La sentenza odierna di assoluzione nei confronti di Felix Croft, il cittadino francese per il quale la Procura di Imperia aveva chiesto un’incredibile, abnorme, vergognosa condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione e una multa di 50 mila euro per avere tentato di trasportare oltre il confine di Ventimiglia una famiglia di richiedenti asilo, pone interrogativi e suscita riflessioni più generali sul tema della solidarietà.
La criminalizzazione di un atto gratuito con finalità di assistenza umanitaria costituisce un precedente gravissimo, che finisce per accreditare da un punto di vista giuridico le posizioni politiche più pericolose: quelle di chi fa campagna elettorale sulla pelle dei più deboli istigando alla divisione, alla segregazione, alla discriminazione.
La norma vigente del Testo Unico sull’Immigrazione purtroppo non è chiarissima nell’escludere alla radice la rilevanza penale di fatti come quello imputato a Croft o a chi porta da mangiare o da vestirsi a profughi e senza tetto.
Infatti, l’Articolo 12 (Disposizioni contro le immigrazioni clandestine) stabilisce che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona.” E aggiunge che “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.” La scriminante prevista dal secondo comma, nell’introdurre i concetti di “soccorso”, “assistenza umanitaria” e “condizioni di bisogno” può purtroppo prestarsi ad un’interpretazione restrittiva, quasi ad escludere la rilevanza penale dei soli atti posti in essere in condizioni di emergenza, per salvare una vita umana dalla morte o da danni gravi a salute, integrità fisica ecc. Non è automatico ricomprendere nella scriminante anche comportamenti attivi ‑come quelli posti in essere da Croft- tesi alla tutela di altri diritti fondamentali della persona (quale il diritto di asilo sancito dall’art. 10 comma 3 della Costituzione) che non siano la vita (e quindi la sopravvivenza) o la salute del migrante.
La sentenza di assoluzione costituisce dunque un concreto e significativo tassello a favore di una interpretazione ampia della norma che escluda tutti i cd. reati di solidarietà.
Certo, che una Procura della Repubblica applichi ad un attivista per i diritti umani la norma incriminatrice scritta per contrastare e punire i trafficanti di esseri umani è sconcertante.
Per stare all’attualità, è come se si pretendesse di punire — al posto di trafficanti e scafisti- le ONG che con le loro navi traggono in salvo migranti in mare, ponendo in essere un atto che peraltro il diritto del mare prevede come obbligatorio.
E poi capita invece che un’altra Procura della Repubblica non ritenga reato esaltare il comportamento di chi ha privato della libertà personale e dileggiato due donne rom, ponendo in essere condotte obiettivamente istigatrici e discriminatorie.
Il riferimento è al nostro esposto contro Salvini (cui sono seguite minacce e offese irripetibili al sottoscritto sul web da parte della sempre più nutrita ‑e non perseguita- teppaglia razzista, xenofoba e persino neofascista), rispetto al quale la Procura di Ravenna non ha ritenuto di esercitare l’azione penale.
Registriamo con profonda preoccupazione e garbata ma ferma contrarietà questa piega pericolosa: da una parte la criminalizzazione di chi compie atti di solidarietà e dall’altra l’esenzione penale di gravi fatti discriminatori, discorsi dell’odio, ricorso sempre più diffuso a contenuti e stilemi neofascisti.
Possibile non abbassa la guardia e sta valutando la possibilità di un ricorso alla Corte di Strasburgo per violazione dell’art. 13 della CEDU.