Alluvione in Sudan, la crisi climatica la pagano gli ultimi

Quella che va da Giugno a Ottobre è la stagione delle piogge per la regione del Nilo Azzurro e del Nilo. Le inondazioni sono comuni in Sudan: fenomeni simili si sono verificati nel 2007, nel 2013, nel 2018, come detto. Tuttavia, i fenomeni odierni hanno battuto i record stabiliti nel 1946 e nel 1988.

È la vol­ta del Sudan, che paga pegno al riscal­da­men­to glo­ba­le con una nuo­va deva­stan­te allu­vio­ne. Dura da un mese, ormai. Gli alla­ga­men­ti del 2018 sem­bra­no un pal­li­do ricor­do, al cospet­to di quan­to acca­du­to nell’ultimo perio­do. Le tem­pe­ste si sus­se­guo­no da ago­sto, cau­san­do deci­ne di mor­ti e miglia­ia di sen­za­tet­to.

Il Nilo Azzur­ro ha rag­giun­to un livel­lo mai toc­ca­to pri­ma, tan­to da lam­bi­re le pira­mi­di del sito archeo­lo­gi­co di al-Baj­ra­wiya, risa­len­te a 2300 anni fa. L’archeologo e antro­po­lo­go Marc Mail­lot, sen­ti­to da AFP, ha det­to che ciò non era mai acca­du­to nel­la sto­ria. Eppu­re il sito sor­ge in un’area distan­te poche cen­ti­na­ia di metri dal cor­so del fiu­me. Si sti­ma che le per­so­ne col­pi­te dall’evento sia­no 500mila, che 100mila sia­no i sen­za­tet­to solo nel­lo Sta­to di Khar­toum (fon­te BBC).

Quel­la che va da Giu­gno a Otto­bre è la sta­gio­ne del­le piog­ge per la regio­ne del Nilo Azzur­ro e del Nilo. Le inon­da­zio­ni sono comu­ni in Sudan: feno­me­ni simi­li si sono veri­fi­ca­ti nel 2007, nel 2013, nel 2018, come det­to. Tut­ta­via, i feno­me­ni odier­ni han­no bat­tu­to i record sta­bi­li­ti nel 1946 e nel 1988.

Il pae­se sof­fre di caren­za infra­strut­tu­ra­le e i siste­mi fogna­ri e cana­li di sco­lo sono del tut­to assen­ti. Ma il riscal­da­men­to glo­ba­le ha gene­ra­to un aumen­to del­la fre­quen­za e dell’intensità del­le clas­si­che piog­ge allu­vio­na­li. Il cli­ma del pae­se è cam­bia­to, la tem­pe­ra­tu­ra è aumen­ta­ta di 1–1,5° C dal 1970 e la sta­gio­ne del­le piog­ge fa risul­ta­re ogni vol­ta anti­ci­pa­zio­ni e ritar­di che ren­do­no dif­fi­ci­li le pre­vi­sio­ni sul­la sua dura­ta e sul­le sue con­se­guen­ze. I model­li cli­ma­ti­ci descri­vo­no una ten­den­za a una pre­va­len­za dei perio­di sic­ci­to­si, tut­ta­via la vio­len­za del­le pre­ci­pi­ta­zio­ni sem­bra desti­na­ta ad aumen­ta­re.

In que­sto con­te­sto, la cri­si cli­ma­ti­ca non farà altro che esa­cer­ba­re le migra­zio­ni. Per­so­ne che ave­va­no poco pri­ma, han­no per­so tut­to da un secon­do all’altro. E alla dispe­ra­zio­ne e alla mor­te si può scam­pa­re solo andan­do­se­ne altrove.

Alla distru­zio­ne si sovrap­po­ne il rischio di epi­de­mie e l’attuale rischio pan­de­mi­co cor­re­la­to al COVID-19. Lo Sta­to non ha abba­stan­za risor­se per rispon­de­re pron­ta­men­te a tali even­ti. Alme­no i due ter­zi del­la super­fi­cie del pae­se è a rischio allu­vio­na­le e le azio­ni da con­dur­re devo­no esse­re vol­te a miglio­ra­re la resi­sten­za di abi­ta­zio­ni e infra­strut­tu­re. Ma ser­vo­no risor­se e com­pe­ten­ze che dif­fi­cil­men­te pos­so­no esse­re agi­te sen­za l’aiuto inter­na­zio­na­le.

È l’altra fac­cia del cam­bia­men­to cli­ma­ti­co, che ha a che fare con la giu­sti­zia e con la respon­sa­bi­li­tà. Respon­sa­bi­li­tà che rica­do­no in capo ai pae­si del Pri­mo Mon­do, men­tre i costi del­la cri­si — ambien­ta­li, uma­ni, socia­li — li paghe­ran­no tut­ti. Ma se i pae­si del Pri­mo Mon­do pos­so­no sal­var­si, essen­do dota­ti in modo sovrab­bon­dan­te di risor­se, il Ter­zo Mon­do rischia di sog­gia­ce­re sot­to il peso di un maci­gno di cui non ha alcu­na colpa.

La Giu­sti­zia è quin­di ben più del­la puni­zio­ne e del­l’e­spia­zio­ne. Par­lia­mo di giu­sti­zia e inten­dia­mo una ripa­ra­zio­ne, una via per sol­le­va­re gli incol­pe­vo­li da quel maci­gno. Occor­re ridi­stri­bui­re il livel­lo di rischio, pri­ma del col­las­so com­ple­to di inte­re aree dell’Africa.

Si trat­ta di sta­bi­li­re nell’arco del­le isti­tu­zio­ni inter­na­zio­na­li un nuo­vo orga­ni­smo basa­to sui dirit­ti uma­ni e sul­la buo­na gover­nan­ce, che ope­ri non solo in sen­so soli­da­ri­sti­co al veri­fi­car­si del­la cala­mi­tà, ma anche nel sen­so del­la pre­ven­zio­ne per tra­sfe­ri­re — ove ser­vo­no — le risor­se e le com­pe­ten­ze per l’adattamento alla tran­si­zio­ne. Solo in que­sto modo riu­sci­re­mo a sud­di­vi­de­re i costi del­la tran­si­zio­ne in base alla respon­sa­bi­li­tà di cia­scun pae­se nel cam­bia­men­to cli­ma­ti­co. Altri­men­ti la cri­si ci travolgerà.

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.