La risposta alla domanda è no, e lo deduciamo dall’ultima misura presa in materia, contenuta nel D.Lgs 185/2016, salutato dal ministro Poletti come uno strumento «per contrastare con ancora maggior forza il loro utilizzo irregolare». In primo luogo dovrebbe spiegarci quando mai il governo Renzi avrebbe contrastato l’utilizzo irregolare dei voucher, dato che è responsabilità esattamente di questo governo l’estensione illimitata e senza controllo del lavoro pagato a mezzo voucher.
Il decreto, in questo senso, non è altro che acqua fresca, limitandosi ad introdurre l’obbligo di comunicazione almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, mediante sms o posta elettronica, e a introdurre una sanzione amministrativa da 400 a 2400 euro, prevista per ciascun lavoratore per il quale non sia stata effettuata la comunicazione.
Tralasciando il fatto che non sono specificati il numero di cellulare e l’indirizzo mail ai quali inviare le comunicazioni e quindi bisognerà attendere un ulteriore decreto, la misura non è altro che un piccolo deterrente che tra l’altro complica l’utilizzo “genuino” (tra mille virgolette e sottolineato) dello strumento, rischiando di far ricadere le attività realmente occasioni nuovamente nel nero: pensiamo a quelle prestazioni rese a favore di imprenditori o professionisti in determinati periodi della settimana, del mese o dell’anno, (la signora che svolge le pulizie un giorno a settimana, o lo studente che fa il cameriere il sabato sera, o a chi presta servizio in fiere o manifestazioni varie). Siamo sicuri che una complicazione burocratica non venga aggirata in questo senso?
Ma veniamo alla questione centrale: se veramente si vuole combattere l’uso improprio dei voucher e ricondurli sui binari corretti dell’occasionalità lavorativa, bisogna intervenire sulla natura stessa dello strumento in relazione alla definizione di lavoro occasionale. Intendiamoci, non c’è bisogno di complicare le cose semplici attraverso procedure burocratiche, c’è bisogno di semplificare la normativa dicendo una cosa chiara: i voucher possono essere utilizzati solamente (solamente!) laddove il lavoro è occasionale. E il lavoro occasionale deve essere definito sulla base di settori produttivi, di categorie ben precise di lavoratori, di limiti economici e di limiti temporali. La signora che svolge le pulizie un giorno a settimana va bene. L’impresa che paga cento persone che svolgono le pulizie otto ore al giorno per tutti i giorni della settimana, no. E’ semplice. Non importa che l’impresa faccia cento comunicazioni preventive ogni giorno, importa che quello non è lavoro occasionale ma è sfruttamento del lavoro subordinato. Che poi magari le ore dichiarate sono sei, perché tanto chi vuoi che controlli le altre due ore, se magari sono in tardissima serata? E ripetiamo che l’introduzione di nuova burocrazia rischia di far ricadere la “singola signora” nel nero.
Probabilmente, la comunicazione aggiuntiva ridurrà il ricorso ai voucher, ma dobbiamo aspettare per capire se tale riduzione si tradurrà in maggiori contratti di lavoro, anche a tempo determinato o più lavoro sommerso.
Sicuramente, non è questo lo strumento per tutelare i lavoratori sfruttati a mezzo voucher. Ci aspettiamo di più, molto di più.
Stefano Catone, Daniela Minnetti