In un torrido pomeriggio di agosto, nell’ultima provincia dell’impero renziano, capitano ancora certi fatti che non si crederebbero reali se non fossero documentati dalla stampa locale. Eh sì, la verde Irpinia, terra di ingegni altissimi e di talenti, generosa ci offre ancora l’occasione di stupirci. Nel suo viaggio elettorale in questa provincia, De Sanctis avrà certamente colto quello che oggi si mostra nella sua evidenza e che a me ancora sfugge (devo rileggerlo, uno di questi giorni, ed imparare a cogliere i rimandi che si nascondono tra le righe!). La rappresentanza politica non è solo la connessione sentimentale con il popolo, l’autonomia nello svolgimento del mandato, la libertà di scegliere votando per ciò che è giusto per i più e non per ciò che si deve per i pochi, il rispetto del patto con l’elettorato… Tutto questo deve essere un concetto superato, se, per l’appunto, mi imbatto in questo curioso episodio.
Pochi giorni fa un copioso gruppo tra consiglieri comunali in carica ed ex Pd di Avellino ha deciso di scrivere una lettera, anzi no, due lettere a Matteo Renzi. Tredici consiglieri della maggioranza Pd che sostiene un Sindaco Pd chiedono l’intervento risolutore del premiersegretario che da quel di Rio de Janeiro, turbato per la grana avellinese, sarà di certo rientrato al Nazareno in tutta fretta.
Le due lettere descrivono i tre anni di disastri dell’Amministrazione comunale da loro stessi sostenuta nei tre anni di disastri. Per carità, non fate il mio stesso errore, però! I consiglieri comunali del Pd considerano l’istituto della sfiducia roba da dinosauri della politica. Certo, ci sarebbe la bocciatura del bilancio di previsione, sì, proprio di quel documento programmatico con cui si finanziano le politiche comunali. E però anche lo scioglimento per bocciatura del bilancio è una pratica da parrucconi, va rottamata, e voi che siete topi da biblioteca non potete saperlo: il bilancio non si legge più! Casomai si twitta l’ultima frase della relazione e via col cambiamento.
E le dimissioni della maggioranza dei consiglieri? Non funziona così, guardate. Non si può chiedere a chi è stato eletto con uno sforzo notevole in una durissima campagna elettorale, con più di 600 candidati, di andare a dimettersi dal notaio senza che il rassicurante paracadute dei vertici del Pd carezzi per bene l’ansia da rielezione magari cittadine, magari romane!
E quindi cosa accade? Che il Consiglio comunale di Avellino diventa l’allegra dependance del Nazareno. Se l’esperienza amministrativa continuerà o meno mica lo si deciderà in aula, dove ciascun consigliere risponde alla città e a chi lo ha eletto, lo si deciderà al civico 16 di via Sant’Andrea delle Fratte. Perché lì vive una strana onnivora creatura dentro cui ogni cosa nasce, cresce e si consuma, senza relazione con i cittadini. Non ci resta che piangere verrebbe da dire, anche per citare e parafrasare quella mitica sequenza della lettera di Troisi e Benigni al “santissimo Savonarola”:
Le due letterine inviate a Roma hanno ora una luce del tutto nuova:
Avellino, estate duemilasedici quasi duemiladiciassette
Santissimo Renzi, quanto ci piaci, scusa le volgarità eventuali. C’è che siccome siamo tutti del Pd e siamo tutti preoccupati per i disastri del Sindaco di Avellino, pure lui del Pd, ma che a noi non ci piace proprio, potresti intervenire Tu per sciogliere il Consiglio comunale?
Perché a noi non ci piace di sfiduciare il Sindaco con una mozione, non ci piace di dimetterci e non ci piace nemmeno di bocciare il bilancio! Anzi, noi non ci siamo proprio andati in aula per bocciarlo per quest’ e quello. E che è, diamoci una calmata, (eh). Oh! Ma qua pare che ogni cosa uno non si può muovere che quest’ e quello e pure pe’ te, che hai il referendum a ottobre. Oh!
Ti salutiamo con la nostra faccia sotto ai piedi e puoi muoverti quanto ti pare e piace e noi zitti sotto. I tuoi consiglieri di prima.
Nadia Arace
Consigliere comunale Possibile Avellino