca­ri­ca­re i tagli e i man­ca­ti inve­sti­men­ti gover­na­ti­vi sugli stu­den­ti costi­tui­sca nel medio perio­do (oltre che un’abdicazione al carat­te­re uni­ver­sa­li­sti­co del ser­vi­zio pub­bli­co) un sui­ci­dio del siste­ma uni­ver­si­ta­rio.

Que­ste fosche pre­vi­sio­ni sono con­fer­ma­te dall’autentico crol­lo del­le iscri­zio­ni nel­le uni­ver­si­tà ita­lia­ne: dai dati pub­bli­ca­ti sul sito isti­tu­zio­na­le del MIUR, per fare un esem­pio, emer­ge che tra il 2003 e il 2015 gli imma­tri­co­la­ti sono cala­ti da 318.000 a 229.000 con un crol­lo di qua­si il 30%. Una situa­zio­ne che dovreb­be met­te­re in allar­me il gover­no ma di cui qua­si nes­su­no si è occu­pa­to, anche per­ché si sareb­be dovu­to ammet­te­re che è il frut­to di poli­ti­che scon­si­de­ra­te che sono tutt’altro che inver­ti­te ma addi­rit­tu­ra aggra­va­te dal­le più recen­ti scel­te del governo.

Inol­tre, dall’inchiesta del sin­da­ca­to stu­den­te­sco UDU nazio­na­le “Die­ci anni sul­le nostre spal­le”, è emer­so che gli stu­den­ti uni­ver­si­ta­ri ita­lia­ni paga­no in media 1.250 euro. La stes­sa inchie­sta mostra come le tas­se sia­no costan­te­men­te cre­sciu­te negli ulti­mi 10 anni, con impen­na­te mol­to bru­sche suc­ces­si­va­men­te ai tagli del­la Leg­ge 133/2008 e del­la Leg­ge 240/2010, dell’accoppiata Tre­mon­ti-Gel­mi­ni. Il sot­to­fi­nan­zia­men­to uni­ver­si­ta­rio con­so­li­da­to con quel­le due leg­gi è sta­to fat­to pesa­re in pre­va­len­za diret­ta­men­te sul­le spal­le degli stu­den­ti, che in tut­ta Ita­lia si son tro­va­ti a paga­re tas­se schiz­za­te alle stel­le in pochis­si­mo tem­po. Il get­ti­to com­ples­si­vo del­la con­tri­bu­zio­ne stu­den­te­sca in Ita­lia del­le sole uni­ver­si­tà sta­ta­li si aggi­ra attor­no a 1 miliar­do e 600 milio­ni di euro.

Tor­nan­do al limi­te del 20%, stan­ti i nume­ro­si sfo­ra­men­ti esi­sten­ti por­ta­ti avan­ti con non­cu­ran­za dagli ate­nei for­ti di un’interpretazione del­la soglia limi­te alla stre­gua di una mera indi­ca­zio­ne non vin­co­lan­te, l’UDU — Coor­di­na­men­to per il Dirit­to allo Stu­dio di Pavia ha pro­mos­so un ricor­so nel 2010 per chie­de­re l’annullamento del bilan­cio d’ateneo.

Bene, il T.A.R. Mila­no ha dichia­ra­to vin­co­lan­te la soglia del 20% e con­dan­na­to l’ateneo a resti­tui­re le tas­se ille­git­ti­ma­men­te incas­sa­te agli studenti.

Lo stes­so è avve­nu­to con i bilan­ci del 2011 e del 2012.

Natu­ral­men­te, accor­ta­si del pro­ble­ma che lei stes­sa ave­va crea­to, la clas­se poli­ti­ca è cor­sa ai ripa­ri aumen­tan­do mas­sic­cia­men­te gli inve­sti­men­ti pub­bli­ci e così garan­ten­do a tut­ti gli stu­den­ti, a pre­scin­de­re dal red­di­to, di poter­si iscri­ve­re all’università.

NO DI CERTO, ovvia­men­te: la poli­ti­ca si è data da fare — let­te­ral­men­te — per “fre­ga­re” gli stu­den­ti. Sia con­sen­ti­to que­sto ter­mi­ne ma non me ne ven­go­no di più appro­pria­ti rispet­to alle scel­te ver­go­gno­se del nostro legislatore.

