Devo andare a ritroso nella memoria per ricordarmi nel 2016 il primissimo sciopero dei fattorini Foodora, a Torino. Per Possibile era presente l’immancabile Francesca Druetti. Aveva raccontato la protesta per i Quaderni di Possibile. Già alcuni mesi prima, nel Manifesto di Possibile, avevamo inserito uno specifico paragrafo sul lavoro della Gig Economy. Allora la chiamavamo così, l’economia dei lavoretti, sulla scia del fondamentale libro di Riccardo Staglianò, Lavoretti, appunto. Il sindacato era freddo e distante rispetto a questi nuovi lavoratori, apparentemente autonomi e però guidati da speciosi e inconoscibili algoritmi.
Nella versione pubblicata sul Manifesto, le nostre proposte di regolazione del settore erano ancora molto acerbe, ma ci muovevamo nell’incertezza normativa lungo il discriminante che separa il lavoro indipendente da quello dipendente, frutto di una lunga sedimentazione discorsiva del dibattito giuslavoristico e però costruita — lo abbiamo capito poco tempo dopo — su presupposti non effettivi.
La svolta era avvenuta con la campagna Giusta Paga, che esordiva nel 2018. Al suo centro era l’obiettivo del salario minimo, parametro che nella tortuosa XVIII Legislatura qualcuno ha dapprima sventolato animatamente come proposta identitaria e poi ha irrimediabilmente archiviato. Ma in pochi mesi avevamo accresciuto notevolmente la consapevolezza su quel che volesse dire il lavoro del rider. In particolare, la partecipazione alla prima riunione dei ciclo fattorini al Labas di Bologna, nell’aprile di tre anni fa, ci ha reso evidente la necessità di attribuire a questi lavoratori le stesse tutele e gli stessi diritti di tutti gli altri. E così il Primo maggio pubblicavamo il Menù dei diritti e un documento intitolato “Elementi per una Carta dei Diritti della Gig Economy”. L’ho riaperto poco fa e rileggendolo ho trovato al suo interno molti degli elementi ricompresi nell’accordo siglato ieri tra le rappresentanze dei lavoratori e la società Just Eat. Un accordo storico che certamente cambierà le sorti del settore in Italia e forse in Europa. Il vento è finalmente cambiato, così sembra, e non possiamo che essere felici per questa svolta.
Ma nel 2018 noi scrivevamo un documento senza perimetri. Coinvolgeva tutti, lavoratrici e lavoratori del settore digitale, addetti alle consegne e non solo. È poi confluito nella proposta di legge depositata alla Camera a inizio legislatura, l’Atto Camera N. 862. Vi riporto l’elenco sintetico, che ancor ora mi sembra portatore di contenuti innovativi:
- Tutti i lavoratori hanno pari diritti a prescindere dalla tipologia di contratto. Tutti i lavoratori devono avere diritto a ferie, malattia, infortunio, congedi parentali.
- Giusta paga: paga oraria più una componente variabile, incentivante;
- Contribuzione e assicurazione su infortuni e malattia;
- Indennità di uso e manutenzione dei mezzi propri;
- Trasparenza della retribuzione: le società titolari delle applicazioni di food delivery sono obbligate a dare specificazione ai clienti finali della quota parte del costo di consegna che viene erogata come retribuzione al lavoratore;
- Rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori: obbligo per il committente / datore di lavoro di informazione e formazione dei lavoratori di cui all’articolo 36, commi 2 e 4, e all’articolo 37 del Decreto Legislativo 9 Giugno 2008, n. 81. Ai lavoratori devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive prestazioni richieste;
- Estensione dell’applicabilità dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 81/2015 al settore digitale;
- Codice di condotta: ogni società del settore adotta un codice di condotta, pattuito con i lavoratori e le loro organizzazioni collettive;
- Turnazione: i turni sono pattuiti fra lavoratore ed azienda, quale che sia il mezzo impiegato per la loro pianificazione;
- Log In, Log Out e diritto alla disconnessione: l’inizio del turno di lavoro coincide con il log in sulla app. Le applicazioni devono essere strutturate in modo tale da prevedere un doppio gate di accesso, nel secondo dei quali deve essere reso esplicito l’ingresso in servizio e l’uscita dal servizio; deve essere assicurata la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro al di fuori delle fasce di reperibilità;
- Istruzioni di lavoro: a tutti i lavoratori deve essere inviato adeguato materiale informativo circa l’impiego dell’applicazione, le sue funzioni, le modalità di accettazione dei turni di lavoro e delle richieste di consegna;
- Privacy e indennità per l’uso dei dati: le applicazioni non possono avere accesso alla rubrica del telefono del lavoratore, né ai dati conservati sul telefono (memoria interna ed esterna, scheda SIM) se non per il loro specifico e stretto funzionamento. Il lavoratore ha diritto di reclamare tutti i dati generati dalla propria attività e chiedere che siano distrutti. Il lavoratore ha il diritto al riconoscimento di una indennità per l’uso dei dati, eventualmente prodotti dall’attività svolta tramite l’applicazione, da commisurarsi ai byte generati;
- Trasparenza del ranking: i criteri che determinano il ranking sono concordati con le organizzazioni dei lavoratori;
- Portabilità del ranking e diritto all’azzeramento: l’applicazione consente al lavoratore la facoltà di gestire la portabilità del ranking, in modo tale che possa esser fatto valere su piattaforme analoghe dovendo esso rappresentare la storia lavorativa del lavoratore (clienti serviti, prestazioni svolte); il lavoratore ha egual diritto a veder azzerato il punteggio di ranking, su sua richiesta motivata, al passaggio ad altra piattaforma;
- Deve essere garantito il diritto collettivo dei lavoratori ad associarsi, riconoscendo le loro organizzazioni e dando ricevimento ai loro rappresentanti.
Molta parte di queste richieste è ormai stata acquisita e le organizzazioni che persistono a mantenere i lavoratori in condizioni di sfruttamento si collocano al di là del confine etico. Questo ci ricorda che insistere paga sempre, che lottare per le cause (che sembrano inizialmente) perse è giusto, è necessario.
Chi scrive è convinto che anche le parti finora non considerate, in particolare l’indennità per l’uso dei dati — vera miniera di ricchezza sulla quale le società costruiscono valori di capitalizzazione sempre più grandi — prima o poi verranno discusse. A prima vista, l’accordo con Just Eat non regola l’uso del ranking, forse perché disinnescato da altri punti del testo, come il limite delle quattro consegne l’ora, stabilito per ridurre i rischi per la sicurezza dei lavoratori, oppure dalla garanzia di un orario minimo di lavoro. In ogni caso, l’auspicio è che si possa arrivare se non alla estirpazione definitiva del ranking, a una sua regolazione tale per cui ne derivino solo benefici per i lavoratori (ranking inteso come una sorta di referenza da spendere nel passaggio ad altra applicazione). Allo stesso tempo non sappiamo se è stato regolato il diritto alla disconnessione, se è stato definito chiaramente l’ingresso in turno e il suo termine.
Continueremo a sostenere le ragioni della protesta dei rider cercando di apportare al dibattito ulteriori stimoli. Continueremo a sostenere anche tutti gli altri lavoratori del settore digitale, alle professioni emergenti e relegate nel limbo delle collaborazioni occasionali, con la convinzione che il diritto del lavoro debba essere esteso in qualche modo a tutte le fattispecie contrattuali.