Autonomia differenziata: no alla “secessione dei ricchi”

Durante il Consiglio dei Ministri dello scorso 21 dicembre, senza che fosse mai stato aperto il  necessario dibattito né col mondo della scuola né con l’opinione pubblica, si è deciso di proseguire il percorso verso l’autonomia differenziata iniziato un anno fa sotto il governo Gentiloni: entro il 15 febbraio il governo chiuderà le intese con il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna, che si stanno svolgendo nel più assoluto riserbo.

Duran­te il Con­si­glio dei Mini­stri del­lo scor­so 21 dicem­bre, sen­za che fos­se mai sta­to aper­to il  neces­sa­rio dibat­ti­to né col mon­do del­la scuo­la né con l’opinione pub­bli­ca, si è deci­so di pro­se­gui­re il per­cor­so ver­so l’autonomia dif­fe­ren­zia­ta ini­zia­to un anno fa sot­to il gover­no Gen­ti­lo­ni: entro il 15 feb­bra­io il gover­no chiu­de­rà le inte­se con il Vene­to, la Lom­bar­dia e l’Emilia Roma­gna, che si stan­no svol­gen­do nel più asso­lu­to riserbo.

Subi­to dopo sarà la vol­ta del voto in Aula, dove i par­la­men­ta­ri non potran­no discu­te­re i testi, ma solo accet­tar­li o rifiutarli.

L’autonomia dif­fe­ren­zia­ta non è però un un fat­to pri­va­to del­le regio­ni che la richie­do­no, ma un fat­to nazio­na­le, che pro­dur­rà un enor­me cam­bia­men­to per l’equilibrio di tut­to il Paese. 

Per que­sto la discus­sio­ne deve neces­sa­ria­men­te riguar­da­re tut­ta la cit­ta­di­nan­za e il Par­la­men­to: occor­re poter visio­na­re gli accor­di con le Regio­ni con con­gruo anti­ci­po e apri­re un dibat­ti­to serio e arti­co­la­to con tut­te le par­ti in causa.

Sia­mo così sicu­ri che sia­no i cit­ta­di­ni e non i poli­ti­ci, per altri inte­res­si, a vole­re que­sto cam­bia­men­to e che esso gio­ve­reb­be alla Scuola?

 

Il mon­do del­la scuo­la non vuo­le l’autonomia differenziata

Per poter valu­ta­re gli effet­ti che l’autonomia dif­fe­ren­zia­ta por­te­reb­be alla Scuo­la ita­lia­na, è neces­sa­rio par­ti­re dal­la con­si­de­ra­zio­ne che lo sta­to di salu­te del­la nostra Scuo­la è già oggi mol­to com­pro­mes­so, gra­zie a vent’anni di rifor­me sba­glia­te, il cui comu­ne deno­mi­na­to­re è sta­to rispar­mia­re, taglia­re i fon­di.

Anche que­sta leg­ge di bilan­cio ha inve­sti­to bri­cio­le e tol­to 4 miliar­di, a dimo­stra­zio­ne che l’istruzione non è tra le prio­ri­tà nem­me­no di que­sto governo.

Per con­ti­nua­re a pro­por­re un’offerta for­ma­ti­va di qua­li­tà, le scuo­le in que­sti anni han­no con­tra­sta­to i tagli di risor­se essen­zial­men­te in due modi: chie­den­do un con­tri­bu­to volon­ta­rio alle fami­glie per finan­zia­re pro­get­ti, cor­si di alfa­be­tiz­za­zio­ne e di recu­pe­ro, cor­si di secon­da lin­gua stra­nie­ra, labo­ra­to­ri negli isti­tu­ti tec­ni­ci, pre­pa­ra­zio­ne per l’accesso ai cor­si uni­ver­si­ta­ri e facen­do affi­da­men­to sul­le spon­so­riz­za­zio­ni di azien­de ed enti che, in cam­bio, si sono sen­ti­ti auto­riz­za­ti ad inter­fe­ri­re nell’offerta for­ma­ti­va e nel­le pro­gram­ma­zio­ni disciplinari.