Infat­ti, duran­te il Gover­no Mon­ti pro­prio dopo le pri­me sen­ten­ze di annul­la­men­to dei bilan­ci dell’Università di Pavia, median­te un emen­da­men­to vota­to da PD, PDL e UDC, il Par­la­men­to ave­va modi­fi­ca­to la nor­ma­ti­va sul­la con­tri­bu­zio­ne stu­den­te­sca: in sede di con­ver­sio­ne (Leg­ge 135 del 7 ago­sto 2012) del Decre­to Leg­ge 95/2012, era sta­ta infat­ti modi­fi­ca­ta la disci­pli­na sul 20%, intro­du­cen­do la pos­si­bi­li­tà di esclu­de­re dal con­teg­gio le tas­se degli stu­den­ti fuo­ri cor­so, secon­do cri­te­ri da defi­nir­si con un suc­ces­si­vo Decre­to Mini­ste­ria­le (decre­ti mai adot­ta­ti, ma le uni­ver­si­tà han­no comin­cia­to a scor­po­ra­re i fuo­ri cor­so ugual­men­te). Con la Leg­ge di bilan­cio 2018, inol­tre, è sta­ta inse­ri­ta una ulte­rio­re tipo­lo­gia di stu­den­ti che potreb­be­ro esse­re estra­po­la­ti dal con­teg­gio: gli “stu­den­ti inter­na­zio­na­li”.

È evi­den­te a tut­ti come entram­be que­ste distin­zio­ni sia­no for­te­men­te discri­mi­na­to­rie, sba­glia­te e quin­di inco­sti­tu­zio­na­li. Pur non essen­do anco­ra sta­to ema­na­to alcun Decre­to che pos­sa dare attua­zio­ne a que­ste dif­fe­ren­zia­zio­ni, la pre­sen­za del solo prin­ci­pio ha dimo­stra­to di tro­va­re appli­ca­zio­ne nei fat­ti.

L’UDU ha ora pro­po­sto due nuo­vi ricor­si per l’annullamento dei bilan­ci del­le uni­ver­si­tà di Mila­no e Torino.

Nei ricor­si soste­nia­mo che lo scor­po­ro dei fuo­ri cor­so e degli stu­den­ti inter­na­zio­na­li dal limi­te del­la con­tri­bu­zio­ne stu­den­te­sca non sia appli­ca­bi­le per due fon­da­men­ta­li ragio­ni: il Con­si­glio di Sta­to (con sen­ten­za n.1834/2016) ha rite­nu­to non appli­ca­bi­le il D.L. 95/2012 fino all’adozione di decre­ti mini­ste­ria­li ad oggi mai ema­na­ti (si ricor­da che tale sen­ten­za ha rifor­ma­to in sen­so più favo­re­vo­le agli stu­den­ti una sen­ten­za del T.A.R. Mila­no che ave­va inve­ce rite­nu­to appli­ca­bi­le lo scor­po­ro dei fuo­ri cor­so per la secon­da par­te dell’anno 2012, ovve­ro i mesi suc­ces­si­vi all’introduzione del D.L. 95/2012); anche se la nor­ma sul­lo scor­po­ro (este­sa nel 2017 agli stu­den­ti inter­na­zio­na­li da que­sto gover­no con odio­sa discri­mi­na­zio­ne etni­ca) fos­se rite­nu­ta appli­ca­bi­le, essa sareb­be inco­sti­tu­zio­na­le per vio­la­zio­ne degli artt. 3 e 53 del­la Costi­tu­zio­ne. Abbia­mo infat­ti richie­sto al T.A.R. di sol­le­va­re la que­stio­ne di ille­git­ti­mi­tà costi­tu­zio­na­le din­nan­zi alla Cor­te Costi­tu­zio­na­le per­ché rite­nia­mo inac­cet­ta­bi­le discri­mi­na­re gli stu­den­ti sul­la base dell’anno di iscri­zio­ne ai cor­si di stu­dio o sul­la base del­la pro­ve­nien­za geo­gra­fi­ca. Non c’è alcu­na ragio­ne plau­si­bi­le per cui i fuo­ri cor­so (che, sem­mai, pesa­no meno degli altri in ter­mi­ni di frui­zio­ne del­le strut­tu­re acca­de­mi­che) e gli stu­den­ti inter­na­zio­na­li deb­ba­no paga­re più degli altri. Que­sto vio­la sia l’art. 3 del­la Costi­tu­zio­ne che vie­ta le discri­mi­na­zio­ni sia l’art. 53 in base al qua­le la tas­sa­zio­ne deve esse­re basa­ta sul­la capa­ci­tà con­tri­bu­ti­va e red­di­tua­le di un sog­get­to: chi ha di più deve paga­re di più, essen­do inac­cet­ta­bi­le e discri­mi­na­to­rio ogni altro cri­te­rio basa­to gli anni di iscri­zio­ne o sul­la pro­ve­nien­za geo­gra­fi­ca degli studenti.

avv. Fran­ce­sco Giambelluca[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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