Acqua pubblica: la smentita della volontà popolare

Nel 2011 il 95,8% degli votanti nel referendum per la gestione del servizio idrico si espresse a favore dell'acqua pubblica. Ora, un emendamento del Partito Democratico cancella proprio l'architrave della legge: che il gestore dell'acqua sia pubblico.

Nel 2011 il 95,8% degli votan­ti nel refe­ren­dum per la gestio­ne del ser­vi­zio idri­co si espres­se a favo­re del­l’ac­qua pub­bli­ca. Ora, dopo anni di man­ca­ta attua­zio­ne del­la volon­tà popo­la­re, il pro­get­to di leg­ge pre­sen­ta­to a que­sto sco­po sta per esse­re stra­vol­to dal­la discus­sio­ne par­la­men­ta­re: un emen­da­men­to del Par­ti­to Demo­cra­ti­co can­cel­la pro­prio l’ar­chi­tra­ve del­la leg­ge: che il gesto­re del­l’ac­qua sia pubblico.

Se finis­se così, si trat­te­reb­be del­l’en­ne­si­mo caso in cui il Par­la­men­to cer­ca di smen­ti­re la volon­tà popo­la­re. E que­sta vol­ta ciò avver­reb­be in rela­zio­ne a una que­stio­ne par­ti­co­lar­men­te deli­ca­ta e rispet­to alla qua­le la volon­tà popo­la­re ha sfio­ra­to l’unanimità.

Ma il legi­sla­to­re dovreb­be ricor­da­re che nel 2012 (con la sen­ten­za n. 199), la Cor­te costi­tu­zio­na­le – chia­ma­ta a giu­di­ca­re del­la legit­ti­mi­tà costi­tu­zio­na­le pro­prio di una nor­ma che smen­ti­va un altro dei refe­ren­dum del 2011 (quel­lo sui ser­vi­zi pub­bli­ci loca­li) – ha dichia­ra­to quel­la nor­ma inco­sti­tu­zio­na­le pro­prio per­ché in con­tra­sto con l’e­si­to del refe­ren­dum, affer­man­do che “la dispo­si­zio­ne impu­gna­ta vio­la, quin­di, il divie­to di ripri­sti­no del­la nor­ma­ti­va abro­ga­ta dal­la volon­tà popo­la­re desu­mi­bi­le dall’art. 75 Cost., secon­do quan­to già rico­no­sciu­to dal­la giu­ri­spru­den­za costi­tu­zio­na­le”. E ha poi ulte­rior­men­te spe­ci­fi­ca­to che “Un simi­le vin­co­lo deri­van­te dall’abrogazione refe­ren­da­ria si giu­sti­fi­ca, alla luce di una inter­pre­ta­zio­ne uni­ta­ria del­la tra­ma costi­tu­zio­na­le ed in una pro­spet­ti­va di inte­gra­zio­ne degli stru­men­ti di demo­cra­zia diret­ta nel siste­ma di demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­ti­va deli­nea­to dal det­ta­to costi­tu­zio­na­le, al solo fine di impe­di­re che l’esito del­la con­sul­ta­zio­ne popo­la­re, che costi­tui­sce eser­ci­zio di quan­to pre­vi­sto dall’art. 75 Cost., ven­ga posto nel nul­la e che ne ven­ga vani­fi­ca­to l’effetto uti­le, sen­za che si sia deter­mi­na­to, suc­ces­si­va­men­te all’abrogazione, alcun muta­men­to né del qua­dro poli­ti­co, né del­le cir­co­stan­ze di fat­to, tale da giu­sti­fi­ca­re un simi­le effetto”.

Sono paro­le chia­ris­si­me, che il Gover­no, con il suo con­sue­to disin­te­res­se per i cit­ta­di­ni (a par­ti­re dai più debo­li), sem­bra voler igno­ra­re. Come sem­pre sia­mo pron­ti ad oppor­ci con tut­ti i nostri stru­men­ti a dispo­si­zio­ne, per­ché la par­te­ci­pa­zio­ne e l’u­gua­glian­za, che la Costi­tu­zio­ne tie­ne non a caso insie­me all’art. 3, secon­do com­ma, sono tra i pun­ti fon­dan­ti del­la nostra Car­ta dei valo­ri (il Pat­to repub­bli­ca­no) e la loro valo­riz­za­zio­ne è alla base del­la nostra atti­vi­tà politica.

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