Già ades­so, quin­di, le scuo­le del­le regio­ni più ric­che offro­no agli stu­den­ti mag­gio­ri pos­si­bi­li­tà rispet­to a quel­le più pove­re e le dise­gua­glian­ze tra scuo­le di cit­tà e peri­fe­ria o tra quel­le del Nord- dove ci sono impre­se che inten­do­no inve­sti­re sul­la scuo­la- e quel­le del Sud, sono già pre­sen­ti e non potreb­be­ro che ampliar­si a dismi­su­ra con l’autonomia differenziata.

Il mon­do del­la Scuo­la, che in gran par­te ha vota­to il M5s come rispo­sta alla “Buo­na Scuo­la” del gover­no Ren­zi, non ha cer­to vota­to l’autonomia dif­fe­ren­zia­ta, ma un pro­gram­ma a trat­ti con­di­vi­si­bi­le, che pro­met­te­va di inve­sti­re ingen­ti risor­se per l’abbattimento del­le dise­gua­glian­ze, a comin­cia­re dal­la disper­sio­ne scolastica.

Come pren­de­rà il pro­get­to di regio­na­li­smo dif­fe­ren­zia­to che le accen­tue­rà a dismi­su­ra, a disca­pi­to dell’unità nazio­na­le di cui la Scuo­la è sta­to il col­lan­te e lo stru­men­to più impor­tan­te per la costru­zio­ne di cit­ta­di­nan­za e di uni­tà nazionale?

Regio­na­liz­za­re l’istruzione, in un mon­do in cui le sfi­de del­la cono­scen­za sono sem­pre più inter­na­zio­na­li è pura fol­lia e in net­to con­tra­sto con l’esigenza oppo­sta: allar­ga­re i con­fi­ni, armo­niz­za­re tra­di­zio­ni e valori.

Il siste­ma di istru­zio­ne ita­lia­no deve resta­re nazio­na­le e non è pen­sa­bi­le che pos­sa entra­re in logi­che tese a fram­men­tar­ne il prin­ci­pio car­di­ne: il dirit­to allo stu­dio per tut­te e per tut­ti, con le stes­se oppor­tu­ni­tà, come garan­ti­to dal­la Car­ta costituzionale.

 

Qua­li saran­no le con­se­guen­ze del­la regio­na­liz­za­zio­ne del­la scuola?

Gli effet­ti saran­no cata­stro­fi­ci: le regio­ni più ric­che potran­no trat­te­ne­re sui ter­ri­to­ri mag­gio­ri risor­se e inve­stir­le per ave­re edi­fi­ci sco­la­sti­ci più sicu­ri, atti­re­ran­no i miglio­ri docen­ti con uno sti­pen­dio più ele­va­to, potran­no dif­fon­de­re capil­lar­men­te il tem­po pie­no e garan­ti­re clas­si meno affol­la­te, un’offerta for­ma­ti­va più ric­ca e qua­li­fi­ca­ta; nes­su­no dice, però, che dovran­no rinun­cia­re all’autonomia sco­la­sti­ca e alla liber­tà di inse­gna­men­to che ver­ran­no sacri­fi­ca­te in cam­bio di mag­gio­ri risor­se.

Come già acca­de per l’Università, gli stu­den­ti migre­ran­no al Nord in cer­ca di una Scuo­la più qua­li­fi­ca­ta e svuo­te­ran­no le scuo­le del Sud, che saran­no sem­pre meno e quin­di sem­pre più povere.

I con­cor­si potreb­be­ro esse­re ban­di­ti solo sui posti dispo­ni­bi­li a livel­lo regio­na­le limi­tan­do la mobi­li­tà degli inse­gnan­ti entro i con­fi­ni del­la regio­ne in cui si è assunti.

In que­sto modo, quel­li assun­ti al Nord- che, come è noto, pro­ven­go­no in gran par­te dal Sud-  non avran­no pro­spet­ti­ve di rien­tro, come e peg­gio di quan­to acca­du­to con l’algoritmo del­la “Buo­na­Scuo­la”.

Nel­la pro­spet­ti­va di una scuo­la fat­ta a bran­del­li, le pro­ve Inval­si fini­ran­no per diven­ta­re l’unico lega­me nazio­na­le tra le com­pe­ten­ze acqui­si­te men­tre tut­to il resto, la for­ma­zio­ne del cit­ta­di­no, avrà decli­na­zio­ni regio­na­li: for­me­re­mo quin­di in un modo i cit­ta­di­ni vene­ti e in un altro quel­li calabresi.

