Sono 12.056 i casi confermati e 553 le morti registrate in Brasile, al 6 aprile. Numeri che probabilmente sono molto più bassi di quelli reali, in un paese di dimensioni continentali, con favelas enormemente popolate e dove tantissime persone non hanno accesso nemmeno al sistema igienico sanitario o alla salute pubblica.
Come se non bastassero le sfide generate da un nuovo virus sconosciuto, il Brasile attraversa anche una grave crisi politica, con il Presidente Jair Bolsonaro che, per salvare interessi economici, difende l’adozione dell’isolamento verticale (limitato cioè agli anziani e alle persone con patologie pregresse) mentre il Ministro della Salute, Luiz Henrique Mandetta, responsabilmente, segue l’orientamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e vuole trasferire sempre più risorse economiche al SUS, sistema di sanità pubblica.
Nei discorsi alla nazione sul Coronavirus, Bolsonaro ha un atteggiamento altalenante, alternando discorsi radicali e moderati. La maggior parte delle volte si scaglia contro l’isolamento e diffonde fake news, dicendo che l’OMS approva le sue posizioni, poi si scusa, dicendo che non aveva controllato bene le linee guida.
La settimana scorsa, per la prima volta, Bolsonaro ha criticato apertamente il Ministro della Salute, così come le politiche di contenimento di disseminazione del virus adottate dai Governatori di diversi stati brasiliani.
Ieri i principali giornali brasiliani hanno comunicato la decisione del Presidente di licenziare Mandetta. Dopo ore di riunione, dopo la reazione negativa di diversi settori della società e l’intervento del Presidente del Senato e del Supremo Tribunale Federale, il Ministro della Salute ha annunciato che per ora rimarrà alla guida del ministero ma non sa fino a quando, per le difficoltà di manovra che trova nello scenario político attuale.
Ad aggiungere caos a caos, il Senatore Eduardo Bolsonaro, figlio del Presidente, ha provocato una crisi diplomatica tra il Brasile e la Cina, il più grande partner commerciale del Paese, accusando il governo cinese di aver contribuito a diffondere la pandemia di COVID-19. Dopo le proteste dell’Ambasciatore e del Console della Cina in Brasile, il Presidente della Camera dei Deputati Rodrigo Maia ha dovuto chiedere pubblicamente scusa a nome suo e di tutti i deputati per le parole offensive del figlio di Bolsonaro.
Di fronte a questo scenario disastroso, Jair Bolsonaro ha perso l’appoggio di grande parte del popolo brasiliano, che protesta tramite i rumorosi “panelaços”, percuotendo le pentole alle finestre, della Camera dei Deputati, dei Governatori di tanti stati e addirittura della destra che l’aveva sostenuto. Con lui rimangono solo i fedelissimi del cosiddetto “gruppo ideologico”, che però comprende la maggioranza dei ministri: quello dell’Educazione, che sostiene la riapertura delle scuole, quelli dell’Ambiente, del Turismo, delle Relazioni Estere.
Anche il Vice-Presidente del Brasile, il Generale Hamilton Mourão, visibilmente insoddisfatto, ha espresso opinioni contrarie a quelle del Presidente, mentre il militare Braga Netto, Ministro della Difesa Civile, sta acquisendo forti poteri decisionali.
In questa situazione di isolamento politico, Bolsonaro nei fatti non governa più. Il Parlamento brasiliano, insieme al Ministro della Salute, affronta la crisi del coronavirus e approva le misure più importanti per controllare la situazione. La Giustizia Brasiliana respinge i decreti del Presidente e addirittura Twitter, Instagram e Facebook cancellano i suoi post quando rappresentano un rischio per la salute pubblica.
Non si può dire che ci sia stato un colpo di stato in Brasile. Ma si può senza dubbio affermare che, nella surreale situazione attuale, i Brasiliani si fidano più del Ministro della Salute che di Bolsonaro mentre il Presidente continua a causare tantissimi danni al proprio governo e al popolo.