Il passaggio a Milano dei lavori preparatori alla Cop 26 è stato dipinto dagli interlocutori istituzionali come un grande successo.
Da più parti invece si sono levate voci completamente diverse che hanno descritto questo lavoro di preparazione come una via di mezzo tra una passerella elettorale e l’ennesimo incontro dove le decisioni vengono rinviate a data da destinarsi… tanti impegni ma sempre e solo sulla carta.
Il “bla bla bla” utilizzato da Greta Thunberg nel suo primo intervento durante i lavori del Youth4Climate ben rappresenta il tempo sprecato e che si continua a sprecare, appunto, per parlare, parlare, parlare. Prima cercando di spiegare l’origine antropica della causa dei cambiamenti climatici a chi nega questa evidenza scientifica e poi cercando di dare azione alle parole in maniera coerente!
Tra l’altro vale la pena ricordare che non possiamo permetterci il lusso di una discussione infinita.
Perché nel frattempo la lunga lista degli eventi e delle catastrofi ambientali, causati dai cambiamenti climatici si aggiorna a ritmi assolutamente frenetici e registra una violenza sempre maggiore.
L’aspetto fondamentale, la parola chiave in preparazione alla cop26 è “vincolanti”. Se le decisioni che emergeranno a Glasgow non saranno vincolanti per gli Stati avremo perso ulteriore tempo.
Non dobbiamo commettere l’errore già commesso molte volte in passato, quando in occasioni delle precedenti Cop gli impegni che gli stati prendevano non erano vincolanti, rendendo di fatto inutile qualsiasi tentativo di abbassamento delle emissioni di gas climalteranti.
Però a Milano è successo anche qualcosa di diverso.
I 400 ragazzi che hanno partecipato ai lavori del Youth4Climate hanno organizzato eventi, seminari, hanno discusso, si sono confrontati, si sono ascoltati e non hanno voluto rinunciare a essere propositivi, a differenza di quello che sostiene il sempre più inadeguato ministro Cingolani.
Il rischio che la loro presenza fosse solo un contorno necessario, così come la consapevolezza della vaghezza di questi incontri, non ha assolutamente scalfito i giovani che sono intervenuti con autorevolezza e grinta per ribadire quanto la “climate justice” non sia prioritaria come dovrebbe nelle agende politiche.
E lo hanno fatto anche con una grande manifestazione per le vie di Milano che ha visto la partecipazione di oltre 50.000 persone. Ragazze e ragazzi di ogni età e appartenenti a scuole di ogni ordine e grado hanno sfilato, colorati e chiassosi come non mai.
Ad aprire il corteo, Greta, Vanessa, Martina e tutte le altre e gli altri rappresentanti e delegati internazionali dei FFF giunti a Milano per l’occasione.
Io sono sceso in piazza con loro, ed è stato bello vedere tantissima partecipazione, comprese anche intere scolaresche della scuola primaria accompagnate dalle loro maestre e dai genitori. Sono scesi in piazza per rivendicare un futuro migliore per chiedere di interrompere il blablabla della politica che continua a parlare e a non decidere.
È stato emozionante essere in piazza, camminare, gridare, cantare, saltare con loro… ma soprattutto prendersi lo spazio per ascoltare.
Non ascoltiamo mai i giovani, mentre sulle cose che riguardano direttamente il loro futuro, dovremmo fermarci ad ascoltarli…e poi agire di conseguenza e in coerenza insieme a loro.
Un cartello recitava: “abbiamo balzato la lezione per darne una a voi”. E in effetti è così: i giovani ci stanno dando una lezione, ci stanno dimostrando che il nostro tempo sta passando e che il loro futuro lo vogliono decidere loro e soprattutto chiedono a noi di non tergiversare.
A tal proposito mi viene in mente Felix Finkbeiner, un altro bambino che nel 2007 all’età di 9 anni aveva discusso con i suoi compagni di classe di cambiamenti climatici e di giustizia climatica. Avevano deciso che la soluzione per contrastare i cambiamenti climatici era piantare tantissime piante. Oggi la fondazione che porta il suo nome sta piantando milioni di piante in tutto il mondo, favorendo la crescita di posti di lavoro in collaborazione con ong e altre associazioni che si occupano di sviluppo sociale e lotta alla povertà.
Il suo slogan di allora ben si presta a questi giorni “stop talking start planting”.
Il tempo del bla bla bla è finito e bisogna agire: non c’è più tempo.
Infine c’è da cambiare un paradigma e da riscrivere una storia: sembra che le decisioni sul clima le prendano in pochi e in tavoli decisamente ristretti con la presenza delle lobby del carbone. Va completamente ribaltato il tavolo, dando voce e ruolo a chi oggi subisce le conseguenze maggiori di questa crisi socio climatica e ambientale; prendetevi il tempo di rivedere l’intervento di Vanessa Nakate circa la situazione del continente africano.
Parallelamente va allargata la partecipazione nei percorsi decisionali ai movimenti e alle nuove generazioni: a livello locale, nei comuni e nelle nostre realtà associative, così come nei livelli più grandi, va ampliata la partecipazione dei cittadini e soprattutto va aumentata la trasparenza.
La partecipazione seria e attiva deve diventare un punto qualificante della rivoluzione mite che dobbiamo fare oggi per organizzare e costruire un futuro migliore.