 

Ma di cosa ha biso­gno il nostro siste­ma di istru­zio­ne? Il regio­na­li­smo dif­fe­ren­zia­to rispon­de a que­ste necessità?

La Scuo­la ita­lia­na ha biso­gno del per­cor­so inver­so rispet­to a quel­lo pro­spet­ta­to dall’Autonomia Dif­fe­ren­zia­ta, quel­lo che con Pos­si­bi­le pro­po­nia­mo da sem­pre e che con­ti­nuia­mo a por­ta­re avan­ti con la cam­pa­gna Alla Base La Scuo­la: più risor­se lad­do­ve ci sono mag­gio­ri dif­fi­col­tà, in con­te­sti eco­no­mi­ci e socia­li disa­gia­ti, nel­le peri­fe­rie; ha biso­gno di esten­de­re — non cer­to di ridur­re —  il dirit­to all’istruzione, che è un dirit­to di cit­ta­di­nan­za e in quan­to tale non è nego­zia­bi­le, non si può eser­ci­ta­re in modo diver­so a secon­da di dove si vive.

Occor­re col­ma­re il diva­rio del­le dise­gua­glian­ze, che sta cre­scen­do: abbia­mo una dimi­nu­zio­ne pre­oc­cu­pan­te del nume­ro di iscrit­ti all’università, così come pre­oc­cu­pan­ti sono i dati Istat sul tas­so di abban­do­no sco­la­sti­co nel 2017: su una media nazio­na­le del 14 %, nel­le iso­le mag­gio­ri e al sud supe­ra il 20% ed è pro­prio su que­ste Regio­ni che lo Sta­to dovreb­be inve­sti­re a lun­go ter­mi­ne per non disper­de­re i ragaz­zi e que­sto si può fare idean­do e coor­di­nan­do gli inter­ven­ti a livel­lo centrale.

Se ci fos­se l’esigenza di dif­fe­ren­zia­re i model­li orga­niz­za­ti­vi, baste­reb­be che lo Sta­to attuas­se del­le poli­ti­che nazio­na­li per aiu­ta­re le regio­ni in dif­fi­col­tà: non è neces­sa­rio sco­mo­da­re l’articolo 116 com­ma c del­la Costi­tu­zio­ne, quel­lo sull’autonomia dif­fe­ren­zia­ta, uno stru­men­to for­te che ci spa­ven­ta mol­to in mano a un gover­no sen­za un’idea di futuro.

In que­sto Pae­se è sal­ta­to l’equilibrio tra valo­ri e inte­res­si: l’unico biso­gno a cui rispon­de il pro­get­to di regio­na­liz­za­zio­ne pare quel­lo del con­sen­so poli­ti­co del­la Lega, la “seces­sio­ne dei ric­chi”, come l’ha effi­ca­ce­men­te deno­mi­na­ta il Prof. Gian­fran­co Vie­sti dell’Università di Bari, che con la sua peti­zio­ne ha rac­col­to, ad oggi, 18.000 firme.

La scuo­la deve usci­re da una logi­ca di mer­ca­to e rima­ne­re una fun­zio­ne sta­ta­le che garan­ti­sca i dirit­ti fon­da­men­ta­li dei cit­ta­di­ni. Il mer­ca­to esclu­de il più debo­le, la scuo­la fa esat­ta­men­te il con­tra­rio, inclu­de il più debo­le e gli dà le stes­se opportunità.

Il rischio che si inne­schi un peri­co­lo­so mec­ca­ni­smo di com­pe­ti­zio­ne tra Regio­ni è alto.

Per que­sto occor­re inter­ve­ni­re con urgen­za per apri­re un dibat­ti­to che coin­vol­ga tut­ta la comu­ni­tà edu­can­te: stu­den­ti, docen­ti, fami­glie e le par­ti socia­li, per­ché sen­za una Scuo­la che uni­sce, con obiet­ti­vi di cit­ta­di­nan­za con­di­vi­si, il Pae­se è desti­na­to ad una rapi­da disgre­ga­zio­ne dal­la qua­le sarà dif­fi­ci­le tor­na­re indietro.

Clic­ca qui per fir­ma­re la peti­zio­ne: No alla seces­sio­ne dei ricchi

Eula­lia Grillo

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